Molti conosceranno sicuramente la storia del professore che, dopo essere entrato in classe, chiede ai suoi alunni di indovinare il peso del bicchiere d’acqua che regge fra le mani. Dopo svariati tentativi e qualche opposizione alla richiesta, il professore risponde: “Il peso assoluto del bicchiere d’acqua è del tutto irrilevante… Ciò che conta davvero è per quanto tempo lo tenete sollevato! Sollevatelo per un minuto, e non avrete problemi! Sollevatelo per un’ora, e il braccio vi farà male. Sollevatelo per un’intera giornata e il braccio vi si paralizzerà! In nessun caso, il peso del bicchiere è cambiato! Eppure, più il tempo passa, più il bicchiere vi sembrerà pesante. Ecco, le preoccupazioni sono come questo bicchiere d’acqua: piccole o grandi che siano, ciò che conta è il tempo che dedichiamo loro. Se ad esse dedichiamo il tempo minimo indispensabile, la nostra mente non ne risentirà. Se, invece, ci pensiamo più volte durante la giornata, la nostra mente comincerà ad essere stanca e inquieta. Se, infine, pensiamo continuamente alle nostre preoccupazioni, la nostra mente si paralizzerà”.
Con questa bellissima metafora si fa riferimento ad azioni come rimuginare, concentrarsi cioè sempre sugli stessi pensieri negativi riproponendoli alla propria attenzione costantemente (Beck & Clark, 2010), pensieri a cui generalmente non c’è soluzione o almeno non nell’immediato con conseguente aumento dei livelli d’ansia e ricerca di costante attenzione per essere rassicurati(Borkovec, 1994). Il professore suggerisce saggiamente di mettere giù il bicchiere d’acqua, cioè a deconcentrarsi dai cattivi pensieri. Ciò che conta davvero, infatti, non è il numero di eventi che possono condizionare le nostre scelte, ma il modo in cui le leggiamo e le interpretiamo: non è il contenuto di ciò che pensiamo che ci affligge ma la quantità di tempo che vi dedichiamo. Con questo non si intende suggerire un atteggiamento superficiale e negazionista, bensì incoraggiare una maggiore presenza a sé, nel tempo presente. Paura ed ansia sono reazioni fisiologiche a situazioni che potrebbero nuocerci ed alle quali dovrebbe conseguire una risposta immediata e risolutiva. Questo vuol dire che non devono occupare troppo e troppo spesso spazio nei nostri pensieri, riversandosi negativamente sul nostro benessere psicofisiologico. Per non lasciarsi sopraffare occorre imparare a conferire a ciascuna vicenda la necessaria attenzione, anche se quella stessa esperienza si è rivelata in passato fallimentare o ci ha lasciato l’amaro in bocca. Non ce la faccio è la frase che tipicamente ci ripetiamo in queste situazioni. Porci in una condizione di fallimento non fa altro che indurci ad assumere un atteggiamento fallimentare, è un cane che si morde la coda o la famosa profezia che si auto avvera. Se decidiamo che una cosa andrà male, possiamo star certi che ci sarà una grande probabilità che ciò accada. Viceversa, se ci poniamo in un atteggiamento positivo e di fiducia nei confronti della vita, le percentuali si capovolgono.
“Non posso impedire agli uccelli (dei cattivi pensieri) di volare sul mio capo, posso impedire che ci facciano il nido” M. Lutero
Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa ad approccio umanistico e bioenergetico
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Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043