Psico News. “La verità mi fa male”, diceva una canzone, ma serve!

Dinnanzi ad un evento doloroso che colpisce una famiglia con bambini piccoli, uno dei dilemmi che può assalire i genitori è se è giusto o meno parlarne ai bambini. Nascondere dolorose verità ai piccoli è certamente dettato da un bisogno di risparmiare loro sofferenza, poiché lì percepiamo più fragili e dunque meno capaci di reggere il colpo. Qualche volta invece, tacere è dettato dalla convinzione che il bambino sia troppo piccolo per capire e che si potrà affrontare il discorso quando sarà più grande. Armati delle migliori intenzioni, si rischia di non avere però l’effetto voluto, esponendo il bambino ad un’atmosfera negativa rispetto alla quale proverà egli stesso a trovare le motivazioni. Spieghiamoci meglio: per quanto a parole possiamo evitare di riferire delle cose, il nostro corpo, il tono della nostra voce, il nostro sguardo, comunicano delle cose. I bambini sono molto sensibili alla comunicazione non verbale e rischiano di recepire tutti questi segnali, in assenza però  di una spiegazione che, per quanto dolorosa, darebbe almeno un senso a ciò che sta accadendo intorno a loro. L’ambiguità, difficile da tollerare, può spingere il bambino alla ricerca di motivazioni che molto spesso sono autoriferite, comportando così un’ attribuzione a sé di  colpa per la sofferenza delle persone che lo circondano. Un altro messaggio erroneo che rischia di insinuarsi è quello per cui le emozioni “negative” come la rabbia e la tristezza vanno nascoste, non possono essere espresse, con tutte le conseguenze che ciò ha rispetto allo sviluppo emotivo della persona. Eventi critici come separazioni, malattie, lutti, possono invece, se adeguatamente gestiti sul piano della comunicazione, diventare una notevole opportunità educativa per trasmettere al bambino un importante insegnamento di vita: il dolore può colpirci ma possiamo esprimerlo e cercare dentro di noi le risorse per affrontarlo. Certamente si deve essere pronti in prima persona a poterne parlare, così come è importante farlo con un linguaggio adatto ai bambini e senza necessariamente fornire loro dettagli che non servono. Il senso non è spiattellare la verità in faccia al bambino ma porsi, anche nel dolore, come un punto di riferimento degno di fiducia e che offre spiegazioni e supporto, risponde alle sue domande anche più volte se ce n’ è bisogno, questo perché, ricordiamolo, se un bambino ci fa più volte la stessa domanda non è perché vuole stuzzicarci ma ha bisogno di noi per poter padroneggiare e interiorizzare quella esperienza o quel vissuto.

Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa ad approccio umanistico e bioenergetico. Per info 331 7669068

Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043