La stanza della psicoterapia: uno spazio dove mettersi in gioco

Una domanda che ci viene spesso posta dai non addetti ai lavori rispetto alla nostra professione è: “Ma in effetti cosa fate con i vostri pazienti? Parlate solo?”. La risposta è “Dipende”. Dipende dal paziente, dal suo assetto di personalità, dalla problematica che porta. In alcuni casi si può solo parlare, almeno nelle fasi iniziali, in altri casi parlare è impossibile, ci sono dolori ed esperienze che non possono essere messi in parole e lì entrano in scena altri strumenti come il disegno, il gioco, la drammatizzazione, il corpo, lavorare su ciò che accade nella relazione tra paziente e terapeuta. Con i bambini soprattutto questi costituiscono i canali preferenziali per entrare nel loro mondo e, insieme, capire cosa sta accadendo. Dipende anche dalla formazione del terapeuta e dal modo in cui sceglie di lavorare, dagli strumenti che sente più adatti a sé e che è in grado di padroneggiare. Quel che è certo è che ciò che si fa con un paziente durante il processo terapeutico lo si costruisce insieme. Passo dopo passo, lo scopo del terapeuta è portare il paziente ad una più piena espressione della propria personalità. Scrive Winnicott: «La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme. […] Quando il gioco non è possibile, allora il lavoro svolto dal terapeuta ha come fine di portare il paziente da uno stato in cui non è capace di giocare a uno stato in cui ne è capace». Attraverso il gioco, in tutte le sue forme, il paziente può essere creativo ed è in questo tipo di esperienza che gli è possibile esplorare più ampiamente se stesso, contattare vissuti più profondi. Lungi da noi voler esplorare in poche battute le connessioni messe in luce da illustri autori tra il processo terapeutico e quello artistico. Quest’ultimo ben si presta però a farci immaginare il processo terapeutico come un’opera d’arte, unica e irripetibile perché ogni paziente con la sua storia e con i suoi vissuti lo è, in cui parola dopo parola, colore dopo colore, gesto grafico dopo gesto grafico, movimento dopo movimento, il paziente si racconta, si scopre, fornisce un senso alla propria esperienza, sotto la guida di un compagno di viaggio che lo aiuta ad organizzare tutto questo materiale in un racconto coeso.
Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa ad approccio umanistico e bioenergetico
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Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043