Cari papà, perdonateci il sottotitolo ironico per introdurre il tema di questo articolo! In realtà quello
che intendiamo raccontare oggi, nel ripercorrere i momenti salienti del ciclo di vita della persona, è
proprio l’importanza della vostra funzione. In questi giorni ci sono capitati sott’occhio vari post sui
social in cui si metteva in evidenza, a compensazione della tanta attenzione riservata al materno, il
sacrificio che gli uomini compiono per assicurare alle loro famiglie una vita dignitosa. Quella
dedizione al lavoro che, da necessità, rischia però talvolta di diventare una sorta di scusa con la
quale giustificare il desiderio di mettersi comodi a guardare la partita in tv dopo una giornata fuori a
lavorare, piuttosto che stare dietro alla richieste di attenzione o di gioco dei figli. Quanto sia
fondamentale il padre nella vita di un figlio va ben oltre il fatto che provveda alle sue esigenze
materiali. Nella prima infanzia, l’incontro con il padre permette il passaggio dalla diade alla triade, rompe la relazione esclusiva madre-figlio e aiuta quest’ultimo a rappresentarsi la madre
come separata da lui e non solo sua, come donna oltre che madre. La presenza del padre si rivela di
sostanziale importanza anche per la madre poiché la aiuta a tollerare maggiormente il distacco dal
figlio, rendendo più dolce la separazione. Dunque è proprio nel suo essere “intruso”, in virtù della
sua posizione più periferica rispetto a madre e figlio, che si cela la grandezza del ruolo paterno ai
fini di un sano sviluppo del bambino in direzione dell’autonomia. Sebbene il rapporto del padre con
il figlio cominci a costruirsi già durante la gestazione, attraverso le prime carezze sul ventre
materno, nelle prime fasi di vita del bambino il padre assolve principalmente ad una funzione di
supporto alla madre, difendendo il più possibile quella fondamentale relazione a due da invasioni e
incombenze esterne. E allora il papà diventa quello che declina visite di troppo, che esce a fare la
spesa, ma anche colui che contiene le ansie materne e la rassicura di fronte alla responsabilità per
quella nuova vita. Man mano che il bambino cresce e si rende più autonomo dalla madre, il padre
può incoraggiare tale svincolo agendo come una sorta di trampolino verso il mondo esterno. E’ con
il papà che il bambino può fare nuove e diverse esperienze: basti pensare alle differenti modalità di
gioco che i figli sperimentano con i padri, generalmente più improntati alla fisicità, più ritmici e
anche più spericolati, diciamoci la verità! Pensiamo al gioco della lotta e dell’acchiapparello ad
esempio, o a quanto i bambini amino essere lanciati verso l’alto per poi essere saldamente ripresi
dai propri papà. Gioco quest’ultimo che metaforicamente ben si presta a rappresentare quella
dinamica fondamentale per sentire di poter muovere i primi passi nel mondo: essere lasciato andare
con fiducia ma poi, nel momento giusto, essere ripreso. Il papà è la figura che accompagna il
bambino in questo suo andare verso la vita. Piuttosto che tenerlo stretto a sé lo lascia andare, ma
sostenendolo, e in questo modo contribuisce allo sviluppo del suo senso di iniziativa, infondendo
autostima e fiducia. Primo modello di riferimento per i maschietti e primo grande amore per le
femminucce: insomma che responsabilità! Periferico dunque non sta per marginale. Tutt’altro! Tanti
studi evidenziano infatti l’impatto che la distanza affettiva dei padri ha sullo sviluppo della
personalità dei figli, in particolare dal punto di vista relazionale. D’altra parte, come recita un antico
modo di dire, la madre li mette al mondo, il padre li mette nel mondo!
Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa-psicoterapeuta ad approccio umanistico e
bioenergetico. Per info 331 7669068
Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043