IL CICLO DI VITA DELL’INDIVIDUO: IL GRUPPO IN ADOLESCENZA, UNA CASA FUORI DA CASA

Più volte in questa rubrica ci siamo soffermate sull’importanza, nonché sul significato del gruppo (generalmente di pari) in adolescenza. Il gruppo di amici diventa una seconda famiglia, una rete di supporto che il ragazzo o la ragazza sente finalmente di aver scelto. Sì, perché è questo il punto focale: la scelta, il sentirsi finalmente autonomi, poter sperimentare che il cordone ombelicale è più lungo (sebbene ancora attaccato, metaforicamente parlando) è inebriante. Finalmente si passa dalla famiglia che la natura ha imposto, ad una cerchia di persone più o meno ampia con cui condividere passioni, interessi, modi di dire e di fare che a casa non vengono compresi. Una casa fuori da casa! È un’età in cui sentimenti di sfiducia ed inadeguatezza vengono spesso mascherati da sfacciataggine e prepotenza, per questo motivo il gruppo di pari è rassicurante. Negli articoli precedenti abbiamo evidenziato un aspetto che solitamente inquieta gli adulti e che è dato dall’effetto delle sperimentazioni estreme nell’outfit, nel linguaggio, nei desideri. Pensiamo alla moda “dark”, completamente opposta a chi invece ama colori e paillettes. Ecco, questo esempio chiarifica il concetto di gruppo: ho tre, quattro, dieci persone con cui condividere questo aspetto di me senza vergognarmi, soprattutto, senza sentirmi solo! Non tutti i ragazzi si sentono parte di un gruppo, alcuni lamentano di non avere amici e di non riuscire ad interagire con nessuno. Nella nostra esperienza professionale questo genera grande frustrazione non solo nei ragazzi ma anche nei genitori che vorrebbero aiutare i figli, traducendo il desiderio in goffi tentativi senza esito alcuno. Gli adulti, in questa fase di vita, sono “out!”, per usare un’espressione giovanile. Molto di quello che viene proposto dagli adulti non va bene o è ritenuto noioso a prescindere. Nel processo terapeutico ci concentriamo sulla scarsa autostima che spesso caratterizza questi ragazzi che sentono a tal punto di non valere nulla, da non riuscire neppure a vedere che esistono ragazzi e ragazze con i loro medesimi interessi. Più che sostituirci a loro quindi, proviamo esclusivamente ad incoraggiarli, ricordiamoci delle famose carezze all’essere e non solo al fare: ti amo perché esisti e non solo perché sei bello/a, bravo/a ecc… Sostituirci aggrava il loro senso di impotenza e frustrazione, è come se avessero le prove che veramente da soli non ce la possono fare! Sostenerli invece, li aiuta a sentirsi protetti, come a dire: ho chi mi guarda le spalle, ho chi ha fiducia in me, proponendogli una strada non priva di ostacoli ma percorribile.

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Dott.ssa   Margherita   Di   Maio,   psicologa-psicoterapeuta   ad   approccio   umanistico   e bioenergetico. Per info 331 7669068

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