LA POSTA DELLA PSICOLOGA

Nelle prossime settimane estive la rubrica Psico News
cambia forma: capita piuttosto spesso che ci vengano richiesti suggerimenti o consigli relativamente a tematiche specifiche, al di fuori dello spazio consulenziale. Alcune di queste domande toccano argomenti di interesse ad ampio raggio, così abbiamo pensato di rispondere ad esse. Potete porcele scrivendoci in privato alla pagina Facebook dello studio (Studio Psicologico Romano-Di Maio) oppure ai numeri sotto indicati.
Cominciamo dalla prima domanda e buona lettura!
Mia figlia di un anno e mezzo sembra essere davvero poco interessata al cibo, così, pur di essere tranquilla del fatto che si nutra abbastanza, non riesco a staccarla dal seno. Come posso favorire un rapporto più positivo con il cibo?
Carissima lettrice, la tua domanda coglie un punto nevralgico della questione: relazione con la madre e rapporto con il cibo sono, per forza di cose, intimamente legati. La costruzione del rapporto madre-bambino passa
prima di tutto attraverso l’allattamento, ragione per cui, anche quando non è possibile procedere naturalmente, si suggerisce comunque alla madre di avere cura di questi “appuntamenti” occupandosene il più possibile in prima persona e mantenendo il contatto fisico con il bambino come se non ci fosse il biberon ad intermediare. Di conseguenza, lo svezzamento pone una richiesta al bambino non soltanto dal punto di vista strettamente alimentare: non è solo questione di consistenza e varietà dei cibi ma anche di autonomia. Il rapporto con il cibo può pertanto diventare il terreno di espressione di conflitti proprio sul piano dei necessari processi di separazione affettiva
dal genitore. Onde arginare questo rischio, è fondamentale che il bambino non percepisca che l’alimentazione possa diventare un modo per tenere in scacco il genitore: la serenità del bambino passa per quella del genitore, anche su questo piano. Sembra che proprio questo tema sia uno di quelli per cui maggiormente si consulta il pediatra ma solo raramente si palesa poi un vero e proprio disturbo dell’alimentazione, in quanto tale ostacolante la sana crescita corporea e lo sviluppo emotivo del bambino. Questo non vuole essere un invito a trascurare dei segnali ma un atteggiamento eccessivamente ansioso da questo punto di vista può far sentire al bambino che “ha il coltello dalla parte del manico”. E’ fondamentale piuttosto capire quale significato si nasconde dietro il comportamento del bambino di fronte alla pappa. Cosa vuole comunicare tua figlia rifiutando il cibo e faticando a rinunciare al seno? Magari che percepisce il cibo come qualcosa che la allontana dalla madre? Allora facciamo in modo da creare in lei curiosità proprio attraverso la relazione, coinvolgendola nella spesa e nella preparazione della pappa, rendendolo un gioco a due. Questo è fondamentale fin dallo svezzamento: se permettiamo al bambino di fare esperienza ultisensoriale di un nuovo alimento (annusandolo, toccandolo, assaggiandolo gradualmente) incrementiamo la probabilità che lo accetti ed integri nella sua dieta. Certamente ciò significa tollerare che si possa anche pasticciare un po’ sul seggiolone! Rendiamo il momento del pasto un momento di condivisione familiare: è più probabile che il bambino mangi i piselli se li vede anche nel nostro piatto. Insegniamo ai bambini come, quando e dove mangiare ma rispettiamo le loro caratteristiche innate a proposito di quanto e cosa: pare che il livello del senso di appetenza abbia
basi genetiche e nasciamo dotati della capacità di auto regolarci rispetto a quanto ci serve per nutrirci ufficientemente. Dunque, salvo situazioni di effettivo calo ponderale, fidiamoci di questa dote umana naturale e non interferiamo con la possibilità del bambino di ascoltarla, costringendolo ad esempio a finire per forza il piatto. Se non riscontriamo eccessivi livelli di selettività alimentare, rispettiamo anche il gusto personale del bambino: ognuno di noi ha preferenze in fatto di cibo. Non carichiamo il momento del pasto di eccessive aspettative e ansie ma lavoriamo per fare in modo che il clima a tavola sia sereno. Evitiamo di usare il cibo come strumento di punizione e ricatto: altrimenti, in quel momento stiamo insegnando al bambino che può usarlo anche lui, rifiutandolo
quando glielo proponiamo, per punirci e ricattarci.
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Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa-psicoterapeuta ad approccio umanistico e
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Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043