Il fallimento della Thomas Cook, uno dei maggiori tour operator mondiali, si fa sentire anche a Sorrento ed in penisola. Secondo Paolo Durante, decano degli agenti di viaggio, gli albergatori costieri potrebbero non recuperare crediti per circa due milioni di euro dalla società finita in bancarotta. Una bella botta per l’economia del territorio. Ma c’è di più. Secondo Marcello Coppola, professionista del settore, in qualità di responsabile del ricevimento presso l’Hotel Belair, la vicenda Thomas Cook mette in evidenza alcune evidenti criticità nella gestione familistica e poco aperta al mercato dell’economia turistica sorrentina.
“Il crack della Thomas Cook è la punta di un iceberg per il settore turistico sorrentino. La città paga lo scotto di una mancata diversificazione ed innovazione. Da decenni a Sorrento la fanno da padrone due grandi operatori del settore: Thomas Cook, appunto, e Tui. Mentre la sfida delle nuove tecnologie non è stata raccolta. La frontiera on line è utilizzata ancora troppo poco perché rappresenta l’apertura al mercato, un’apertura che spaventa coloro che hanno in mano il potere contrattuale. In una parola: il futuro è già passato, ma non è ancora arrivato a Sorrento”.
Ci aiuta a capire meglio?
La maggior parte degli operatori ha scelto negli anni trascorsi, e spesso continua ancora oggi a scegliere, la strada più semplice per avere clienti: contratti vuoto per pieno ed allotment. In altri termini, a riempire l’albergo ci pensano i tour operator che acquistano almeno un anno prima le camere e si impegnano, a determinate condizioni, ad assicurare presenze fino ad una certa data.
Cosa comporta questa scelta?
Si consegna il reparto più importante di un’azienda in mano a terzi, il reparto vendite e marketing. In questo modo si riducono i margini di profitto per gli imprenditori alberghieri che, in questi casi, preferiscono guadagnare meno ma in modo più semplice. Inoltre, si perde totalmente il polso del mercato: se altri vendono le mie camere, finirò per non sapermi più orientare nel mercato, quindi, da scelta l’intermediazione diventa un percorso obbligato. Ma c’è anche una questione di ordine più generale: i tour operator succhiano quanto possono dalle destinazioni fino a quando tirano per poi abbandonarle seguendo il trend di mercato ed i loro interessi. Con una metafora i tour operator possono essere visti come un’edera che copre un muro: finché c’è l’edera il muro appare bellissimo, ma, una volta tolta si palesa il muro senza più intonaco e pieno delle lesioni lasciate dalle radici della pianta. L’errore lo commette chi si mette nelle loro mani ed a Sorrento sono stati e restano in tanti.
Cosa si dovrebbe fare?
Ci sono varie strade da seguire. Uno degli esempi che più mi affascina e che più condivido al momento è quello del Gruppo Manniello che ha deciso di andare controcorrente, puntando da tempo sul lusso e sui servizi di eccellenza. Ha capito che non serve farsi la guerra tra poveri, ma distinguersi dai concorrenti. Da anni, uno dei primi albergatori ad aver abbracciato l’online è stato Gianfranco Acampora che ha sperimentato sempre strategie nuove nella commercializzazione dell’hotel Aminta. Oppure, ma qui sono parte in causa, come fanno Lello e Mario Russo titolari dell’hotel Belair, struttura che ha deciso di essere al 100% “tour operator free” e proporre tutte le camere solo attraverso i portali ed il proprio sito.
Ciò che accomuna questi tre esempi è l’apertura al mercato con diversificazione, formazione e innovazione tecnologica.
Ma gli albergatori come causa dei problemi puntano l’indice accusatore nei confronti dell’extralberghiero. Sbagliano?
Tantissimo. L’extralberghiero ha, in un certo modo, salvato il brand Sorrento assicurando una presenza sui principali portali che diversamente non ci sarebbe stata. Inoltre, ha imposto agli alberghi la sfida della differenziazione e del miglioramento puntando su un diverso target di mercato. Ma c’è di più.
Prego
La sfida dell’innovazione non passa solo attraverso l’apertura al mercato, ma anche alle professionalità che si possono trovare tra i giovani professionisti del settore, non necessariamente figli di albergatori. Questo è un concetto che, a mio avviso, va tenuto presente nel coinvolgimento delle persone sia in associazioni di categoria, quali Federalberghi, che in enti pubblici, quali la Fondazione Sorrento.
Commenti
Una risposta a “Fallimento Thomas Cook. Marcello Coppola ” “Le colpe degli albergatori””
Sa persona addetto a lavori sono d accordo solo in alcune parti. E poi si fanno nomi di aziende salve.. Ma siete sicuri
Grazie
Si dovrebbe pensare come a ridurre il pregresso che hanno lasciato