LA POSTA DELLA PSICOLOGA DIVENTARE MADRE: GIOIE E “DOLORI”

Capita piuttosto spesso che ci vengano richiesti suggerimenti o consigli relativamente a tematiche specifiche, al di fuori dello  spazio consulenziale. Alcune di queste domande toccano argomenti di interesse ad ampio raggio, così abbiamo pensato di rispondere ad esse. Potete porcele scrivendoci in privato alla pagina Facebook dello studio (Studio Psicologico Romano-Di Maio) oppure ai numeri sotto indicati. Buona lettura!

Salve Dottoresse, ho da pochi giorni messo al mondo il mio secondo figlio. L’ho fortemente desiderato e voluto, eppure non mi sento pienamente felice. Mi viene spesso da piangere e mi sento più tesa e preoccupata del solito. Perché mi sta accadendo questo? E’ normale?

Cara lettrice, innanzitutto le facciamo i nostri auguri per questo lieto evento, sicuramente uno di quelli che più è in grado, quando desiderato, di portare una forte ventata di gioia in tutta la famiglia. Si dice che l’attesa aumenta il desiderio e, da questo punto di vista, la lunga durata della gravidanza fa la sua parte: mesi a fantasticare sul sesso e sui lineamenti di questa nuova vita, a chiedersi a chi somiglierà, a predisporre il corredino e tutto ciò che è necessario ad accoglierla in casa, a parlarne con il fratellino maggiore, nel suo caso, per prepararlo a questo cambiamento. Per quanto volino, come tutti i momenti belli della vita che ci sembrano sempre più brevi di quelli bui, nove mesi sono tanti e, quando la gravidanza procede bene, costituiscono uno dei periodi più belli che la donna possa vivere, certo con un pò di disagi tra nausee e gonfiori, ma comunque circondati dalle attenzioni e dalle coccole delle persone care. Insomma per un po’ ci si vizia e ci si lascia viziare ed è bene così. Ascoltando i racconti di donne che hanno vissuto l’esperienza della maternità, è molto comune che si giunga alla fine della gravidanza con il desiderio che arrivi presto il momento del parto, sicuramente perché il peso del pancione inizia a farsi sentire ma anche perché una serie di preoccupazioni possono cominciare ad assalire e a guastare l’umore: “andrà bene il parto?”, “starà bene il bambino?”, “sarò in grado di fare la mia parte nel metterlo al mondo?”, “e se mi succedesse qualcosa durante il parto?”. Pensieri negativi che, per quanto si provi a tenerli fuori dalla mente, da qualche parte ci sono, rafforzati da eventuali complicazioni o dalle notizie tragiche che si sentono piuttosto spesso sulle vicende in sala parto. Avere già fatto esperienza del mettere al mondo un bambino è di poca consolazione, perché si sa, ogni parto è a sé. Con tutta questa emotività si arriva al giorno della nascita, pensando che la gioia del momento spazzi via ogni emozione negativa. Non è così, quasi mai. Intanto smaltire le emozioni negative richiede tempi più lunghi, come quando affrontiamo una prova importante che ci toglie il sonno e ci fa stare in tensione: siamo convinti che una volta superato l’evento ci sentiremo leggeri e dormiremo come ghiri, poi invece ci rendiamo conto che continuiamo a sentire una sorta di scarica elettrica nel corpo per tutto il giorno e facciamo fatica la sera a dormire e a farlo in modo sereno, senza essere disturbati da sogni e ricordi di quanto affrontato. Questo per suggerirle di prendersi ancora qualche giorno di tempo per metabolizzare da un punto di vista emotivo ciò che è accaduto. Anche il corpo è alle prese con la necessità di adeguarsi al cambiamento e i suoi ormoni, in questo momento, circolano all’impazzata alla ricerca di un nuovo equilibrio, con conseguenze anche sul piano dell’umore. Certamente in questo momento non le è di aiuto sentirsi in colpa perché accanto alla gioia sente anche tristezza, rabbia o paura: è normale vivere un mix di emozioni in un momento in cui sicuramente dorme poco, sente tutto il peso e la fatica di un esserino la cui vita dipende da lei ma che ancora non conosce così bene e che imparerà a comprendere un po’ alla volta. Non si vergogni per ciò che prova, anzi, si senta libera di dargli espressione, di condividerlo con i suoi cari per cercarne l’ascolto, la comprensione e il conforto. In questo momento il papà del bambino ha un ruolo fondamentale nel farle sentire che non è sola ad affrontare tutto, ha il dovere di sostenerla e, se fosse un po’ sfuggente da questo punto di vista, va responsabilizzato. Cerchi l’aiuto di cui necessita nella sua cerchia familiare, intanto che corpo e mente recuperino energia e si adattino alla nuova circostanza. Dunque, si dia un tempo di ripresa attivando tutte le risorse che ha intorno a sé e monitori, come già sta facendo considerando la sua domanda, la situazione. Se non si sentisse adeguatamente supportata o se, nonostante questo, continuasse ad avvertire stati emotivi che fatica a comprendere e gestire, allora non sottovaluti segnali che, se perduranti, necessitano di essere adeguatamente accolti e trattati con un aiuto professionale.

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Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa-psicoterapeuta ad approccio umanistico e bioenergetico. Per info 331 7669068

Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043