101 anni e la testimonianza dei Natale del dopoguerra: “Una festa d’amore. Differenza tra generazioni? Oggi i giovani hanno meno opportunità”

In questi giorni che ci separano dal Natale, dove tutti noi siamo immersi in affannose ricerche di regali o di cosa preparare per i grandi pranzi, trovandoci poi sempre annoiati sia da ciò che compriamo o riceviamo come doni, sia da ciò che portiamo in tavola che poi molto spesso per gran parte tra mille critiche finisce nell’immondizia, noi di Agorà abbiamo pensato di chiedere ad un signore anziano com’erano i Natali di guerra o dell’immediato dopo guerra, dove forse c’era la fame ma si era più uniti, più solidali e (perché no?) più felici. Abbiamo perciò intervistato il sig. Angelo (nome di fantasia) che abita a Marino e ha la veneranda età di 101 anni.

Sig. Angelo, si ricorda il suo primo Natale del dopo guerra, come erano vissute le festività da voi in quegli anni?
“I Natali che ricordo da piccolo erano una grande festa, perché si mangiava e anche più degli altri giorni, mia mamma e mia nonna si mettevano a cucinare per tutti noi parenti che occupavamo quattro tavole e nella grande cucina di una volta quella col fuoco in vista, si cucinava, erano giornate nelle quali si scherzava molto, soprattutto quando si giocava a tombola, eh sì per noi non era Natale senza il chiasso e la confusione della tombola, però se mi permetti il ricordo più forte è un altro.
Devi sapere che io sono stato in guerra come militare con la Marina italiana e sfortunatamente il dragamine sul quale ero di servizio fu affondato il primo giorno di combattimento e io sono stato fatto prigioniero dagli inglesi, con molti altri dell’equipaggio e portato in un campo di concentramento in una città africana della quale adesso non ricordo il nome, sono stato due anni lì e poi portato in Australia per sette anni.
La mia famiglia a Marino mi dava per morto, ma nel 1947 sono tornato a casa, ero così magro e privo di umanità che non ricordavo neanche come da Anzio dove fui lasciato si arriva a Marino; ecco quel giorno mancava poco al Natale e a casa facemmo una festa enorme alla quale partecipò tutto il paese, ecco quello è il mio ricordo più bello, rivedere tutti ma in particolare la mia mamma dopo quasi dieci anni”.

Durante il pranzo di Natale i bambini leggono le loro letterine, voi generazione della guerra quali speranze avevate per il futuro?
“Io ho sempre amato lavorare e il mio sogno era lavorare per costruirmi una casa e avere una famiglia, pensa che a dodici anni andai a fare lo stagnino, cioè colui che portava i materiali all’idraulico nei cantieri e a forza di schiaffoni e insulti ho imparato il mestiere di idraulico.
La guerra ha interrotto i sogni di molti di noi, io invece, sono stato fortunato perché sono sopravvissuto e tornato a casa ho ripreso a fare lo stagnaro, successivamente ebbi il posto di tranviere e con i piccoli lavoretti d’idraulica che facevo misi da parte un gruzzoletto per comprarmi un pezzo di terra, dove con tanti sacrifici ci ho costruito la mia casa”.

Ricorda qualche piccolo dono in particolare di Babbo Natale o di Gesù bambino?
“Allora non c’erano soldi da spendere, il regalo più bello per noi era poter mangiare, poi a Natale mangiavano il primo ed il secondo ed era una gioia soprattutto per me che nei campi di concentramento ho visto letteralmente uomini morire di fame, cadevano per terra e morivano, non potrò mai dimenticare quell’orrore e non ti nascondo che ancora oggi ogni tanto quando sono a tavola ripenso a quelle persone.

La sua è una bella testimonianza per noi, in particolare per i giovani; lei cosa pensa delle nuove generazioni, sono migliori o peggiori della vostra?
“Sono uguali ma hanno meno possibilità, vedi l’Italia l’abbiamo ricostruita noi con la nostra tenacia di fare, costruire, vivere, soprattutto le donne, sì loro hanno fatto il più del lavoro, però lo stato ci aiutava; per esempio quando prima ti dicevo della casa, ebbene se tu volevi costruire andavi al comune e con il funzionario bastava una stretta di mano tra galantuomini e poi su ogni costruzione che facevi solo con le tue forze lo stato ti riconosceva che quella fatica era non solo per te ma indirettamente anche per la nazione e ti aiutava non facendoti pagare le tasse su quell’immobile per venti anni, oggi se un giovane vuole costruire qualcosa la burocrazia lo costringe a mille permessi solo per averla pensata.
Se non ti annoi ti faccio un altro esempio; quando stavo costruendo la casa, mi accorsi che un muro era troppo lungo e toccava la proprietà vicina, allora andai al comune dal funzionario per spiegargli il problema e lui senza troppo stare a pensarci prese carta e penna e disegnò una curva dicendomi: “ e tu in questo punto il muro fallo curvo” ecco io sono convinto che i giovani di oggi se messi nelle condizioni di farlo potrebbero fare molto”.

La gioia più bella del Natale che sta per arrivare?
Avere ancora mia moglie accanto a me, sono settant’anni di matrimonio e anche se oggi siamo pieni di acciacchi e malattie, quando mi sveglio e la vedo al mio fianco, sono felice.

Salvatore Foggiano