Gentile Dott.ssa Denaro, innanzitutto grazie per aver accolto la nostra richiesta di rispondere ad alcune domanda in
merito all’impatto del COVID-19 sul mondo della scuola. Tanto si é parlato delle difficoltà degli studenti e delle loro famiglie e insegnanti a doversi velocemente adattare ad una nuova modalità di fare didattica. Quali le criticità invece dal punto di vista di chi dirige un istituto scolastico?
E’ vero, si è parlato tanto, a volte senza cognizione di causa, delle difficoltà di studenti e famiglie nell’affrontare lo stravolgimento globale determinato dalla pandemia, mentre poco o nulla si è detto della difficoltà della Scuola come ente istituzionale, certo, ma soprattutto come comunità educante deputata all’istruzione ed alla formazione delle giovani generazioni per mandato Costituzionale ma soprattutto sociale e civile.
La difficoltà maggiore è stata senz’altro quella di mantenere la coesione come comunità, ricucire il piu’ velocemente possibile la rete di rapporti, relazioni, scambi e collaborazioni che è il substrato naturale di una qualsiasi ordinaria giornata scolastica, trovare modalità di comunicazione ed informazione rapide ed efficaci, sostenere e supportare la comunità nel suo complesso ed ogni singolo componente nella sua unicità di fronte alla paura, allo smarrimento, al senso di impotenza personale e professionale che ha caratterizzato la prima fase.
Altro problema sommerso è stato determinato dall’organizzazione dell’ufficio in smart working. E’ purtroppo tristemente vero che l’amministrazione dello Stato e gli uffici governativi ( una Scuola è un’unità periferica del Ministero dell’Istruzione) sono appesantiti e funestati da una tale mole di adempimenti burocratici, da una liturgia documentale e cartolare, da una selva di circolari, note, disposizioni e moduli che, a dispetto della tanto sbandierata digitalizzazione trovano il loro naturale e lentissimo compimento in un “mare di di carte”, spesso inutili e talvolta addirittura dannose ( quantomeno per gli alberi). Per mia fortuna devo pero’ dire che sia gli uffici di segreteria e direzione che i miei stretti collaboratori sono persone estremamente capaci, professionali e produttive, e quindi quello che poteva potenzialmente essere un elemento di vulnerabilità si è dimostrato poi un potente strumento di riorganizzazione e ha dato un’accelerazione notevole alla dematerializzazione e, ci auspichiamo tutti, ad un futuro snellimento delle pratiche burocratiche.
Come istituto, in che modo avete gestito la necessità e le difficoltà di inventarsi una “scuola da remoto”?
I problemi da affrontare sono stati molto diversi a seconda del grado di istruzione su cui si doveva intervenire. Nel mio caso ancora piu’ complessi perché dovendo gestire due scuole ( un Istituto Comprensivo ed un Liceo Artistico/musicale) mi sono trovata ad individuare modalità comunicative che potessero essere efficaci per una platea composta da alunni dai 3 ai 18 anni d’età.
Per i piccoli della scuola dell’infanzia è stato di gran lunga piu’ complesso tentare di mantenersi in contatto, si sono adottate modalità di messaggistica istantanea, telefonate fiume con le mamme, video chiamate, “storie al telefono” e pochi incontri “in live” che hanno visti coinvolti essenzialmente i genitori e per loro tramite i bambini, in definitiva si è lavorato con le famiglie nel loro complesso, è stato un buon modo di tenersi in contatto e far sentire la scuola vicina seppure irraggiungibile, ma questa modalità è assolutamente inadatta a questa fascia d’età e mi auguro vivamente di non trovarci mai piu’ a dover affrontare questa evenienza perché la Scuola dell’Infanzia ha necessità assoluta ed ineludibile di didattica esperenziale in presenza.
Problemi parzialmente sovrapponibili li abbiamo riscontrati alla Scuola Primaria, soprattutto con i bambini delle classi iniziali, mancavano i device e l’autonomia di lavoro, e anche in questo caso sono dovute intervenire le famiglie in un’inedita veste di “mediatori culturali “ e la gestione effettivamente è stata complessa e difficoltosa, disagio amplificato dalle sensazioni di smarrimento, di paura, di insofferenza che hanno caratterizzato i giorni dell’ isolamento e che hanno colpito tutti indistintamente sebbene con varie intensità a seconda della situazione di partenza e dalle pregresse fragilità personali, sociali e culturali accresciute in maniera esponenziale dalla condizione di stress.
Con i ragazzi della Scuola Media e del Liceo è stato tutto molto piu’ semplice, basti pensare che sono quasi tutti in possesso di un device personale, dal semplice smartphone al tablet al pc di casa tant’è vero che spesso si parla di “generazione connessa” e la comunicazione digitale è a loro estremamente familiare e ne fanno uso nella vita di tutti i giorni.
Questa è la generazione dei cosiddetti “nativi digitali “, e al di là della profonda riflessione sul senso e significato di questa semplicistica definizione, questa condizione esistenziale dei nostri ragazzi ha per una volta manifestato la sua accezione positiva per cui, una volta implementata una delle piattaforme suggerite dal MI ( nel nostro caso la Google suite for Education e il registro elettronico) e predisposto un orario di lezione che fosse in qualche modo funzionale al mutato contesto si è proceduto, con grande difficoltà e lentezza dapprima e poi piu’ speditamente, ad impiantare un simulacro di scuola necessitato dall’emergenza che però ha dato risultati dignitosi ed in alcuni casi addirittura sodisfacenti .
I ragazzi hanno dimostrato grande senso di responsabilità e adattamento, hanno rispettato le nuove regole di comunità con fiducia e attenzione, e i docenti sono stati meravigliosi, hanno speso tutto il loro tempo e tutte le loro energie per preparare lezioni, seguire corsi on line, fare counseling telefonico con i ragazzi e le famiglie,confrontarsi con i colleghi e mettere a sistema le “buone pratiche “che via via si consolidavano, sempre connessi e sempre presenti seppure a distanza.
Per deformazione professionale siamo portate a cercare “il buono” anche nelle condizioni più avverse. Dal suo punto di vista, questa emergenza sanitaria, oltre ad aver fatto certamente molti danni, ha messo in luce nuove opportunità per il mondo della scuola?
Assolutamente si. La prima opportunità è stata la spinta al cambiamento, il rovesciamento di prospettiva in cui si sono trovati docenti ed alunni nell’affrontare la Scuola a distanza.
Ci siamo resi conto da subito che le modalità didattiche consuete, la tanto amata (da alcuni docenti di grande cultura ma altrettanto grande affezione alle ritualità scolastiche) “lezione frontale” era del tutto inefficace ad assolvere il suo compito di comprensione ed interiorizzazione di costrutti culturali, che le metodologie e le teorie didattiche che avevano tracciati sereni ed immutabili percorsi negli anni scolastici precedenti necessitavano di un cambio di paradigma, di nuovi strumenti e linguaggi che riuscissero non solo a catturare l’attenzione degli studenti ma anche a stimolarne la motivazione ad apprendere, la spinta ad approfondire, cercare soluzioni ai problemi, costruire un sistema di conoscenze che potesse orientarli nel mondo stravolto e profondamente ansiogeno in cui ci siamo trovati tutti a vivere. Devo dire per dovere di cronaca che i ragazzi hanno dato prova di grandissima adattabilità e resilienza,e molto spesso sono diventati loro maestri e consulenti dei docenti nel superare le piccole o grandi difficoltà digitali che hanno funestato le lezioni in live. Quella che è mancata tanto,troppo, a tutti è stata la dimensione sociale,la condivisione di uno spazio fisico, quello della scuola nel suo complesso, che per definizione è sinonimo di comunità.
Io credo che a dispetto dell’emergenza che l’ha occasionata l’opportunità della didattica a distanza non vada persa, è costata uno sforzo enorme a tutti, famiglie docenti e alunni, ma le possibilità di sviluppo e di innovazione che presenta, se accuratamente studiate e perfettamente interiorizzate sono formidabili strumenti cognitivi che possono affiancare ( mai sostituire, sia ben chiaro) la didattica in presenza facendo da moltiplicatore degli apprendimenti e delle competenze.
E’ chiaro che per ottenere questi risultati deve essere fornito un substrato solido di conoscenze ai docenti, un piano di formazione serio e materiali di lavoro accurati e scientificamente costruiti. Io inizierei intanto col creare un nuovo lessico quotidiano e la prima cosa che cambierei è il tanto inflazionato acronimo DAD ( didattica a distanza) in DD (didattica digitale) tout court, sia per valorizzare il paradigma dell’essenzialità che tanto ci è stato di conforto nei giorni di lock down che per eliminare l’accezione scostante, divisiva della parola “distanza” che a mio parere è del tutto inconciliabile con lo scopo principale della scuola che è fare comunità, costruire le fondamenta della società civile.
Già si é proiettati alla ripresa della scuola post pausa estiva. Quali sono le aspettative? E le remore?
Stiamo lavorando all’organizzazione del nuovo anno sulla base delle indicazioni purtroppo non esaustive delle Linee guida del Ministero dell’istruzione e del documento del CTS.
Le difficoltà sono tante, la piu’ macroscopica è la necessità di spazi e professionalità ulteriori per attuare il distanziamento personale e permetterci di lavorare in relativa sicurezza ( come ossessivamente ci ripetono gli scienziati e coloro che hanno provato a trovare soluzioni impraticabili nelle scuole, il “Rischio 0” è utopistico in un ambiente al chiuso in cui siano presenti in condizioni normali, non meno di 600 persone), per cui la priorità è il reperimento di spazi per la didattica anche diversi da quelli usuali dell’aula che permettano di diradare le presenze.
Subito dopo lo spazio c’è da affrontare la variabile del tempo scuola, che secondo le indicazioni del Ministero non puo’ essere ridotto ma solo diversamente articolato, per cui in alcuni casi ci sarà una riduzione delle unità orarie e successivo recupero in modalità ancora da definirsi e in altri casi si dovrà ricorrere gioco forza al tanto temuto spettro del turno pomeridiano, in altri ancora si integreranno le lezioni in presenza con una quota in DAD (chiaramente nel caso di alunni piu’ grandi), insomma una serie infinita di decisioni da prendere, percorsi da valutare, orari da redigere, DPI da acquistare, connessioni da potenziare ecc. ecc che si definiranno in maniera puntuale nel prossimo mese con la collaborazione degli Enti locali,dell’Ufficio Scolastico, dell’Assessorato all’Istruzione della Regione Campania che sta facendo un grandissimo lavoro di sostegno e supporto alle istituzioni scolastiche nella persona dell’Assessore Lucia Fortini e di tutto il suo staff, del personale tutto, delle famiglie e di chiunque voglia dare idee, opinioni, spazi e disponibilità.
Se volete, quando sarà pronto il Piano per la ripartenza ci sentiamo e ne parliamo ancora, nel frattempo stay tuned, molto dipenderà dal quadro epidemiologico e dall’andamento dei contagi, io spero e mi auspico, come tutti, che l evenienza del lock down non debba mai ripresentarsi con l’intensità e la durata di cui siamo stati tutti partecipi e vittime e si riesca a mantenere l’attività scolastica secondo le nuove regole e i nuovi paradigmi che dovremo tutti elaborare ed interiorizzare.