In preda all’angoscia di una notizia che non avremmo mai voluto ricevere – come quella dello smarrimento di un bambino di 3 anni -, abbiamo volontariamente derogato alle regole basilari di chi è chiamato a fare informazione.
Negli attimi spasmodici della ricerca, nelle ore (poche per fortuna) che sono servite per ritrovare, sano e salvo, il “piccolo di Nerano”, abbiamo tutti pubblicato consapevolmente – senza badare troppo ai fronzoli – nome, cognome e foto del minore. Informazioni e immagini che pure erano state debitamente autorizzate, ma che comunque necessitano – in genere – di tempo per verificarne l’origine, la paternità, le fonti.
L’abbiamo fatto seguendo il “protocollo del cuore”, perché c’era da perseguire un obiettivo decisamente superiore “alla forma”: chiamare a raccolta volontari e ritrovare un bambino. Se malauguratamente dovesse ripresentarsi una circostanza analoga, lo rifaremmo ancora, senza alcuna esitazione.
E siamo contenti che tante persone abbiano partecipato ad un’operazione che ha fatto riscoprire i valori più autentici di una comunità. E l’esaltazione finale, che ha accompagnato il ritrovamento del “piccolo di Nerano”, è giustificata, come è giustificato il diritto di informare, e di farlo – quando si tratta di minori e di aspetti “sensibili” – nelle modalità più “delicate” possibili.
Adesso, però, passato il peggio e passata la sbornia della “gioia”, sarebbe il caso di cancellare dalle nostre bacheche i video e le immagini che ritraggono con chiarezza il volto del bambino. Non quelli che testimoniano la ricerca e la festa, non quelli dove il “piccolo” è ripreso di spalle o da lontano, ma solo quelli dove il bambino è riconoscibile nei tratti del viso. Se proprio non si vogliono rimuovere interi file, sarebbe il caso di criptarne il volto, in modo da renderlo meno riconoscibile. Il motivo? E’ lo stesso che ci ha spinti, inizialmente, a derogare alle “regole”. Ossia: quello di tutelarlo.