Bufale, fake-lacchè e faide politiche: così in penisola si manipolano le discussioni

AgoràInforma.it interpella un giornalista professionista, Salvatore Dare di Metropolis, per una disamina sulla tendenza, in voga sui social network, di creare profili falsi per cercare di orientare le discussioni. Ecco il “corsivo” del cronista sorrentino.

La ricordate la famigerata Giuseppina Gargiulo? Si infilò nel magma di Facebook in un batter d’occhio, in poche ore guadagnò centinaia di amicizie e iniziò a sparare bordate a destra e a manca, spesso centrando il bersaglio e riducendolo in poltiglia da dare in pasto ai leoni da tastiera. Dettava morali a raffica, faceva notare incongruenze grossolane, evidenziava querelle all’ordine del giorno anche nei consigli comunali, attaccava pure questo o quel politico senza mai scadere nelle volgarità, ma anche tanti signori del vangelo social – che pensano di avere diritto di parola su tutto – vennero infilati nel tritacarne e ne uscirono a pezzi. Lo faceva dall’alto di una capacità di avere informazioni di prima mano, sfruttando anche dati sensibili sconosciuti a tanti e che pesavano nelle discussioni. Beh, era un fake, un profilo falso, magari allestito da qualche personaggio che galleggia da una vita attorno alle stanze dei bottoni uscendone a piacimento. Tanto che guadagnò meritatamente anche il titolo di apertura di un numero di Agorà.

Sparita la Giuseppina Gargiulo di turno, di fake eccellenti che tuttora gravitano nell’orbita delle bufale se ne contano a decine. A Sant’Agnello, nell’ultima campagna elettorale, ne spuntarono a valanga. Poi, temendo che si potesse capire chi si celasse dietro al profilo mendace, si andò in ritirata. Ma c’è da scommetterci: torneranno. E molto prima di quanto si possa pensare.

Un dettaglio non può certamente sfuggire agli attenti navigatori di Fb. I fake “made in Sorrento” spuntano quando scoppia un caso nazional-popolare e si sente dunque la necessità di perlustrare il territorio social, magari anche cercando di capire e carpire abusivamente consensi ed opinioni veicolando così le linee di pensiero, i ragionamenti, le fazioni senza doversi esporre in prima persona. I profili falsi sono tutti contraddistinti da un’unica mission aziendale: dare slancio a questo o quel partito di pensiero usando anche toni che, nell’era del patto sociale, in cui dal vivo, nella vita reale, ci diciamo solo le cose che l’interlocutore vuole ascoltare con piacere e senza irretirlo, non possono essere sversati.

Fu così quando la scorsa estate tornò alla ribalta l’emergenza micro-criminalità nei treni della Circumvesuviana. Questione accesa anche da un post su Fb dell’assessore Mario Gargiulo che finì a “duello epistolare” con il presidente di Eav Umberto De Gregorio perché furono usati termini forti. Colpì un particolare sfuggito a molti: tutto nacque da Facebook e da un post – divenuto virale – di un fake che, commentando la notizia dello scippo di una turista in treno, invitava a voce alta un intervento dell’amministrazione comunale. E’ avvenuto più o meno lo stesso anche per la famosa ordinanza anti-accattonaggio di tre anni fa. Il tutto condito dalla famosa riunione di tre settimane fa in Prefettura sulla necessità di accogliere migranti a Sorrento.

L’impressione è che i fake siano alimentati anche dalla fame di like e commenti di chi cerca sponde e aderenze per una propria mission, che rischia di inquinare i pozzi istituzionali. Il ragionamento è semplice: “Scrivo questo post su questo tema, vediamo le reazioni, se va bene cavalco l’onda e ho basi su cui proseguire”. Il risultato? Rompere gli argini del paesello e finire nelle cronache di giornali e tg nazionali per i commenti beceri che sfuggono al controllo. Una mossa del contrappasso ai tempi delle fake news. Usare Fb è tremendamente difficile e il risultato di un post può suscitare reazioni a catena che neppure si osano pensare prima di andare all’attacco. Pesa anche la mancanza di una cultura adeguata all’informazione 3.0, quella in cui le fonti primarie tradizionali sono sostituite in parte dal like, dalla condivisione, dal testo che naviga tra selfie e foto di pietanze prelibate o citazioni smielate.

Ora si fa peggio: vengono fuori le bufale. Quella dei migranti e di Sant’Antonino dimostra quanto sia scarsa anche a Sorrento la capacità di distinguere su Facebook la verità. Non ci sono filtri. Ma perché c’è stata eco super per la notizia falsa dei rifugiati politici in processione con la statua del Santo? Semplice. Ci si è fermati all’apparenza, nessuno ha letto quel pezzo satirico e ci si è dimenati in maniera insensata. Il Corriere della Sera, appena dieci giorni fa, pubblicò uno studio sconcertante: 7 utenti su 10 condividono su Fb notizie false e 6 su 10 sono consapevoli di postare un’informazione inventata. C’è di più: gli articoli completi non vengono quasi mai consultati. Ben 8 notizie condivise su 10 non sono lette eccetto il titolo. Io, quando frequentavo l’istituto nautico, in un compito scritto, la materia era Fisica, pensai bene di fare un esperimento. Avevo l’impressione che il mio docente non leggesse i testi delle prove e che assegnava i voti in base allo status dello studente. La penultima pagina del compito la riempii con formule inventate e lettere dell’alfabeto. Il prof se ne accorse: presi 2. Ciò pesò nella valutazione finale della maturità. Se ci fosse lo stesso metro di giudizio su Facebook, magari ammonendo o sospendendo temporaneamente l’utente che condivide bufale, forse andrebbe meglio. (Salvatore Dare)