A COLLOQUIO CON LA DOTTORESSA ANNA ROMANO-PSICOLOGA DELL’ETA’ EVOLUTIVA. VIRUS, QUARANTENA E FASE 2 SPIEGATA AI BAMBINI. MEDICI E SCIENZIATI SONO I NUOVI SUPEREROI. IL PROBLEMA E’ IL VIRUS NON LE PERSONE. DIDATTICA A DISTANZA LIMITI ED OPPORTUNITA’

Pandemia, confinamento e limitazioni: quali sono state le criticità più diffuse sui bambini?

 

Rispondo a questa domanda partendo dalla convinzione che i bambini siano stati coloro che hanno pagato il prezzo più alto in questa emergenza sanitaria, in termini di esperienze mancate intendo. Hanno dovuto rinunciare, e ancora non è ben chiaro per quanto ancora dovranno continuare a farlo, alle loro quotidiane esperienze di socialità e contatto con gli altri, fondamentali per il loro sviluppo affettivo e relazionale. E’ chiaro che in questo momento la tutela della salute pubblica viene prima, però non dobbiamo cadere nell’errore di pensare che per loro sia stata solo una lunga “vacanza”, o comunque un tempo del tutto positivo poiché scandito da ritmi più lenti e da maggiori spazi di gioco con mamma e papà. I più piccoli assorbono come spugne le ansie e i timori che gravitano nei loro ambienti di vita e, a differenza degli adulti, hanno meno strumenti per riconoscerli pienamente ed esprimerli adeguatamente a parole. Di conseguenza il loro malessere trova spesso un’altra strada per manifestarsi: quella del corpo. Problemi del sonno, nel rapporto con il cibo, lamentele psicosomatiche come mal di pancia e mal di testa, hanno fatto capolino nella vita di molti bambini. Tanti i genitori preoccupati per i passi indietro dei figli rispetto a delle autonomie che avevano acquisito, ma considerata la straordinarietà della situazione, delle temporanee regressioni possono essere normali e rientrare in tempi brevi se gli si dedica la giusta attenzione.

 

Come spiegare a  loro il coronavirus e le conseguenze che comporta?

I bambini meritano la nostra onestà e di ricevere tutte le spiegazioni che richiedono. Questo non significa però essere crudi ed eccessivamente dettagliati nei nostri racconti. Quando parliamo con loro, il nostro linguaggio va adeguato alla loro età e capacità di comprensione e, da questo punto di vista, alcune favolette che sono state inventate ad hoc per parlare ai bambini del coronavirus, tra l’altro facilmente reperibili in rete, possono venirci in aiuto. Evitiamo di esporli invece ai tanti programmi televisivi che affrontano l’argomento rivolgendosi ad un pubblico adulto. Teniamo conto anche del fatto che, mentre alcuni bambini spinti dalla loro naturale curiosità fanno tante domande sul tema, molti altri esitano invece a chiedere. Ciò non significa che non siano preoccupati, anzi, spesso dietro il loro silenzio si cela la paura. Facciamo noi adulti un passo avanti, indaghiamo su cosa hanno compreso di ciò che sta accadendo e rendiamoci disponibili a rispondere ai loro dubbi.

 

Il binomio malattia-cura  è un leit-motiv  ricorrente in storie e fiabe per i piccoli. Ma come raccontare una malattia senza cura?

Le fiabe per bambini più note ci hanno abituati al “e vissero tutti felici e contenti”, ciò è innegabile, però se ci riflettiamo un attimo, in molte trame troveremo anche riferimenti alla malattia e alla morte, seppure non come finale: tra tutti, Cenerentola è orfana di entrambi i genitori, Simba ne “Il Re leone” assiste alla tragica fine di suo padre.  Questo per dire che le fiabe ci infondono la speranza del lieto fine ma non per questo negano la malattia e la morte. E non dobbiamo farlo nemmeno noi. Nelle nostre comunicazioni ai bambini sul coronavirus dobbiamo trasmettere fiducia nel fatto che medici e scienziati, i supereroi del 2020, stanno facendo di tutto per inventare un antidoto per sconfiggere questo brutto nemico ma hanno bisogno di ancora un po’ di tempo. Intanto noi possiamo dargli una mano osservando le regole che ci hanno dato: lavare spesso le mani, indossare la mascherina, evitare contatti ravvicinati. Ponendogliela in questo modo, li faremo anche sentire parte attiva in questa lotta, anziché vittime impotenti. Dunque se i bambini ci fanno domande sulla morte da coronavirus, non neghiamo la realtà, siamo onesti sul fatto che purtroppo ci sono persone più deboli e già ammalate che stanno venendo a mancare, ma trasmettiamogli la speranza che la scienza, presto, vincerà. Ovviamente, per poterglielo comunicare efficacemente, dobbiamo crederci noi per primi.

 

 

La didattica a distanza è diventata la nuova modalità di insegnamento. Gli esperti si dividono su potenzialità e limiti. Lei cosa ne pensa?

La rete ci ha letteralmente salvato in questi mesi, permettendoci di sentirci connessi con il mondo e di portare avanti svariati impegni. In questa ottica, la didattica a distanza si è rivelata fondamentale per consentire ai bambini di preservare una quota importante della loro quotidianità e mantenere un loro diritto/dovere. Credo e spero che il riconoscimento di queste potenzialità non resti confinato nella parenesi del Covid-19, ma partecipi alla definizione di una scuola più al passo con i tempi, in cui il remoto venga implementato come alternativa valida quando, per diverse ragioni, andare a scuola non risulti possibile. Tuttavia, la didattica a distanza non potrà mai colmare la mancanza della carezza di una maestra che incoraggia un bambino ad avere fiducia nelle proprie capacità, del sentirsi fisicamente in un gruppo di pari, di tutta quella comunicazione non verbale che inevitabilmente si perde in buona parte attraverso gli schermi. Certo ad alcuni ha consentito, con enorme sollievo, di stare alla larga dal compagno di classe burlone e dalle sue prese in giro, ma anche imparare a gestire questo tipo di esperienze fa parte della crescita.

 

Consigli per conservare l’equilibrio in un contesto familiare mutato?

Bella domanda, meriterebbe un’intervista a parte! Sintetizzo in alcune parole chiave. La prima: regole. Questa quarantena ha messo i genitori a dura prova sul piano dell’autorevolezza perché, diciamoci la verità, è più complesso mantenere la funzione normativa ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni su sette, vederla concentrata su di sé totalmente mentre prima era spalmata anche su insegnanti, nonni (più o meno!), baby-sitter. Stabilire a monte regole di comportamento e collaborazione può favorire una convivenza più pacifica. Un valido supporto su questo fronte viene anche dalla definizione di chiare routine: seconda parola chiave. Avere un tempo per lo studio, uno per dare una mano in casa, uno per il gioco da soli o per quello con mamma e papà, definito e concordato insieme, è contenitivo e rassicurante per i bambini, notoriamente abitudinari, e può preservare i genitori da richieste incessanti a tutte le ore. Ovviamente in questa routine, mi rivolgo in particolare alle mamme, ritagliate uno spazio anche per voi, è questa la terza parola chiave. Poter prendere delle “boccate d’aria” rispetto al proprio ruolo di genitori è fondamentale per dedicarvici poi con maggiore presenza.

 

 

Si va verso la cosiddetta “Fase 2” con progressiva riduzione dei limiti ai comportamenti ma con rinnovate regole da rispettare sul piano sociale e relazionale. Un’altra sfida da affrontare, specie per i piccoli.

Ebbene sì, poter uscire per qualche passeggiata e per fare visita a parenti e amici ci risolleva da una parte, ma apre nuove preoccupazioni dall’altra. L’obbligo della mascherina e del distanziamento sociale risulta gravoso per noi adulti, figuriamoci per un bambino. I genitori si trovano e si troveranno costretti a contenere piuttosto spesso la spontaneità dei bambini più fisici, che amano abbracciarsi e rincorrersi. Badiamo bene a fornire loro le giuste spiegazioni del perché dei nostri ammonimenti sulla questione, magari prima di uscire di casa in modo da poter essere più sereni, cercando di essere chiari sul fatto che non è l’altro ad essere pericoloso ma questo virus che si diverte a saltellare da mani a mani. Insomma, occupiamoci di contenere i contagi ma facciamo anche attenzione a non trasferire eccessiva ansia e preoccupazione ai bambini rispetto al mondo esterno: prima o poi dovranno tornare ad abitarlo pienamente.

Exit mobile version