A Scuola non ci vado! Il convegno sulla fobia scolare

A Sorrento Sala Consiliare aperta alla scuola e ai suoi problemi il 17 ottobre col Convegno “A scuola non ci vado! Percorso di adattamento alla vita scolastica”, con la partecipazione di esperti, docenti, studenti e genitori per sviscerare e trovare soluzioni alle difficoltà dei bambini nel percorso di adattamento alla vita scolastica. L’evento, organizzato dall’Inter Wheel Club di Sorrento, presieduto dalla dottoressa Anna Ruocco Coppola e dalla Fidapa -BPW Italy sezione Penisola Sorrentina, presieduta dalla professoressa Maria Giovanna Maglio, e patrocinato dal comune di Sorrento, ha visto gli interventi del pediatra- adolescentologo Carlo Alfaro sul tema “Fobia scolare…e non solo”, della psicologa e psicoterapista esperta in Disturbi Specifici dell’Apprendimento Valentina Russso, col tema “Niente paura…è solo dislessia”, della dirigente scolastica dell’IC Sorrento e del Liceo Artistico Musicale Grandi, Daniela Danaro, con “E ora la parola alla scuola”. A conclusione del convegno, l’emozionante proiezione del Book trailer “L’ultimo faro” realizzato dagli alunni dell’IC Sorrento.
Ma cos’è la fobia scolare, da cosa dipende, cosa comporta e come affrontarla?
La scuola rappresenta per i bambini sede privilegiata di formazione personale, in quanto fonte di stimoli e apprendimenti, luogo di sperimentazione di esperienze e abilità, sito di costruzione di legami al di fuori del contesto familiare. Può tuttavia essere per alcuni bambini causa di malessere, disagio, angoscia. Si definisce fobia scolare un disturbo in cui paura e ansia irrazionali e immotivate di andare e restare a scuola raggiungono un livello tale da diventare pervasive, invalidanti, non controllabili e impedire una regolare frequenza scolastica, con sequele a breve e lungo termine sul benessere del bambino e sull’equilibrio familiare. La paura o il rifiuto della scuola non vanno confusi col capriccio per non andare a scuola e trascorrere del tempo con la mamma a casa, ma configurano un disturbo vero e proprio quando il funzionamento scolastico e sociale del bambino ne viene compromesso. Il bambino può manifestare i sintomi di rifiuto scolare in modo graduale, a seguito di un periodo più o meno lungo di difficoltà a frequentare la scuola, con assenze frequenti e prolungate, oppure l’inizio del disturbo può essere brusco, da un giorno all’altro, magari dopo un periodo di vacanza, una malattia prolungata, il fine settimana, eventi stressanti, con rifiuto ostinato e aggressivo, anche se in precedenza il piccolo aveva mostrato interesse verso la scuola, ottimi risultati e buon rapporto con compagni e docenti. La sintomatologia esordisce di solito all’inizio dell’anno scolastico, ma è possibile anche durante l’arco dell’anno. Inoltre, il ragazzo può proprio rifiutare di andare a scuola, o può recarsi in classe e poi, dopo poche ore, chiedere di tornare a casa insistentemente, sostenendo di non stare bene o manifestando pianto inconsolabile o comportamento aggressivo. Il bambino che soffre di fobia scolare può riuscire a mantenere gli impegni extra-scolastici (es. sportivi) e non manifestare difficoltà a stare con gli amici, o al contrario può tendere a isolarsi, chiudersi in casa e non voler vedere nessuno. Il comportamento- tipo è: la mattina il piccolo tende ad alzarsi tardi, si muove lentamente in ogni attività come vestirsi, lavarsi e fare colazione, cercando in tutti i modi di ritardare il momento di lasciare la casa e la famiglia; poi ha forti reazioni di ansia nel momento in cui esce da casa o giunge davanti alla scuola o entra in classe, con crisi di panico, pianti, collera, disperazione, proteste, suppliche ai genitori con la promessa di recarsi a scuola l’indomani, isolamento durante la permanenza a scuola, fuga per tornare a casa che rappresenta l’unico luogo in cui si sente protetto. Si possono associare: ritiro sociale; comportamenti aggressivi, violenti, iperattivi in classe; tristezza; sintomi somatici: vertigini, cefalea, tachicardia e palpitazioni, dolori al torace e alle spalle, dolori addominali, dolori agli arti superiori e inferiori, nausea e vomito, diarrea, balbuzie, fatica ad addormentarsi, insonnia e incubi, tremori, sudorazione, persino febbre o asma, enuresi, encopresi, anoressia, astenia), regressione infantile, sintomi da conversione isterica (sordità, paralisi diffuse, tic), attività immaginativa fatta di fantasmi, mostri e persone cattive. Il livello di angoscia può essere elevato fin dalla sera prima e il bambino può riposare male, il sonno può essere disturbato da incubi o risvegli nel pieno della notte (talvolta con enuresi). Nella maggior parte dei casi, se il bambino rimane a casa assentandosi da scuola, i sintomi scompaiono o si attenuano, per poi ricomparire la mattina successiva. I sintomi tendono parimenti a scomparire nel fine settimana e nelle vacanze. Dato che la fobia scolare è fondamentalmente un disturbo ansioso, si possono associare altre forme di ansia e fobie: ansia da separazione (può essere la causa del rifiuto della scuola), ansia generalizzata, fobia sociale (la fobia scolare potrebbe esserne considerata una forma precoce; nella fobia sociale, il soggetto teme ed evita attivamente tutte le situazioni relazionali in cui potrebbe mostrarsi inadeguato ed essere esposto al giudizio negativo degli altri; obiettivo è salvaguardare la propria immagine, percepita in pericolo; l’emozione temuta sopra ogni altra è la vergogna), fobie specifiche, attacchi di panico (possono essere il modo in cui la fobia scolare si manifesta), disturbo post traumatico da stress (la fobia scolare può essere conseguenza di un trauma vissuto tra i banchi: violenza da parte dei compagni, litigi, derisione, minacce, brutti voti, rimproveri e voce alta delle maestre, eccessivo caos e rumore, ecc.). In casi più gravi, la fobia scolare può associarsi o evolvere in: depressione (la fobia scolastica può esserne la manifestazione), disturbo della condotta, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo narcisistico di personalità (accade ai bambini che presentano un’idealizzazione del Sé, pretendono alti rendimenti e ambiscono ad essere speciali e ad essere sempre “i primi”, pensando che se non saranno sempre “perfetti” non hanno alcun valore), fino alla schizofrenia. Altre associazioni trovate sono con Deficit di attenzione-iperattività, Disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia), deficit del linguaggio o della funzione motoria: tutti disturbi che, a causa del senso di inadeguatezza, possono causare perdita di autostima, ansia da prestazione e depressione, che predispongono a rifiuto e abbandono scolastico. Le conseguenze della fobia scolare possono essere, nel breve termine: forte stress; alterazione dello sviluppo emotivo, con danneggiamento dell’autostima e dell’autoefficacia e interruzione del processo di crescita personale e di differenziazione- emancipazione dalla famiglia; compromissione del rendimento scolastico, con riduzione delle acquisizioni e degli apprendimenti; conflitti nell’ambito della famiglia; difficoltà nelle relazioni con i coetanei, fino all’alienazione sociale. Nel lungo termine, si possono verificare: abbandono scolastico e problemi connessi alla mancanza di occupazione lavorativa; condotte a rischio quali abuso di sostanze e comportamenti delinquenziali; isolamento in casa (fobia sociale); disturbi d’ansia e isterie di angoscia; stati depressivi; psicosi con dissociazioni e deliri persecutori. L’incidenza del disturbo è stimata intorno all’1-5% dei ragazzi in età scolare. Non ci sono differenze di appartenenza socio-economica. A maggior rischio alcune delicate fasi di passaggio, quali l’inserimento nella scuola elementare (5-6 anni), il passaggio alle scuole medie (10-11 anni) o l’entrata alle superiori (13-14 anni). Ogni cambiamento di fascia scolare comporta infatti nuove aspettative e responsabilità (nuovi insegnanti, nuovi compagni, nuovo metro di giudizio, nuovi edifici, ecc.). In questi passaggi gli studenti possono provare insicurezza, senso di inadeguatezza, sfiducia nelle proprie capacità di inserimento sociale e di riuscita nello studio che appare più difficile e impegnativo rispetto agli anni precedenti. Maggiore è l’età nella quale si presenta la fobia scolare, più gravi sono le problematiche psicologiche che sottende: se la paura di andare a scuola può essere solo un segno di immaturità nel bambino di 3-4 anni, la stessa può essere segnale di un’importante sofferenza psicologica in un ragazzo o adolescente. Secondo le statistiche, la fobia della scuola colpisce soprattutto i maschi e più spesso figli unici, primogeniti o prediletti. Può coinvolgere tutti gli scolari, anche quelli con buoni risultati di profitto. La fobia scolare sembra infatti spesso immotivata in quanto si tratta, nella maggior parte dei casi, di ragazzi intelligenti e studiosi con buona resa scolastica, ed è spesso accompagnata da attività di studio elevati a casa: ulteriore dimostrazione di quanto il problema non sia da attribuire allo scarso interesse o allo scarso impegno. Le cause vanno ricercate nell’intersecarsi di fattori biologici (studi sulle famiglie e sui gemelli ipotizzano una vulnerabilità biologica di base per lo sviluppo di problemi emotivi, probabilmente connessa a labilità di sistemi neurotrasmettitoriali implicati nell’elaborazione di paura e ansia, come l’area dell’amigdala) e ambientali: presenza di fattori predisponenti o scatenanti. Il rifiuto scolare si presenta infatti spesso a seguito di eventi stressanti, quali: nascita di fratellino o sorellina (per un bambino che soffre di intensa gelosia può essere molto penoso lasciare in casa con i genitori i fratellini più piccoli); ingresso in un nuovo ciclo scolastico; rientro a scuola dopo una lunga interruzione (per esempio vacanza prolungata, come la pausa estiva o natalizia, malattie, cause familiari); trasloco; cambiamento di lavoro di un genitore; problemi di lavoro o economici in casa; vissuto di malattia (a ciò si collega il timore di non essere soccorso: molti bambini hanno paura delle malattie e/o della morte, e questa paura viene accentuata dalla assenza dei genitori che, ai loro occhi, sono i soli che possono soccorrerli e salvarli in caso di importante malessere); morte di una persona cara o dell’animale di casa; separazione dei genitori; allontanamento o malattia di un genitore (il bambino può avere fantasie che un genitore possa partire e non tornare più o morire mentre lui è a scuola); relazioni conflittuali in casa, esempio crisi coniugale, violenza domestica, ambivalenza e messaggi contraddittori nel comportamento dei genitori (da cui il bisogno di restare a casa per controllare la situazione); problemi o difficoltà nell’integrazione, nella socializzazione e nella comunicazione e relazione con i coetanei e gli insegnanti, a seguito di eventi negativi realmente vissuti (episodi di bullismo, litigi con un insegnante) o immaginati (convinzione di non piacere, di non essere all’altezza, di essere preso di mira); rimproveri e giudizi negativi da parte degli insegnanti (che creano una forte ansia da prestazione e paura del fallimento scolastico nel momento in cui assumono agli occhi degli allievi il ruolo di giudici severi del loro operato). Il meccanismo vizioso della fobia scolare consiste nel fatto che attraverso i comportamenti di evitamento e fuga si ottiene una riduzione dell’ansia, ma il rinforzo positivo che il bambino riceve nello stare a casa rende sempre più difficile affrontare la scuola. Il meccanismo si instaura in quanto l’ingresso nella scuola costringe il bambino a confrontarsi con ambienti, persone e situazioni notevolmente diversi e molto più complessi di quelli presenti in casa e famiglia. L’adattamento a questi cambiamenti richiede la messa in atto di specifiche abilità: bisogna ascoltare quanto spiegato, bisogna disegnare, scrivere, leggere, imparare e poi riferire quanto studiato, esercitare un notevole autocontrollo es. non si esce dalla classe e non si va in bagno quando si vuole, non ci si alza dal banco senza l’autorizzazione dell’insegnante, non si gioca quando bisogna studiare, non si parla con gli altri compagni quando è in atto la lezione; inoltre, il contesto scolastico giudica e valuta ogni comportamento e prestazione. Questa realtà, per sua natura difficile, può diventare angosciosa quando il bambino presenta delle sue proprie criticità che gli rendono insopportabile il carico dell’adattamento.
Sono quattro le principali ragioni per cui i bambini possono rifiutare la scuola, che identificano altrettanti profili funzionali, che è importante identificare ai fini dell’intervento:
1) Bambini che evitano oggetti o situazioni che provocano ansia.
In questa tipologia rientrano tutte le condizioni legate alla scuola che possono generare ansia, e che il bambino tende ad evitare, ad esempio: la paura di separazione dai genitori, il timore di non ritrovare la strada di casa, ansie legate al tragitto fino a scuola, timore delle urla e dei rimproveri della maestra. Queste tipologie di ansia si manifestano soprattutto in tenera età, nei primi anni di scuola materna o elementare, quando la scuola può spaventare perché è un ambiente nuovo e ancora sconosciuto; tuttavia non è escluso che si manifestino anche in momenti successivi della crescita. La fobia scolastica associata all’ansia di separazione è una delle forme più comuni: l’entrata a scuola rappresenta il primo vero e proprio distacco dalla famiglia. Il 75% dei bambini che rifiutano la scuola avevano madri che a loro volta, nel periodo infantile, avevano rifiutato la scuola. E’ probabile che la madre trasmetta ansia al bambino rafforzando in lui il comportamento evitante e dipendente, per cui il rifiuto di andare a scuola rientrerebbe nel Disturbo d’ansia di separazione determinato dal distacco dalla madre. L’ansia e l’iperprotettività materna tendono a favorire nel bambino uno schema di sé fragile, insicuro e bisognoso di protezione, che mina il processo di separazione-individuazione del figlio legandolo ad una forma di rapporto dipendente che non stimola lo sviluppo di un’autostima adeguata. La reazione iperemotiva del bambino al distacco può essere in questi casi un riflesso del disagio della madre che teme l’allontanamento dal figlio, per la possibilità che gli succeda qualcosa di male e per l’angoscia di perdita che sente nel separarsi da lui. Spesso il padre in questi casi è poco presente e scarsamente rassicurante, lasciando il bambino privo di un modello di riferimento stabile. L’angoscia di separazione di per sè non è da considerarsi patologica: il distacco è un’esperienza fondamentale per lo sviluppo, e il raggiungimento dell’autonomia non può realizzarsi senza l’abbandono che è pertanto una condizione necessaria, ma diventa fobia se rappresenta un ostacolo nel riuscire a frequentare la scuola e persiste nel tempo. A volte i bambini di questa categoria di fobia scolare manifestano un’ansia generalizzata che va oltre la scuola e permea tutta la loro quotidianità.
2) Bambini che non vanno a scuola per fuggire da situazioni sociali avverse o situazioni di valutazione. In questa categoria di bambini la paura nasce da due tipi di condizioni:
A) Situazioni scolastiche dove possa avvenire di riscuotere insuccesso ed essere derisi, avere un rendimento scolastico al di sotto delle attese, ricevere un giudizio negativo, non sentirsi capaci di un compito richiesto, esempio i timori legati alle interrogazioni e alle prestazioni scolastiche che in qualche modo presentano una condizione di giudizio (anche gare sportive scolastiche e le recite). In questa categoria rientrano a sua volta due categorie di bambini:
– quelli che genitori spingono a primeggiare esigendo risultati elevati, il che comporta lo sviluppo di un “perfezionismo indotto”, con una rigidità verso se stessi che impedisce loro di perdonarsi anche piccoli insuccessi, favorendo la strutturazione di una personalità focalizzata su risultati, per cui il meccanismo scolastico, basato su regole, verifiche e confronti, li espone a una costante frustrazione delle proprie aspettative, una ripetuta ferita narcisistica che li porta a una costante svalutazione del Sé;
– quelli abituati a casa a uno stile educativo lassista, tollerante e poco autorevole, senza norme e limiti non negoziabili, regole e rimproveri, che inevitabilmente invece vengono dettati nell’ambito scolastico, dove degli adulti che rappresentano l’autorità si aspettano determinati comportamenti (fare i compiti, stare attenti, rimanere seduti, rispetto degli orari), e dai quali, non accettando il loro ruolo, si sentono ingiustamente presi di mira o malvoluti.
B) Situazioni relative alle difficoltà di relazionarsi con i compagni, che includono la paura di essere rifiutato, escluso dal gruppo, preso in giro, maltrattato.
Questa tipologia di fobia scolare interessa di solito bambini più grandi di quella precedente. Può trattarsi di esperienze negative vissute realmente, o interpretate come tali, oppure immaginate.
3) Bambini che rifiutano la scuola per ottenere attenzione dalle figure significative.
In questo caso i bambini utilizzano il rifiuto della frequentazione della scuola, di fare i compiti, di andare a letto presto, ecc. per attirare l’attenzione dei genitori. Le proteste, i comportamenti problematici e le somatizzazioni hanno lo scopo di tenere vicino le figure di attaccamento e ricevere protezione.
4) Bambini che cercano di ottenere rinforzi e ricompense positive fuori dalla scuola.
In tali casi, il rifiuto della scuola è mirato alla ricerca di altre gratificazioni extrascolastiche, attraverso attività alternative per loro più stimolanti e divertenti, come stare su internet, praticare sport, dormire, fare shopping, incontrare gli amici, fare abuso di sostanze o gioco d’azzardo, videogames. E’ frequente negli adolescenti o dopo pause in cui probabilmente il bambino ha avuto modo di sperimentare attività extrascolastiche più gratificanti. La fobia scolare tuttavia si discosta e si differenzia dal fenomeno dell’assenza ingiustificata, comportamento in cui nel bambino/ragazzo è assente la paura di frequentare la scuola e inoltre sono spesso associati comportamenti antisociali e mancanza di rispetto per regole, autorità e disciplina.
In conclusione, genitori, insegnanti ed educatori devono cogliere i primi segnali di difficoltà scolastica del ragazzo e non confonderli con scarsa volontà e impegno. La terapia cognitiva-comportamentale si è dimostrata molto efficace come per tutti i disturbi di ansia. E’ necessario un lavoro di rete tra insegnanti- famiglia e psicoterapeuta con la messa in campo di una strategia comune con obiettivi condivisi. Il processo terapeutico è finalizzato a creare una buona alleanza di lavoro, ridurre la sintomatologia ansiosa, contrastare l’evitamento scolastico, consolidare l’autostima, la spinta alla separazione e l’aumento delle capacità metacognitive, incentivare nel paziente la capacità di problem solving trovando alternative migliori del semplice non andare a scuola, migliorare la gestione della conflittualità familiare.

Carlo Alfaro