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Alcune settimane fa abbiamo dedicato qualche riga all’esperienza della gravidanza ed al vissuto chela donna sperimenta quando scopre di avere dentro una nuova vita. Oggi intendiamo soffermarci suquanto accade in termini emotivi alla donna che vede il suo desiderio di essere madre infrangersi,andando ad impattare imprevedibilmente ed irrimediabilmente con l’esperienza di un abortospontaneo. Imprevedibilmente, perché per quanto ci si attenga ad uno stile di vita sano ed alleprescrizioni del proprio medico, la procreazione è qualcosa di così misterioso che sfugge allapossibilità di totale controllo. Irrimediabilmente, perché chi ci è passato, per quanto consapevolerazionalmente che si potrà ritentare e che, salvo problematiche che lo compromettano, prima o poiun figlio arriverà, emotivamente sente che questo figlio gli è stato strappato e che ne possonoarrivare altri ma non sarà questo, non si conoscerà mai il suo volto, e quando ciò accade nelle primesettimane non se ne saprà il sesso e di conseguenza non avrà un nome. La verità è che quando c’è ildesiderio di un figlio ci si sente madri dal primo momento in cui si scopre di essere in attesa.Intorno a quel puntino che si visualizza attraverso un’ ecografia cominciano a costruirsi progetti,sogni, fantasie. L’aborto spazza via tutto questo, costringendo la donna a confrontarsi con un vuotomentale più che fisico e che, in quanto tale, richiede un vero e proprio processo di elaborazione dellutto. Quello dell’aborto spontaneo è un evento meno raro di quanto sembrerebbe: si stima che il10-30% delle gravidanze terminerebbe con un aborto spontaneo e, mediamente, 17 volte su 100 sipresenta nelle prime settimane di gravidanza. I vissuti emotivi conseguenti possono variare dapersona a persona, così come i tempi di ripresa, tuttavia si rilevano alcune sensazioni molto comuni.La rottura inattesa del legame genitoriale che già si stava creando può generare sentimenti di vuoto,di sconcerto, di tristezza. Talvolta ci si difende da tali sensazioni manifestando agitazionepsicomotoria accompagnata dalla necessità di tenersi occupate pur di evitare che pensieri tristiaffiorino alla mente. Il bisogno di trovare una risposta alla domanda “Perché?” può generare latendenza a colpevolizzarsi, a pensare che se qualcosa è andato storto è perché non si è stati in gradodi proteggere quella vita. Possono comparire, associate all’umore basso, alterazioni dell’appetito odel ritmo sonno-veglia. I tempi di ripresa sono variabili sia in relazione alle risorse interne che ladonna possiede ma anche in relazione al supporto di cui può godere. E’ fondamentale ritagliare unospazio nella coppia per poterne parlare in maniera onesta ed esprimere il proprio dolore, senzaperdere di vista che per quanto sia la donna più colpita da questa esperienza anche il partner si trovaa dover ridefinire i propri progetti e a fronteggiare il senso di frustrazione rispetto al suo desideriodi paternità. Giocano un ruolo decisivo anche amici e familiari per il supporto affettivo che possonodare. In assenza di queste condizioni positive, o se esse non sono sufficienti per consentire laripresa, non bisogna escludere la possibilità di farsi aiutare da uno specialista in modo da poterelaborare il dolore della perdita e ricominciare a guardare con fiducia al futuro.Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa ad approccio umanistico e bioenergetico. Per info 3317669068Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043