Casa  di riposo “S. Maria del Lauro”. La svendita del patrimonio dell’ex-ospizio

 

“Il vecchietto dove lo metto?” Così recita una nota canzone di Domenico Modugno, le cui significative  parole dimostrano come non sempre sia facile trovare un’adeguata sistemazione per gli anziani, specialmente se rimasti soli. “Allora s’è rivolto ad un ospizio ma s’è sentito dire solo No!” – continua a cantare l’artista.

Sì, un tempo ad assistere gli anziani poveri provvedevano gli ospizi, generalmente fondati dai Comuni; poi, con l’evolversi del concetto di assistenza, questi sono per lo più stati trasformati in Case di Riposo e, quindi, in Case Albergo.

A Meta, in Piazza Salvatore Ruggiero, angolo via Cristoforo Colombo, troviamo la Casa Albergo “S. Maria del Lauro”, una struttura di proprietà comunale, gestita dalla cooperativa sociale “Camelot”, capace di accogliere circa trenta persone. La sede è nell’antico edificio, oggetto più volte di ristrutturazioni,  donato oltre cent’anni fa da Ercolano Giovanni con testamento del 29 maggio 1902. Il bel palazzo si compone di un piano terra con dieci vani e con un locale destinato alla Cappella, di un primo piano con undici vani, di un secondo piano con sei vani e di una soffitta.

L’Ospizio, fondato nel lontano 1894, venne eretto in Ente Morale con Regio Decreto del 19-1-1911ed ebbe dapprima sede in Vico Cacace n.2, poi in Vico Ruggiero n.3, prima del definitivo trasferimento nell’immobile in piazza Salvatore Ruggiero, subito dopo i lavori di ristrutturazioni resi possibili dal generoso contributo del comandante Gaspare Cacace. Nel 1990, a concorrere al mantenimento del ricovero intervennero il Comune per £.1350, il Monte Marinai Schiavi per £. 500, la Chiesa di S. Maria del Lauro e Arciconfraternita del SS. Crocifisso per £. 200 cadauno, la Congrega dell’Immacolata per £. 100,  la Società di Mutuo Soccorso per £. 100, la Provincia per £. 300; in tutto si raggiunse la cifra di £. 5000 grazie anche ai lasciti di alcuni cittadini per £.2000.

La gestione fu affidata alla Congregazione di Carità, quindi all’E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza); infine, nel 1981 questo Ente fu sciolto dalla Regione e beni e funzioni furono trasferiti al Comune.

All’Ospizio fu aggregato, successivamente alla nascita,  un orfanotrofio femminile con relativa scuola elementare aperta, previo il pagamento di una retta, anche alle ragazze esterne. L’assistenza agli anziani venne affidata alle Suore Francescane Alcantarine (restate fino al 22 marzo 1991) e leggendaria è rimasta l’opera svolta da suor Elisabetta Jacobucci (Trevi, 1858 – Meta, 1939) che si dedicò per tutta la sua vita alla questua pur di procurare il cibo ai ricoverati. Alla suora “santa” – come è raccontato nel libro pubblicato nel 1995 da don Adolfo L’Arco – sono stati attribuiti diversi prodigi, tant’è che nel 1963 venne aperto, presso l’arcidiocesi di Sorrento, il processo per la causa di beatificazione.

Dopo la partenza delle suore la gestione fu affidata prima alla Cooperativa “Oasi” e successivamente alla Cooperativa “Aldebaran”, poi trasformatasi in “Camelot”, la quale tuttora ha in gestione l’importante struttura.

Numerosi, e a volte consistenti, furono i lasciti fatti all’Ospizio da munifici cittadini di Meta: senz’altro meritano di essere ricordate per la loro importanza le seguenti donazioni fatte da ex-amministratori.

Salvatore Ruggiero, sindaco per ben diciotto anni, con testamento pubblico ricevuto dal notaio Clemente Cafiero l’8 giugno 1909, lasciò tutti i suoi beni all’Ospizio e all’Asilo Infantile. A seguito del ricorso al Tribunale da parte dei nipoti, la Corte di Appello dispose che un collegio medico avrebbe dovuto accertare se il Ruggiero “era sano di mente”, al momento di testare. I contendenti decisero però di porre termine alla lite e di procedere alla divisione del patrimonio in due parti uguali: una per i nipoti e l’altra per l’Ospizio e l’Asilo Infantile. All’Ospizio venne successivamente assegnato il palazzo sito in Vico Ruggiero n. 3, composto di un piano terra e due piani superiori, con Cappella e piccolo appezzamento di terreno di circa 400 mq.

Anche il sindaco Clemente Cafiero dispose con testamento olografo del 28 maggio 1909 dei suoi beni (casa di abitazione e fondo rustico) siti in Vico I Scarpati 10 a favore dell’Ospizio. (Il valore attuale dei beni di Salvatore Ruggiero Ruggiero e di Clemente Cafiero si aggira – se non erro – intorno ai 5 milioni di euro).

Infine, Scarpati Biagio, Presidente della Congregazione di Carità per diversi anni, lasciò all’Ospizio la casa con giardino sita in via Vocale n. 8 che si componeva di cinque vani al piano terra e di quattro vani al primo piano con un piccolo agrumeto. Il fabbricato – ridotto in cattivo stato – fu venduto nel 1965 dall’ECA per la somma di otto milioni di lire.

Purtroppo il Comune, che è subentrato nella proprietà di questi immobili, non sempre ha operato una gestione oculata ed efficiente e, anzi, già da qualche anno, l’Amministrazione comunale sembra decisamente orientata alla svendita di un siffatto patrimonio, noncurante della sua provenienza.

Così, con determina n. 661 del 30-12-2015 si è proceduto alla vendita di alcuni beni del complesso immobiliare di Vico Scarpati stimati in € 1.140.000, ma scontati del 30% per diritto di prelazione. A nulla è valsa l’interrogazione in data 12-1-2016 dei consiglieri di opposizione Antonella Viggiano, Laura Attardi e Maria Laura Gargiulo che hanno evidenziato “come la vendita degli immobili di Vico Scarpati procuri un serio danno alla collettività, a vantaggio di privati cittadini, essendo la prima privata di un bene di importanza storica, donato ai metesi per scopi sociali dal filantropo Clemente Cafiero”.

Scopi sociali che vengono del tutto disattesi dall’attuale amministrazione comunale in carica orientata – come rilevano i consiglieri di opposizione della lista “Meta Comune” –  “ad una massiccia svendita del patrimonio immobiliare, non motivata da alcuna previsione di investimenti significativi a vantaggio della collettività”.

Lauro Gargiulo

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