Compiti a casa. Quando diventano un incubo per bambini… e genitori.

Sulla questione compiti a casa si è acceso da tempo un grosso dibattito che vede scontrarsi anche posizioni più radicali come quella di chi ne ritiene opportuna l’abolizione. Cerchiamo di entrare nel merito del discorso partendo dalla considerazione della funzione dei compiti a casa, che dovrebbe essere quella di fornire allo studente un momento di elaborazione personale e di consolidamento di quanto assimilato in classe. Assimilazione ed elaborazione costituiscono le due fasi dei processi di apprendimento, entrambe necessarie per garantirne l’efficacia secondo recenti ricerche in ambito cognitivo. Un assetto scolastico eccessivamente incentrato su lezioni frontali rischia di delegare totalmente al contesto casa questo secondo delicato momento che dovrebbe invece trovare spazio anche nel luogo per eccellenza preposto all’apprendimento, dedicando tempo a discussioni di gruppo e attività di cooperative learning. Inoltre, i compiti a casa sono utili alla crescita del bambino nella misura in cui lo aiutano a sviluppare senso del dovere, nonché maggiore autonomia e capacità di organizzazione. Dunque forse la questione va posta più che nei termini “compiti sì o compiti no” in senso quantitativo, prestando attenzione a fare in modo che la mole di compiti sia sufficiente a garantire i processi sopra descritti senza però risultare eccessiva al punto da sacrificare altri spazi di vita di bambini e ragazzi, rischiando inoltre di demotivarli. I compiti a casa possono divenire un vero e proprio incubo quando entriamo nel campo delle difficoltà dell’apprendimento, siano esse specifiche o piuttosto conseguenti a problematiche da parte dell’alunno nel mantenere l’attenzione e la concentrazione sul compito. In questo senso la resistenza del bambino di fronte ai compiti può costituire un campanello d’allarme che va preso in considerazione per indagare sulla eventuale presenza di disagi sottostanti.

Chiudiamo con qualche suggerimento utile per gestire al meglio la questione. Innanzitutto ai compiti deve essere dedicato un tempo che sia definito per il bambino; che sia il primo pomeriggio o il sabato mattina una chiara organizzazione è necessaria affinché egli impari un po’ alla volta ad autoregolarsi. Anche lo spazio per i compiti deve essere ben pensato, in modo da limitare al minimo elementi di disturbo; è inevitabile altrimenti che l’occhio del bambino si sposti dai quaderni al televisore acceso o al fratellino che gioca. Fondamentale incoraggiare il bambino a sentire di potercela fare, sostenendolo quando ha bisogno di aiuto e, nelle prime fasi, controllando che abbia fatto tutti i compiti per poi lasciare con il tempo maggiori spazi di autonomia. Lo scopo non deve essere sgamare e rimproverare ma sostenere ed incoraggiare. Ricordiamolo, i bambini vanno a scuola per imparare, è dunque inevitabile che possano anche fare degli errori. Riconosciamo loro il diritto a sbagliare e provare a rimedio!

 

Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa ad approccio umanistico e bioenergetico. Per info 331 7669068

Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043

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