Fin dal concepimento è possibile evitare fattori di rischio che predisporranno, in età adulta, a ipertensione e malattie renali, patologie tra le più frequenti cause di morte e disabilità. E’ questo uno dei tanti temi che si stanno sviluppando nel corso del XXII Congresso nazionale Fadoi, la federazione dei dirigenti ospedalieri internisti, che si concluderà domani all’hotel Hilton di Sorrento. Al centro del dibattito, un articolo pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica “Lancet”, che, grazie alle osservazione di un gruppo di studio internazionale multidisciplinare di esperti provenienti da 9 Paesi tra cui gli italiani Giuseppe Remuzzi (Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Bergamo) e Dario Manfellotto (Ospedale Fatebenefratelli-Isola Tiberina, Roma), ha evidenziato come geni ereditati al momento del concepimento, alimentazione in utero, esposizione a fattori inquinanti, farmaci e infezioni in gravidanza e stato di salute della madre siano fattori determinanti di rischio per sviluppare ipertensione e malattie renali in età adulta.
“È la prima volta – afferma Remuzzi, coordinatore delle ricerche dell’Istituto Mario Negri di Bergamo – che nefrologi pediatrici e dell’adulto, ostetrici, ginecologi e neonatologi di fama internazionale condividono la necessità di porre all’attenzione della comunità scientifica questi fattori di rischio. Geni ereditati al concepimento possono essere un fattore importante che contribuisce allo sviluppo di malattie renali dell’adulto. Un’altra influenza rilevante è data dalla vita fetale durante la gravidanza. La qualità e la quantità di nutrienti che il feto riceve nel grembo materno, l’esposizione a inquinanti, farmaci e infezioni durante la gravidanza, e la salute della mamma in gravidanza sono fattori che influenzano in modo determinante lo sviluppo delle unità elementari funzionali (i medici le chiamano nefroni) che costituiscono i reni. In condizioni di gravidanza normale – conclude Remuzzi – il neonato nasce con circa 1 milione di nefroni. Non se ne formano altri durante tutta la vita. Se il neonato nasce con un basso peso (meno di 2.5 kg), o è piccolo in rapporto alla sua età gestazionale, è molto probabile che anche i reni siano meno sviluppati e contengano un numero inferiore di nefroni rispetto alla norma. Il ridotto numero di nefroni alla nascita aumenta la suscettibilità alle malattie renali nel bambino e nell’adulto, in quanto i reni hanno una minor capacità di compensare eventuali danni di tipo tossico o di altra natura che si verificano nel corso della vita”.
“Come si raccomanda nell’articolo di Lancet – aggiunge Dario Manfellotto, direttore di Medicina Interna dell’Ospedale Fatebenefratelli-Isola Tiberina e Presidente Eletto FADOI – è importante che i futuri genitori adottino i giusti comportamenti sin dalle prime fasi del concepimento per lo sviluppo del feto. L’alimentazione è fondamentale. Quando non è corretta o non equilibrata, o se la mamma fuma o abusa di alcool in gravidanza, si può compromettere lo sviluppo del feto e concorrere alla nascita prematura o sottopeso del bambino”.
Focalizzati quindi i fattori di rischio, il gruppo di lavoro ha anche messo a punto “le buone pratiche” in chiave di prevenzione. È importante favorire l’allattamento al seno nei primi sei mesi di vita del neonato, controllare la pressione arteriosa e l’esame delle urine fin da piccoli per cogliere con tempestività i segnali di un funzionamento non ottimale dei reni, ridurre l’uso dei farmaci potenzialmente tossici, i bambini nati sottopeso dovranno anche essere incoraggiati a sottoporsi a visite mediche periodiche durante l’età scolare e successivamente nell’età adulta, adottando in ogni caso corretti stili di vita. Seguire queste raccomandazioni durante la gravidanza e nel periodo neonatale si tradurrà in importanti benefici a lungo termine sia sullo stato di salute che in termini di risparmio dei costi enormi che il sistema sanitario dei vari paesi sostiene per far fronte alla cura dell’ipertensione e delle malattie renali, tra le principali cause di morte e disabilità.