Il ritorno tra i banchi di scuola: vale la pena correre questo rischio proprio ora che i nostri ragazzi si stavano abituando alla Didattica a Distanza?
Partiamo da questo presupposto: la DAD può essere considerata una risorsa importante che ha consentito a bambini e ragazzi di portare avanti il proprio percorso di istruzione, ma la scuola è molto di più del luogo deputato alla trasmissione dei saperi: è il contesto in cui si fanno esperienze affettive e relazionali fondamentali per lo sviluppo della persona. Tenere le scuole chiuse significa dover riconoscere la grande perdita a cui, sotto questo profilo, vengono esposti i ragazzi. Riaprire le scuole non è stata certamente una decisione presa a cuor leggero da chi di dovere: c’è consapevolezza del maggiore rischio a cui vengono esposti bambini, ragazzi, personale scolastico e, di riflesso, tutte le persone che vi hanno a che fare; ma se la salute è su un piatto della bilancia, sull’altro vi è qualcosa di comunque molto importante per la nostra società.
Da un punto di vista strettamente didattico, la DAD è riuscita a compensare quella in presenza?
Per una risposta più puntuale, la domanda andrebbe posta agli insegnanti, che hanno dovuto fare un grande lavoro per adattare i contenuti delle loro materie a nuovi strumenti. Sicuramente ci sono materie più facili da trasmettere “da remoto” rispetto ad altre che richiedono un approccio più pratico, così come ci sono insegnanti più predisposti a tali modalità tecnologiche rispetto a chi magari ha consolidato tutta la propria carriera su una didattica più tradizionale. Inoltre non è da trascurare il fattore età degli studenti: i ragazzi più grandi sono già abituati ad una maggiore autonomia nello studio rispetto ai bambini più piccoli, soprattutto quelli alle prese con i primi passi del loro processo di istruzione. Più sono piccoli, insomma, e più l’apprendimento passa prima di tutto attraverso la relazione. E’ quest’ultima una grande vittima della pandemia attuale.
A proposito di relazione, ritrovandosi a casa tutti i giorni, bambini e ragazzi hanno potuto però beneficiare di maggiore tempo con le proprie famiglie. Questo non ha potuto in parte compensare la riduzione di altre forme di relazione?
Appunto, si tratta di diverse forme di relazione, e in quanto tali non sono da considerarsi l’una il sostituto dell’altra. Sicuramente tante famiglie si sono ritrovate a godere di una maggiore condivisione e la più fitta convivenza ha costituito un’opportunità per loro. Ma in tanti casi abbiamo osservato invece una “rottura” di equilibri precedentemente costruiti: genitori che si sono ritrovati, con fatica, a dover colmare le difficoltà dei figli che hanno arrancato nello stare dietro alla didattica a distanza, figli sopraffatti da un eccesso di presenza dei genitori, reclusi in casa senza sentire di avere una via di scampo per potersi sottrarre. Teniamo inoltre conto che, in contemporanea, molti genitori si sono ritrovati a lavorare da casa: tutti in connessione digitale con il mondo insomma, spesso con una serie di conseguenti difficoltà organizzative. Non sempre una maggiore quantità di tempo trascorso insieme si traduce in un tempo di qualità, anzi: la convivenza forzata e condivisione eccessiva di tempi e spazi ha in molti casi generato o amplificato conflitti e tensioni.
Nel vostro lavoro incontrate bambini e ragazzi; ma loro sono contenti del ritorno a scuola?
Ad onore del vero, l’idea del ritorno a scuola non è che sia stata pienamente gradita da tutti i bambini. Ma, d’altra parte, anche molti adulti faticherebbero ad accettare il ritorno a vecchie abitudini: la sveglia presto, doversi preparare per uscire di casa, stare ore fuori, per giunta dovendo osservare tutta una serie di restrizioni, oltre ad indossare una fastidiosissima mascherina. Non tralasciamo, inoltre, che anche bambini e ragazzi possono avere delle preoccupazioni in merito al contagio, anche se magari le esprimono meno di noi adulti. Di fatto però, una volta concretizzato il ritorno a scuola, tanti di loro ne hanno riconosciuto e apprezzato i lati positivi: rivedere i compagni e i docenti e tornare ad intrattenere relazioni, per quanto con le dovute distanze, perlomeno in “carne ed ossa”.
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