Fibromialgia. Un approccio multidisciplinare per far fronte al dolore cronico

 

La fibromialgia è stata definita dall’American College of Rheumatology come “una condizione di dolore cronico diffuso con caratteristici “tender points” (punti dolenti alla pressione) all’esame fisico, spesso associata con una varietà di sintomi o disfunzioni quali la fatica, i disturbi del sonno, la cefalea, la sindrome del colon irritabile e i disturbi dell’umore”. Poterla diagnosticare è abbastanza difficile, generalmente ci si affida al dato quantitativo: dolore alla pressione di almeno 11 dei 18 tender points, associata al diffuso malessere a livello muscolo-scheletrico, è il criterio distintivo della diagnosi della sindrome fibromialgica. Generalmente si riscontra in pazienti che alla domanda “cosa ti fa male” rispondono “faccio prima a dirti cosa non mi fa male”. Diagnosticarla, così come curarla, è veramente complesso se si usa solo la lente del reumatologo o viceversa solo quella dello psicologo. Questo accade per la complessità della patologia che è caratterizzata da dolore cronico diffuso, presente da almeno 3 mesi, tipicamente riferito a livello muscolare, accentuato dal freddo, da eventi stressanti, periodi di inattività o dal sovraccarico funzionale. Inoltre il 50-60% dei pazienti con fibromialgia presenta almeno un episodio di depressione maggiore nel corso della vita – numerosi gli studi che dimostrano la correlazione tra malattie croniche e disturbi dell’umore ma quella tra depressione e fibromialgia è particolarmente rilevante (Kassan et al, 2006)-, è facile che dall’anamnesi si rilevino parenti di primo grado con disturbi dell’umore e vengano riferite esperienze traumatiche nella storia di vita più frequentemente rispetto a soggetti di controllo.  Fino a qualche tempo fa questi pazienti venivano definiti “ipocondriaci”, rimbalzando da medico a medico e presi con poco interesse dagli stessi parenti, per tanto, la diagnosi di fibromialgia viene accolta con un certo sollievo: “mi sento meglio adesso che so che non mi stavo inventando tutto”. Il trattamento per eccellenza della sindrome fibromialgica è l’approccio multidisciplinare, volto a ridurre il dolore, i disturbi del sonno e le altre manifestazioni a carico della sfera affettiva con l’intento di migliorare la qualità della vita gravemente compromessa nella quasi totalità dei pazienti fibromialgici. Dal punto di vista psicologico è importante sottolineare che, in molti casi ciò che si riscontra è una certa confusione somato-psichica che rende ancora più complessa la diagnosi. Esiste una scala, creata ad hoc, utile per valutare “la tendenza a vivere le emozioni prevalentemente come stimoli fisici, senza organizzarle in una gestalt che le configuri come fenomeni dotati di una tonalità affettiva.” (Scognamiglio, 2008, pag. 122). O viceversa “una tachicardia suscitata da vissuti emotivi non verbalizzabili, potrebbe essere così confusa per un semplice fenomeno cardiovascolare, scatenando a sua volta un attacco di panico, che può rapidamente innescare circoli viziosi di carattere iatrogeno, se non riconosciuta nella sua complessità narrativa” (Scognamiglio, 2008, pag. 122).

 

Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa ad approccio umanistico e bioenergetico.

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Dott.ssa Anna Romano, psicologa esperta in età evolutiva. Per info 349 6538043

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