Da oggi, e per le prossime settimane, dedicheremo gli articoli di questa rubrica al ciclo di vita
dell’individuo, soffermandoci di volta in volta su una specifica fase o tappa significativa. Tutto ha
inizio con la venuta al mondo, ma che questa coincida con il momento del concepimento o con la
nascita vera e propria è stato oggetto di dibattito su molti fronti. Molte ricerche hanno nel tempo
dimostrato che il grembo materno, lungi dal costituire uno spazio privo di stimoli, rappresenta
invece il primo luogo di apprendimento dell’uomo. La psicologia ha cominciato ad occuparsi della
questione portando alla definizione di una specifica branca disciplinare, la psicologia prenatale, che
studia lo sviluppo delle capacità comunicative, relazionali e psicofisiologiche dell’essere umano
prima ancora della nascita. L’assunto di base è che il feto sia in grado di ricevere e rispondere a
determinati stimoli sensoriali, come la moderna tecnologia medica consente di rilevare mediante
studi e ricerche molto interessanti. Egli possiede già dunque una sua vita psichica strettamente
correlata, ovviamente, alla madre ed all’ambiente di vita di quest’ultima. Ad un livello più che altro
corporeo e poco consapevole, durante la gestazione si intessono precoci esperienze, si costruiscono
le prime memorie e si sperimentano per la prima volta delle emozioni. Tutto ciò, lasciando delle
tracce, inevitabilmente si riflette sul nostro presente, sebbene non tanto sul piano cosciente quanto
piuttosto su quello delle sensazioni fisiche e dei vissuti emotivi. L’essere umano comincia a
sviluppare le sue capacità sensoriali durante la gestazione dunque, attraverso gli organi di senso, il
feto riceve delle informazioni dal mondo esterno, facendone così esperienza già da queste fasi
precoci: tatto, olfatto, gusto, udito, vista, cominciano a rivestire progressivamente la loro funzione.
La sensibilità al tatto fa la sua comparsa piuttosto precocemente durante la gestazione, diventando
via via sempre più raffinata, consentendogli di percepire, ad esempio, delle vibrazioni quando il
pancione viene accarezzato. Quando nasce, il bambino riconosce chiaramente l’odore della madre
poiché ne conserva il ricordo, avendolo potuto percepire, grazie all’olfatto, già dal secondo/terzo
mese della gravidanza. Sempre intorno alla dodicesima settimana è stato osservato che,
introducendo sostanze dolci o amare all’interno del liquido amniotico, è possibile rilevare diverse
reazioni del feto che, a seconda del gusto, serra la bocca o deglutisce. A gestazione inoltrata, il feto
comincia ad udire prima il battito cardiaco e il respiro della madre e poi la voce e i suoni
provenienti dall’esterno, ragion per cui parlare al pancione non è da visionari sdolcinati ma anzi,
utilizzando un linguaggio dolce e un tono pacato, si possono costruire già da qui le fondamenta
della fiducia di base. Il senso della vista completa il suo sviluppo dopo ma è dimostrato che il feto
già percepisce variazioni di luminosità rispetto a cui è in grado di reagire. Tale sviluppo precoce dei
canali sensoriali del feto accompagna la costruzione della relazione con la madre, le cui emozioni
gli vengono veicolate attraverso gli ormoni, il battito cardiaco ma anche per via psichica. La
serenità dell’ambiente familiare conta pertanto già da queste precocissime fasi, così come diviene
fondamentale, per la madre e per il bambino, la presenza e il supporto delle figura paterna. Parlare
al feto, fargli ascoltare la propria voce o piacevoli musiche, accarezzare il pancione, far sentire la
propria presenza emotiva, predispone i genitori ad essere tali e getta le basi per quelle che saranno
le competenze relazionali del bambino.
Ebbene sì, quando un neonato viene alla luce, è già accaduto tutto questo.
Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa-psicoterapeuta ad approccio umanistico e
bioenergetico. Per info 331 7669068
Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043