Facciamo un passetto avanti nel percorrere le tappe significative del ciclo di vita dell’individuo,
soffermandoci questa volta sui primi mesi e sulle importanti conquiste evolutive che li connotano. Il
neonato, dopo nove mesi nell’utero materno, si trova improvvisamente catapultato in un mondo
fatto di suoni, odori, sapori, sensazioni tattili e via via percezioni visive completamente nuove che,
un po’ alla volta, deve imparare a gestire. Chi ha fatto esperienza quotidiana di accudimento di un
neonato ben sa che, in queste precocissime fasi, egli si caratterizza non solo per peculiarità fisiche
che lo rendono oggetto di contesa tra la mamma ed il papà su da chi abbia preso la forma del viso,
del nasino o degli occhietti. Fin da subito il neonato esprime anche le proprie caratteristiche
temperamentali che influiranno sullo sviluppo della sua personalità e anche sul modo in cui
prenderà forma l’accudimento genitoriale. Pensiamo al diverso impatto che ha sull’ambiente un
bambino che è in grado di organizzare facilmente gli stimoli provenienti dall’esterno rispetto ad un
altro che ne sembra sopraffatto, mostrandosi così spesso irritabile; oppure, sul versante opposto,
rispetto a quei bambini tendenzialmente sempre calmi e tranquilli ma che sembrano mostrare
minore interesse per il mondo esterno. Riconoscere queste caratteristiche individuali dall’inizio,
come l’eventuale preferenza del neonato per alcuni sensi a scapito degli altri, è fondamentale per
“modellare” delle cure genitoriali adeguate a quel bambino, sostenendolo così fin dal suo
precocissimo sviluppo emotivo: la capacità di auto-regolazione ne costituisce infatti una prima
importante pietra miliare, insieme allo sviluppo dell’interesse per il mondo circostante (per
approfondire il tema consigliamo la lettura del libro per genitori Le prime sensazioni di S. e N.T.
Greenspan). Queste due competenze camminano di pari passo poiché un neonato maggiormente in
grado di padroneggiare le sensazioni provenienti dall’esterno restando tranquillo può, con più
facilità, mostrarsi interessato a ciò che lo circonda e lasciarsi affascinare in particolare dal mondo
umano. Ne costituisce un segnale distintivo il sorriso sociale del bambino, che vediamo emergere
come modalità comunicativa intorno al secondo e terzo mese di vita. Come comportamento innato
lo ritroviamo in realtà già prima: immagini tratte dalla vita fetale documentano questo movimento
comparire spontaneamente sul viso già durante la ventottesima settimana di gestazione. Durante le
prime settimane dopo la nascita, tale espressione del volto appare nella fase REM del sonno: gli
studiosi parlano di sorriso endogeno poiché, piuttosto che essere reattivo a stimolazioni esterne, è
un riflesso mosso da sensazioni fisiche di benessere. Man mano il sorriso appare come risposta al
mondo esterno, inizialmente piuttosto generica e successivamente maggiormente specifica a
determinati oggetti, situazioni e soprattutto persone. Quando il sorriso si fa sociale diventa
espressione di emozioni di piacere e permette al bambino di cominciare a stabilire relazioni
connotate da reciprocità. Lo scambio di sorrisi tra il bambino e chi si prende cura di lui,
generalmente la madre, contribuirà alla costruzione di questa fondamentale relazione, da cui
dipenderà tutto il futuro sviluppo emotivo dell’individuo e della sua personalità.
Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa-psicoterapeuta ad approccio umanistico e
bioenergetico. Per info 331 7669068
Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043