L’adolescenza si sa, è una delle fasi di vita dei figli che maggiormente mette in crisi i genitori. Se ne
sente parlare ovunque, non solo nei nostri studi, dove riceviamo ragazzi in difficoltà che faticano a
trovare loro stessi e genitori completamente disorientati di fronte ai repentini cambiamenti dei figli:
“Dottoressa, non lo/a capisco più!” è una delle frasi più gettonate da parte di chi si prende cura di un
adolescente. In attesa dal medico come in coda alle casse del supermercato, sui mezzi pubblici
come nei salotti televisivi, basta poco per accendere discussioni su questo argomento: “Con i
giovani che ci ritroviamo oggi dove andremo a finire?!”. Insomma, il periodo di crescita che
avviene nella seconda decade della vita mette in crisi un po’ tutti, diciamoci la verità, anche noi
professionisti che talvolta saremmo tentati di trattarli come se fossero ancora bambini oppure di
considerarli già adulti. Il disorientamento nasce proprio da questo: l’adolescente non è né carne né
pesce, può, nell’arco della stessa giornata, chiedere di dormire nel lettone perché ha bisogno di
sentirsi più sicuro attraverso la presenza dei genitori o mandarli a quel paese di fronte ai loro
tentativi di controllarlo rispetto a cosa fa per strada e con chi esce: “mamma non sono affari tuoi,
non sono più un bambino!”. Il disorientamento che sentiamo noi è il loro.
Tutto, nel mondo dell’adolescente, gravita intorno ad un grosso punto interrogativo: “Chi sono io?”. La ricerca
di una risposta a questa domanda spinge i ragazzi a sperimentare, esplorare, ribellarsi. La ribellione
adolescenziale è tanto forte quanto tipica, nasce dal desiderio di decidere per sé, di sentirsi più
autonomi di quanto lo si sia effettivamente. Trae origine dalla volontà di sentire di autodeterminarsi
piuttosto che essere quello che vogliono mamma e papà. L’adolescente ha necessità di distaccarsi
dai genitori e talvolta lo fa bruscamente per non sentire il richiamo dell’infanzia che è comunque
molto forte. Come se si obbligassero a fare un lungo salto in avanti per evitare di essere tirati
indietro da quel mondo idealizzato da cui ci si sentiva circondati da bambini. A favorire il
conseguimento di una certa autonomia affettiva dai genitori è anche la loro messa in discussione.
Mamma e papà non sembrano più infallibili e perfetti come apparivano da bambini, anzi, sono pieni
di difetti che non perdono occasione per far notare: “mamma, mi fai fare brutte figure con gli
amici!” o “papà, ma che noia la tua vita, io da grande non voglio essere come te!”. Si cominciano a
fare confronti, i genitori degli amici paiono sempre più fighi dei propri. Questo sguardo più critico
verso la propria famiglia è dovuto all’evoluzione che l’adolescente compie dal punto di vista
cognitivo, dove sviluppa la capacità di fare ipotesi e di rappresentarsi più chiaramente le emozioni e
gli stati d’animo propri e altrui. Ne deriva una maggiore curiosità verso il nuovo e verso tutto ciò
che va oltre il noto mondo familiare, diventato troppo stretto rispetto al desiderio di esplorazione
adolescenziale. Cari genitori, per quanto sia un vero e proprio maremoto in famiglia ritrovarsi un
figlio adolescente, non vivetene gli attacchi come qualcosa di personale: è in corso un fisiologico
processo di distacco che necessita di essere accolto e ben gestito onde evitare che la naturale
ribellione si trasformi in un più problematico atteggiamento oppositivo verso il mondo degli adulti.
Siate fermi ma non rigidi, apritevi al nuovo piuttosto che chiudervi di fronte a questo
sconosciuto. Solo così l’adolescente potrà sviluppare la propria identità e riconoscere limiti e
capacità, sentendosi libero di sperimentare ma allo stesso tempo contenuto dallo sguardo
amorevole, seppure più a distanza, dei genitori.
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