Il migrante | Il Carnevale, i processi sommari e le toghe dei senatori

RUBRICA A CURA DI SALVATORE FOGGIANO
Cari lettori,
a Perugia è arrivato Bartoccio. Voi direte: “E chi è?”.
Sì, avete ragione, adesso vi spiego: Bartoccio è la maschera di Carnevale perugina che con l’avvicinarsi della festa fa il suo ingresso in città.

La maschera nasce nella metà del Cinquecento quando Perugia esce dall’età comunale e diventa sempre più dipendente dalla corte romana, che nel frattempo fa bonificare la vallata del Tevere, facendo migliorare moltissimo l’agricoltura; di conseguenza nasce la figura del mezzadro ricco, quasi un signore locale a capo di una comunità in espansione continua, ricco ma ignorante.

Bartoccio lo rappresenta, è lo strumento che i perugini utilizzavano per dare voce a chi non ne aveva, per criticare i soprusi dei potenti del tempo e le lacune della società del ‘500. Con uno strumento chiamato in dialetto “radice” entra in città e con la scusa di parlare dei mali della sua classe sociale, con foglietti dà le famose bartocciate, cioè invettive che i poteri del luogo di allora cercavano in tutti i modi di evitare o proibire ma senza riuscirci.

Detto questo, adesso, vi racconto un po’ di me: nei giorni scorsi a scuola è accaduto che abbiamo scoperto di avere un bambino o bambina che va in giro a disegnare organi maschili dappertutto: nei bagni, sui quaderni di altri alunni, sui muri e tutte le maestre si sono messe in agitazione alla ricerca del piccolo “maniaco sessuale”.

Per conto mio ho detto quel che è vero, cioè che a quell’età è normale l’interesse sessuale, gli ormoni cominciano a svegliarsi ma loro non ne volevano sapere e allora sono iniziate ronde clandestine di sorveglianza dei bagni (senza entrarci) o delle classi vuote, interrogatori più o meno velati ma sempre delicatissimi. Come ogni giallo che si rispetti, ciascuno di noi docenti ha il proprio indiziato preferito, ma ai processi sommari di alcune ho detto di no, chiedendo agli alunni di essere responsabili e che il colpevole confessi (aggiungendo tutto il discorso sul fatto che non si accusa mai senza prove, che solo ammettendo gli errori si cresce, che non si rovinano gli oggetti altrui etc etc…) ottenendo, però, in cambio solo soffiate all’orecchio o pubbliche delazioni senza arrivare a scoprire il colpevole.

I giorni passano, intanto e l’altra mattina stavo spiegando Roma e la fase repubblicana prima di Giulio Cesare, in particolare parlavo del Senato (facendo un parallelo con il Senato di oggi studiato per Cittadinanza e Costituzione la settimana prima) e mostrai una immagine di come erano vestiti i senatori, quando un’alunna mi chiede di farmi una domanda, io la incoraggio e lei dice: “Anche oggi i senatori a Roma vanno vestiti solo con un lenzuolo bianco?” ed io, ridendo tra me e me, penso a tutta la storia di tagliare i vitalizi ai parlamentari di questi mesi. “Sì, va bene, ma lasciarli in mutande è troppo”. Le rispondo di no, oggi ciascuno veste come vuole ma che quello non era un lenzuolo ma una specie di toga con tanto di ramanzina sullo studiare di più.

Salvatore Foggiano

Exit mobile version