LA SELETTIVITA’ ALIMENTARE IN ETA’ PEDIATRICA

 

Nel raccogliere la storia clinica dei nostri pazienti, grandi e piccini, una delle aree che andiamo ad esplorare è il rapporto con il cibo. “Intorno alla tavola”, infatti, gli aspetti nutrizionali si intrecciano con dinamiche educative e affettivo-relazionali. E spesso, nei ricordi dei pazienti come nei racconti dei genitori, ravvisiamo il rifiuto di alcuni cibi o manifestazioni di selettività alimentare che, più che essere inquadrabili in un vero e proprio disturbo, sembrano essere l’esito di cattive abitudini e mancate esperienze che avrebbero potuto favorire una maggiore apertura verso alimenti invece rifiutati. La diffusione della questione ci ha spinte a ritenere utile toccare questo argomento nella nostra rubrica e, per trattarlo in modo più puntuale, abbiamo deciso di porre delle domande alla Dott.ssa Filomena Di Ruocco, biologa nutrizionista, che si occupa molto nella sua professione di alimentazione in età pediatrica. Buona lettura!
Preferenze alimentari. Genetica o esperienza?
I bambini nascono con una preferenza per il sapore dolce (non a caso il latte materno soprattutto ad inizio poppata è molto zuccherino) che con il tempo diminuisce progressivamente di intensità. Sempre innata è la repulsione per l’amaro: in natura è tutto ciò che ruota intorno alla sfera dei veleni e pertanto crea disgusto come risposta sensoriale di autoconservazione. Il salato è rifiutato dalla nascita e comincia ad essere gradito dai quattro mesi in poi. Tutti questi gusti sono ampiamente modificabili dall’esperienza: una volta fatta l’esperienza il bambino prende atto delle sensazioni provate e le mette in memoria.
L’alimentazione della futura mamma incide su quelli che saranno i gusti dei bambini? E le abitudini dei genitori?
L’esperienza ambientale per un bambino inizia nell’utero, continua con l’allattamento e prosegue con l’alimentazione complementare (AC). Attraverso la placenta arrivano al feto tutti i sapori e odori presenti nella dieta materna; il neonato appena nato ritrova gli stessi odori sull’areola mammaria, nel colostro e successivamente nel latte; ancora, il bambino che inizia l’AC li riconosce nei primi bocconi di cibo solido. Ecco perché si raccomanda alle donne in gravidanza e in allattamento di mangiare tutto in modo sano ed equilibrato evitando solamente gli alimenti ritenuti rischiosi per la salute del bambino. L’esempio dei familiari da sempre è considerato essenziale per un bambino che deve adattarsi all’ambiente in cui vive e ancor di più nel processo di scoperta del cibo solido.Se per esempio il bambino vede i genitori mangiare merendine e dolci, come si può pretendere che invece lui debba mangiare il minestrone? Oppure se in primis i genitori non consumano regolarmente frutta e verdura, come si può convincere il piccolo che sono alimenti importanti e fondamentali per la sua crescita? Un bambino a cui in fase di svezzamento non sia stato permesso di conoscere e assaggiare tutti gli alimenti disponibili avrà più possibilità crescendo di sviluppare selettività alimentare.

Quali le conseguenze di un’alimentazione eccessivamente selettiva?
La selettività comincia a manifestarsi intorno ai 2 anni e si mantiene fino ai 4-5 anni. In linea generale viene considerata una fase fisiologica nella crescita del bambino ma è opportuno distinguere bambini con una selettività lieve, elevata e quelli che hanno una vera e propria paura di mangiare. A differenza dei bambini con una selettività lieve, le conseguenze nutrizionali per i bambini con una selettività elevata (non assumono più di 15 alimenti diversi) sono tali da dover essere inquadrati nella categoria dei disturbi dell’alimentazione. Il suggerimento certamente è quello di riproporre più volte al bambino l’alimento in questione (soprattutto se si tratta di un alimento fondamentale) insieme ad uno notoriamente gradito, con l’obiettivo di farglielo gradualmente accettare, prima in associazione ad un altro e poi anche da solo. E’ importante però che questa modalità educativa non faccia cadere i genitori nell’idea e nell’ansia che un bambino debba per forza mangiare tutto, e se non lo fa bisogna assolutamente inventarsi qualcosa per convincerlo, ma il punto centrale dell’alimentazione del bambino resta curare la sua relazione con il cibo.
Al contrario, quali sono i vantaggi di un’alimentazione variegata in età pediatrica?
Offrire fin da subito quanti più alimenti diversi, nella varietà raccomandata e nelle modalità appartenenti alla cultura della loro famiglia permette non solo ai bambini di fare un’ampia esperienza sensoriale ma anche di poter seguire nel modo più naturale possibile una dieta salutare sia da bambini che da adulti.
Qualche consiglio su come favorire un approccio variegato all’alimentazione?
Premettendo che è fondamentale una buona formazione e informazione dei genitori che comprenda anche i principi base di una sana e corretta alimentazione, il mio consiglio è quello di lasciare libero il bambino di decidere se, cosa e quanto mangiare. Ciò non significa che il bambino fa quello che gli pare ma che abbia la possibilità di scegliere solo tra i cibi presenti a tavola e disponibili nella quantità giusta. Un ulteriore suggerimento durante i pasti è quello di essere modelli per i vostri figli, di evitare ogni distrazione (tv, cellulare), di mantenere un’atmosfera piacevole, di tollerare un minimo di disordine, di accettare con sorriso senza farne un dramma eventuali rifiuti e soprattutto di cercare di non cadere nell’utilizzo del cibo come punizione, ricatto o premio. Tutto questo per il bambino rappresenterà una fantastica esperienza di condivisione: al bambino piacerà mangiare con i familiari, gustare quello che mangiano loro e farlo secondo le loro “regole” senza viverle come tali ma piuttosto come una normalità.

Dott.ssa Filomena Di Ruocco, biologa nutrizionista, cell. 333 9930268

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