Mauro Caccioppoli nella top ten degli agrichef

“Sono nato con le mani nella terra”. Così si presenta Mauro Caccioppoli, il 33enne vicano, individuato come uno dei venti  agrichef campani del circuito degli agriturismi di Campagna Amica – Terra Nostra. Il suo lavoro nasce da una “passione inevitabile”, una predisposizione  genetica, una storia di famiglia. È cresciuto tra l’odore del latte appena munto dalla zia Rafilina e quello del terreno bagnato, tra il colore degli agrumi e quello dei pomodori raccolti nel campo, tra i covoni e le conserve. Da bambino, era l’apprendista di genitori sempre impegnati nella raccolta e trasformazione di frutta e ortaggi. L’inizio dell’anno scolastico coincideva con la raccolta delle noci fresche. Le mie mani erano nere, dipinte dal mallo di noce. Per i miei compagni erano sporche. Per me profumavano vita. Poi il gioco si è fatto arte e Mauro ha iniziato a conoscere i prodotti, i tempi di semina e mietitura, le proprietà organolettiche, i sapori. È diventato l’ “operoso narratore” dei gusti da scoprire e da esaltare. Ad oggi, insieme con il fratello Raffaele e grazie ai preziosi insegnamenti del tecnologo alimentare Matteo Gallo,  è il responsabile del laboratorio di trasformazione dei prodotti a marchio “Nonno Luigino”.

In cosa differisce lo chef dall’agrichef?

Si tratta di figure che, a mio avviso, sono complementari. Lo chef ha tecnica ed esperienza, l’agrichef è un operatore agricolo che ha accompagnato il prodotto in ogni sua fase e, avendone una conoscenza diretta, sa quando è opportuno raccoglierlo e come esaltarne il gusto. Dopo l’esperienza dell’Academy di Avellino, mi  sono reso conto di quanto sia importante seguire questo percorso per una formazione e un arricchimento continuo per guardare al futuro con lungimiranza. Credo anche che, considerata la richiesta di questa figura in Italia, sia opportuno che si pensi  ad un corso di studi ad hoc sia per gli istituti agrari che per quelli alberghieri.

Perché è così rilevante questo profilo professionale?

Perché i veri agriturismi, quelli che offrono ai clienti prodotti da filiera corta, hanno a disposizione un paniere molto limitato. Infatti, il km0 esige il rispetto della stagionalità e della provenienza. È ovvio che non si offriranno melanzane a dicembre o, come frutta, ananas o banane. Da qui, l’esigenza di valorizzare  al meglio i prodotti del territorio e le sue ricette tradizionali, innovandone la realizzazione sul piano tecnico, oltre che curando al meglio mise en place e impiattamento e abbinamento cibo-vino. Inoltre, c’è il bisogno di un riposizionamento dell’offerta agrituristica.

In che senso?

È opinione comune che l’agriturismo sia una rivisitazione al ribasso rispetto all’offerta dei ristoranti. Non è assolutamente così. Le produzioni in proprio costano di più, in termini di tempo e forza lavoro. Il risultato, però, è incomparabile. Inoltre, gli chef ,che adoperano solo materie prime delle aziende agrituristiche, conoscono la difficoltà di lavorare con disponibilità limitata di prodotti rispetto alla composizione del menù offerto. L’agriturismo non è un ristorante di serie B, anzi è tutt’altro. Infatti, può presentare proposte di qualità insieme genuine, interessanti, salutari.

Qual’ è la tua idea di cucina del futuro?

È quella improntata sulla dieta mediterranea, sulla salubrità del prodotti, sul centimetro 0. La vera innovazione non è in una ricerca spasmodica della sperimentazione ardita, ma nella valorizzazione di ciò che il proprio orto produce. È un po’ lo stile adottato da Nonno Luigino già dalla nascita, tredici anni fa. Quando abbiamo deciso di costituire questa azienda, mio padre, mia sorella Mena e i miei fratelli Gino e Raffaele, abbiamo subito puntato ad un’offerta che avesse a cuore la qualità dei prodotti e della modalità di gestione dell’azienda stessa.

Cosa proponete ai vostri clienti?

Prima ancora del piatto, ai nostri clienti offriamo un percorso esperienziale. Attraverso la visita nei campi e in fattoria, facciamo conoscere i luoghi e i tempi delle produzioni. L’agriturismo è un ramo di un lavoro di produzione, trasformazione e marketing che è ben più ampio.

Ma se il cliente vi chiede uno spaghetto ai frutti di mare, glielo servite?

Fino ad ora non l’abbiamo fatto, perché il km 0 rimane il pilastro della nostra filosofia aziendale. D’ora in poi, le cose potrebbero cambiare se, e solo se, utilizzeremo il pesce a miglio zero.

Può spiegarci meglio?

Insieme con la Alfa Marine, stiamo organizzando un percorso che mira a far convergere agriturismo e pescaturismo, terra e mare.

Di che si tratta?

È l’esperienza incomparabile di un’escursione in barca, con un pescatore ed un agrichef. Insieme, cucineranno il pescato il raccolto e il pescato a bordo dell’imbarcazione. Così il sapore di mare, sarà anche quello della terra e la filiera corta non sarà più solo quella dei campi.

Nancy De Maio

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