Il migrante | Il Nord e la “certezza” di (alcuni) “luoghi comuni”

RUBRICA A CURA DI SALVATORE FOGGIANO (docente meridionale in servizio in una scuola del Nord Italia)
Cari lettori,
in questo mese mi sono accaduti due piccoli fatti, da raccontarvi assolutamente, che mi hanno fatto capire che molti di quei luoghi comuni sul nord invece sono realtà. E mi riferisco in particolare alla tanto mitizzata precisione della gente settentrionale.

L’altra sera vado in una pizzeria per ordinare due pizze e una porzione di patatine da portare a casa, la signora alla cassa mi dice che ci voleva un po’ di tempo e di passare dopo mezz’ora, cioè alle 20.45, ed io per ingannare il tempo vado un po’ in giro fino a quando verso le 20.30 mi avvio al locale.
Appena entro la cassiera mi guarda e mi dice: “Sono le 20.40, deve aspettare cinque minuti, abbiamo detto alle 20.45”. Io – un po’ innervosito – gli dico che non c’erano problemi, dicendo sotto voce: “Voglio proprio vedere quanto tempo mi farà aspettare ‘sta tizia”. Ed invece allo scoccare sull’orologio (posto dietro la cassa), delle 20.45, contestualmente “escono” le mie pizze dal forno e le patatine dalla cucina mentre io resto a bocca aperta incredulo mentre mi impacchettano il tutto.

Il secondo accadimento è di ieri: al supermercato vado al bancone dei salumi per prendere il prosciutto e non essendoci nessuno non prendo il numeretto salva–fila (o come si chiama?) e la commessa mi dice: “Che numero ha?” ed io, guardandomi intorno le dico: “Non c’è nessuno” e lei ribattendo: “Sì ma che numero ha preso?”. “Non l’ho preso in quanto non c’è la fila”. Ma lei: “Questo non è importante, la regola è che si prende sempre il numeretto”. E ormai rassegnato mi volto indietro, prendo il numeretto e affermo con enfasi che ho il 28, la ragazza se lo ritira ed io riesco ad avere il tanto agognato prosciutto cotto.

Ecco ora che vi ho raccontato tutto questo capirete che questa precisione mi esaspera, non la sopporto, ma mi ci devo abituare, pazienza.

A scuola tutto procede bene, in questi giorni sto spiegando i Greci e mi è venuta l’idea di far costruire a ciascun alunno un modellino dei tempii con il Das. Ci sono riusciti, sono venuti molto carini ed è stato bello vederli impiastricciarsi per prendere le misure, lavorare le colonne e inciderle con scritte prese dal sussidiario, l’unica a non essere stata contenta è stata la collaboratrice che non ne voleva sapere di pulire l’aula, fin quando non glielo chiesto con gentilezza.

Adesso quando saranno asciugati per bene li dovremo dipingere, ma sempre senza farcene accorgere dalla nostra aiutante che stavolta mi picchia sul serio.

Tutto questo mentre una mia collega, per studiare meglio il corpo umano, è arrivata a scuola con uno scheletro che non ho osato chiedere dove lo avesse preso, spero solo che non abbia trafugato qualche cimitero; lo abbiamo sistemato dietro la sua cattedra, è bello, ma ho l’impressione che ci guarda un po’ perplesso e un po’ annoiato mentre facciamo lezione.

Vabbè ora vi lascio e ci aggiorniamo presto.