Spesso capita che familiari preoccupati ci chiamino perché vorrebbero tanto che loro figlio/genitore/nipote ecc. veda uno psicologo, ma che non riescano proprio a convincerlo. La preoccupazione molte volte nasconde, oltre ad una buona dose di paura per la salute del proprio caro, anche frustrazione, un sentimento che proviamo quando ci troviamo davanti ad un ostacolo che pensiamo di poter superare ma senza esisto positivo all’atto. Il dolore di chi amiamo o di chi ci sta accanto spesso è fonte di frustrazione per noi, vorremmo poter fare qualcosa, avere la soluzione da offrire come il bugiardino dei farmaci e invece nulla, siamo impotenti. Alcuni malesseri non si possono risolvere anche se ci impegniamo ad attivare tutte le nostre capacità di problem solving, e quando pensiamo che uno specialista sia l’unica strada ci troviamo davanti ad un ostacolo più grande del problema stesso: il libero arbitrio. Nessuno può essere costretto a fare ciò che non vuole, anche “curarsi”. Vi starete chiedendo se lo scopo di questo articolo è una mera dissertazione sulla frustrazione nella quale in molti si saranno rivisti, ed in più di un’occasione, o se offriamo suggerimenti. Eccovi subito accontentati, proviamo a partire da quello che è meglio non fare:
Costringere– come dicevamo, nessuno può essere sottoposto a cure senza il suo consenso o di chi ne ha la tutela o di un giudice. Nel caso della psicoterapia la compliance del paziente (da 0 a 99 anni) è essenziale per la riuscita del trattamento. Per compliance si intende una complicità che racchiude in sé motivazione, consapevolezza di star sperimentando un disagio, fiducia nello strumento scelto ovvero la psicoterapia.
Mentire– sul luogo dell’incontro, sul professionista o sul tipo di trattamento. Non finisce mai bene. Inoltre noi sveleremo l’arcano al loro ingresso in studio. Non di rado ci viene chiesto di mentire sulla nostra professione, oltre che violare qualche legge, non è etico né professionale. Seppure fosse consentito, riporreste mai fiducia in qualcuno che vi mente al primo incontro, ad un partener che si è spacciato per qualcun altro anche se solo al primo appuntamento? E che radici avrebbe questo sentimento, non avreste sempre il dubbio che chi vi ha mentiti una volta possa farlo ancora?
Vediamo invece cosa si può fare?
Comprendere– le motivazioni per cui la persona non vuole l’aiuto di un professionista e agire su quelle. Un esempio: quando ci capita di sperimentare un sentimento di paura sviluppiamo spesso fantasie holliwoodiane terrificanti; provate a chiedere qual è la cosa peggiore che può accadere nel vedere un professionista e avrete un quadro più chiaro del pensiero che c’è dietro.
Coinvolgere– può essere utile e nella nostra esperienza diverse volte lo è stato, coinvolgere qualcuno che abbia un buon ascendente su di lui/lei, ad esempio il medico di famiglia o un amico/familiare.
Rassicurare– Sfatiamo un mito: andare dallo psicologo non significa essere ingoiati da un buco nero. Come si entra si esce. Se il professionista non ti piace, non ti senti a tuo agio e così via puoi andare via in qualunque momento. Anche se ci hai già provato e hai avuto esperienze negative, se non ti sei sentit* a tuo agio durante quell’incontro, se credi che un professionista possa aiutare te o un tuo caro insisti. Il terapeuta è un essere umano, sbagliamo, prendiamo scivoloni e commettiamo errori come tutti i professionisti, oppure quello non era il momento giusto per cominciare un percorso.
In ogni caso chiama il professionista e parla con lui/lei della strategia migliore a seconda dei casi.
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Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa-psicoterapeuta ad approccio umanistico e bioenergetico. Per info 331 7669068
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