Dalla santa Della visita del Vescovo di Vico Mons. Sicardi del 1541, conosciamo che, nel luogo del centro storico, allora chiamato “alli Paili o alli Paini” (oggi Puntamare), esistevano due cappelle: una era della confraternita dei Disciplinati, chiamata “S. Maria di Jacobo seu Santo Giacomo”, la cui esistenza è attestata fin dal 1486 ( ma riteniamo che la sua fondazione risalga al XIV secolo o ancora prima). L’altra, di S. Maria della grotta, sottostante o affiancata “subtus seu contigua est ecclesia devotissima”. Caduti in rovina gli edifici, il luogo restò abbandonato per moltissimi anni; la confraternita di S. Giacomo si aggregò a quella di S. Maria della Pace e trasferì la propria sede nella cappella oggi dell’Assunta. Soltanto nel 1628 abbiamo la prima notizia da un atto del notaio F. De Turris del 24 maggio, dove si legge che i resti delle cappelle erano stati scoperti e ritrovati da poco “noviter reperta et inventa”. Quasi con le stesse parole si esprimeva Mons. Riccio nella santa visita del 1631. Un trentennio dopo, Mons. Repucci, parlando di queste cappelle, diceva che esse, cadute in rovina in tempo molto antico e coperte da sterpi e da rovi, che ne avevano fatto perdere del tutto il ricordo, erano state ritrovate per mezzo di una luce che di notte splendeva nel luogo dove erano. Gli abitanti di Vico, richiamati da questa luce, fecero delle ricerche in quello sterpaio e trovarono, dipinta su un antichissimo muro, l’immagine della Santissima Vergine. Divulgatasi la notizia di questo miracoloso ritrovamento, è sempre Mons. Repucci a raccontare che vi accorsero molti fedeli e che, con le offerte raccolte, fu riedificata una cappella. Dal ritrovamento di questa miracolosa immagine, “una vecchia monaca bizzoca”, della famiglia di Ascanio Paciello, residente a Napoli, ma con casa e beni a Vico, la fece riprodurre su tavola e la donò alla Chiesa di S. Pietro, Martire della Città di Napoli. La medesima, ancora oggi, si può ammirare in una cappella totalmente ricoperta di ex voti, divenuta nella devozione popolare la “Madonna di Vico”. L’icona riproduce la Madonna delle grazie “che dalle sue mammelle preme il latte et lo diffonde ad alcune anime del Purgatorio”. Anche una lettera di Papa Urbano VIII parla di questa cappella e dell’affluenza del popolo che accorreva ad onorare l’immagine della SS. Vergine ivi rinvenuta. Confortati da queste testimonianze, della cui veridicità non c’è da dubitare, riteniamo che essa risalga, come abbiamo già detto, ad un tempo molto antico e, dato che il muro su cui era dipinta (come ricorda il Repucci) era “pervetere”, pensiamo che se ne possa fissare la fondazione al XIII secolo. Caduta in rovina e restituita al culto, dopo più di un secolo dal suo ritrovamento, per iniziativa di Mons. Mastandrea e del Capitolo della cattedrale e con il concorso finanziario del canonico Gioacchino de Sinno (che impegnò 600 ducati) questa cappella, che allora era molto piccola, fu ampliata ed arricchita di altri due altari, dedicati rispettivamente a S. Nicola da Tolentino e a S. Francesco Saverio. Sul frontone, costruito in elegante stile ionico, in due nicchie furono poste le statue in tufo dei principali patroni di Vico: i Santi Ciro e Giovanni. Le statue sono visibili anche da mare e furono collocate sulla facciata in segno di devozione. Anche il quadro del pittore Onofrio Avellino [1715], che nell’800 troneggiava sull’altare maggiore della chiesa dei Santi Ciro e Giovanni, raffigurava la stessa iconografia: la Madonna con i due Santi. La chiesa fu ben custodita fino al principio del ventesimo secolo. Di poi, per incuria degli uomini, andò deteriorandosi. Negli anni trenta dello stesso secolo, l’avvocato Baldassarre Ferraro, nella pubblicazione “Il Culto, la Chiesa Parrocchiale dei Santi Ciro e Giovanni”, richiamava l’attenzione dell’Amministrazione Comunale sulle condizioni statiche dell’edificio “che nei passati secoli generosamente contribuì alla ricostruzione, per salvare questa chiesa storica dalla totale ruina”. Il 7 aprile 1942, il transito, sulla statale Sorrentina, di alcuni cannoni di grosso calibro ( 305/50 mod. 1912 per la difesa costiera ancora operativi nella seconda guerra mondiale) causò il crollo della cupola maiolicata della chiesa che, a sua volta, fece sprofondare il solaio. Per il pericolo di caduta delle pareti laterali, dove poggiava la cupola, la Sig.ra Visco Adelaide, proprietaria del vicino fabbricato, intimò il 7 ottobre 1949 il Capitolo a provvedere ad eliminarlo. In una successiva riunione, quest’ultimo decise di incaricare un tecnico per l’eliminazione del suddetto pericolo e per la realizzazione sia ( nella parte inferiore della cappella) di una sala da utilizzare al servizio dell’Azione Cattolica, sia (nella parte superiore della stessa) di una casa per il Vicario perpetuo pro tempore. Inoltre, delegò un canonico alla raccolta dei fondi per l’attuazione del progetto. Purtroppo a tali piani non seguì nulla di concreto. In seguito, lo stesso Capitolo, il 7 gennaio 1952, ricevette una proposta da un imprenditore di Vico. Precisamente, esso avrebbe sostenuto “la spesa necessaria a rimuovere i ruderi e conseguentemente a utilizzare per proprio conto e nel proprio interesse il suolo”. Il Capitolo accettò la proposta dell’imprenditore e “ sarebbe disposto a fare lo sterro, a condizioni che l’area risultante fino al piano che s’innalza a livello della strada nazionale, venga costruita una sala per i bisogni spirituali e sociali della parrocchia, che resterà di esclusiva proprietà del Capitolo”. Il Capitolo, inoltre, concedeva all’imprenditore il diritto di sopraelevazione, a patto che gli appartamenti realizzati venissero adibiti ad abitazione di “famiglie cattoliche”. Sfortunatamente, anche codesti intenti rimasero tali. Nello stesso anno, invero, il Comune aveva proposto di voler adibire l’area ad altri usi, come “ sala per riunioni e conferenze, lasciando libera a terrazza la parte superiore a piano della strada nazionale”. Tali proposte non si realizzarono e dopo alcuni anni di abbandono, su interessamento di Don Mario Buonocore (allora Vicario perpetuo dell’ex cattedrale) e con l’autorizzazione della Curia Arcivescovile di Sorrento, il Capitolo ottenne dal Genio Civile il riconoscimento di danno di guerra e il contributo per accomodare la chiesa. I lavori iniziarono negli anni sessanta del novecento. Fu restituita al culto il 7 gennaio del 1967 dal compianto Arcivescovo Mons. Raffaele Pellecchia che la benedì. La cappella affaccia su un piazzale-belvedere, a picco sull’azzurro mare, dal quale si gode una magnifica ed incomparabile veduta del golfo di Napoli e dei circostanti costoni rocciosi cosparsi di ulivi.
Mario Verde