Spesso ci capita di ricevere segnalazione da colleghi, amici, parenti o invianti vari ed eventuali, di qualcuno che ha richiesto il nostro numero per poter telefonare e fissare un appuntamento per una consulenza. Non tutte queste chiamate poi arrivano effettivamente. Oppure di dare a qualche amico o parente che ci ha espresso l’intenzione di consultare un professionista del settore, il contatto di un collega, per poi scoprire, un mese o addirittura un anno dopo, che quella chiamata non è stata mai fatta nonostante se ne avverta ancora la necessità. Insomma, decidersi a farsi aiutare quando la problematica è di natura psicologica sembra essere proprio una scelta difficile per alcuni, posticipata continuamente e talvolta sulla base di false convinzioni. Tra tutte il timore di venire manipolati, di affidare a qualcun altro scelte importanti, insomma di mettere nelle mani di uno sconosciuto la propria vita. Ebbene, se la preoccupazione è questa potete stare tranquilli: nessuno psicologo degno di questo titolo prenderebbe decisioni al posto del paziente rispetto alla sua vita, anzi, generalmente uno degli obiettivi del lavoro con il cliente è proprio quello di aiutarlo a recuperare potere decisionale, a sentirsi padrone della sua vita piuttosto che percepirsi come trainato da forze maggiori o vittima di un sintomo, di un disagio o di una situazione rispetto a cui non può nulla. Inutile nasconderlo, ci sono situazioni che non si possono cambiare, in particolare quelle che hanno fatto parte del nostro passato, ma possiamo cambiare il modo in cui viviamo, leggiamo o interpretiamo alcuni aspetti della nostra storia, osservandola attraverso nuove lenti. Dunque lo psicologo supporta, orienta, apre al paziente nuove chiavi di lettura, qualche volta può anche fornire dei suggerimenti concreti per aiutare chi ha di fronte ad acquisire nuovi elementi per guardare le cose da un’altra prospettiva o per proteggersi, ma non decide per te! Quando si parla di psicologi si può oscillare dal sopravvalutarne la funzione, della serie “mi legge nella mente” a svalutarla completamente, riducendo il lavoro psicologico ad una chiacchierata un po’ più riservata, poiché tutelata dal segreto professionale, rispetto a quella che potrei fare con un amico. E’ vero che si parla, ma a renderla una “talking cure”, così fu definita all’inizio la psicoterapia, sono una serie di caratteristiche imprescindibili. Intanto affidare le proprie parole a chi può accoglierle in maniera più oggettiva e astenendosi dal giudizio, non essendo direttamente implicato negli ambienti di vita del paziente, a chi può osservare il flusso di parole, e non solo, attraverso la conoscenza che ha dei meccanismi di funzionamento della mente umana. Inoltre, non è il parlare e basta che cura: non è un confessionale, non è solo uno “sfogatoio”, è il luogo in cui si viene accompagnati in un processo di cambiamento che richiede il mettersi in discussione, lavorare sulle proprie ferite, essere costanti e imparare a servirsi degli strumenti di riflessione acquisiti in quella stanza anche quando si è fuori. Altro che super poteri..non si può portare un paziente dove lui stesso non vuole andare. Obiettivi e tempi vengono definiti insieme in base all’andamento di un percorso che, a seconda di quanto siano radicate le problematiche e profondi gli scopi, può declinarsi in un tempo più o meno lungo. Quando ad avere bisogno di aiuto è un bambino possono entrare in gioco altre resistenze. Ad esempio la paura dei genitori di essere colpevolizzati. Colpa è una parola che non ci piace utilizzare, meglio parlare della responsabilità di prendersi cura della propria funzione genitoriale e di avvalersi di un aiuto specialistico quando si ha la sensazione di non riuscire a gestire una fase di vita del bambino, di non comprenderne alcuni vissuti o comportamenti. Il coinvolgimento dei genitori nel lavoro con il bambino o con l’adolescente è necessario per le risorse e le potenzialità che possono attivarsi nella relazione con il figlio, fuori ed oltre lo studio dello psicologo. Talvolta resistenze e preconcetti inducono il genitore ad aspettare che passi, rinforzati da amici e familiari che commentano “passerà”, “crescerà”. E’ vero, a volte è proprio così, alcune manifestazioni critiche passano con la crescita, altre invece diventano meno osservabile ma si “incistano” nella strutturazione psichica o subiscono delle vere e proprie esplosioni più avanti. Un professionista del settore può aiutarti a chiarire questo dubbio, a capire se è il caso di intervenire o ad individuare strategie più funzionali per affrontare delicati momenti di crescita.
Se una di queste resistenze ha frenato anche te dal richiedere una consulenza psicologica e magari aspetti solo un pretesto per farlo, te ne forniamo uno: dall’8 al 13 Ottobre 2018, aderiamo all’iniziativa “Studi Aperti” promossa dall’Ordine degli Psicologi della Regione Campania nell’ambito della nona edizione della Settimana per il Benessere Psicologico, offrendo gratuitamente, previo appuntamento, un primo colloquio. Un’occasione per andare oltre le resistenze e toccare con mano!
Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa ad approccio umanistico e bioenergetico. Per info 331 7669068
Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043