Rivedere i percorsi formativi riservati dalle nuove norme sperimentali ai Periti Industriali eliminando lacci e laccioli che ne limitano le potenzialità; rispettare e garantire la piena autonomia, gestionale, oltre che finanziaria, alla Cassa previdenziale delle professioni tecniche. E’ l’appello alla politica locale e nazionale lanciato dai Periti Industriali riunitisi a Napoli in occasione della IX Giornata del Perito Industriale organizzata a Città della Scienza dal Collegio napoletano guidato da Maurizio Sansone. Un’occasione per celebrare gli iscritti all’albo professionaleda oltre 25 e 40 anni, benemeriti e senatori, l’opportunità, attraverso un convegno sul tema “Il Perito Industriale, risorsa strategica tra innovazione e sviluppo: quale futuro?” per fare il punto sulle prospettive della professione.
A sottolineare gli aspetti principali del confronto aperto al tavolo con il Miur sono il Presidente Nazionale dei Periti,Giampiero Giovannetti ed il Consigliere nazionale Sergio Molinari, per i quali “alcune limitazioni introdotte nella riforma, come ad esempio la previsione di un solo corso per ateneo, un massimo di 50 studenti per corso o lauree non immediatamente abilitanti, non si coniugano affatto con il nostro profilo professionale e la nostra vasta gamma di declinazioni, soprattutto nel campo dell’ingegneria industriale”.
“La formazione – sottolinea Sansone – deve essere un’opportunità, non un muro, soprattutto per chi come il perito industriale che è chiamato a saper fare, a fare e a saper far fare”.
Ma il tema della formazione, così come dell’informazione è stato rimarcato anche sul versante delle problematiche previdenziali dal presidente dell’Ente Nazionale di Previdenza dei Periti (Eppi) Valerio Bignami per il quale, a proposito del progetto di legge di riordino del sistema previdenziale, “è in corso una forte azione di lesione all’autonomia delle casse previdenziali private, problema più grave e consistente anche rispetto alla crisi economica e allo scarso rendimento degli investimenti”.
“Uno Stato democratico e liberale non può chiedere a un ente di previdenza di farcela da solo e poi pretendere di gestirlo a suo piacimento anche con riferimento agli investimenti”, rimarca Bignami, secondo il quale la previsione di accorpare gli enti con meno di 60mila iscritti finirebbe per azzerare l’identità culturale e professionale degli iscritti.
Tra i dati più significativi emersi dal convegno anche quelli relativi alla parità di genere che, per ragioni eminentemente culturali, vede ancora oggi, nelle professioni tecniche una presenza marginale delle donne. “L’iscrizione ai nostri albi professionali di poco più del 3% di donne – ha sottolineato nel suo intervento la delegata alle Pari Opportunità del collegio partenopeo, Angelina Acampora – non può non preoccupare ed è evidente che le istituzioni hanno il dovere di fare di più e meglio per garantire realmente la sbandierata parità di genere”.