Il primo giorno di scuola di un “bambino magico”

L’esistenza di “un figlio magico” diventa tangibile e concreta alla società quando la mamma del “diversamente abile” lo accompagna per la prima volta a scuola. Anche lei ha comprato con cura il grembiulino bianco o quadrettato, ha scelto lo zainetto con il personaggio che attira l’attenzione di suo figlio e come le altre mamme lo porta per mano fin dentro la classe restando lì fino a che le è concesso dalle insegnati.  In quei momenti sente il cuore battere forte, le mani sudare per il “terrore” di ciò che accadrà e osserva speranzosa gli altri bambini senza però sbilanciarsi con  le loro mamme.

Non prova vera   gioia la mamma del “diversamente abile” e nemmeno quella dolce tristezza come le altre mamme le quali, in fondo, sanno che i loro figli se la caveranno. Lei vorrebbe ancora tenere a casa il suo bambino silenzioso, custodirlo fra le mura del castello domestico come una fata: renderebbe il suo micromondo sicuro e perfetto, un posto in cui le parole non servirebbero e basterebbe lo scambio di sguardi.

La mamma del “diversamente abile” però  sa  che ciò non è possibile perché per  suo figlio è necessario stare con gli altri più di quanto necessiti agli altri. Lasciarlo andare è doveroso  e non deve piangere, le sue lacrime le ha già versate di nascosto , in quel contesto deve trasmettere sicurezza anche alle insegnanti che, forse sono preoccupate di occuparsi di quel bambino, il quale ha difficoltà nel comunicare, il quale è troppo vivace o troppo chiuso .

E’   in questo istante che la mamma del “diversamente abile“ comincia a pregare e sperare con più intensità.

Prega e spera che le insegnanti siano attente,  pazienti e premurose. Prega e spera che non si urli  troppo , perché un urlo potrebbe bloccare quelle sillabe che tardano ad uscire. Prega e spera che il suo bambino trovi almeno un amichetto che si avvicini e giochi con lui senza additarlo o ridere (perché i bambini alla scuola dell’infanzia già capiscono tutto e notano le differenze). Prega e spera che gli operatori scolastici prendano a cuore quel “bambino magico“  e non lo sgridino   se scappa nei corridoi o non riesce ad andare in bagno in tempo.

Pregare e sperare diventano due azioni fondamentali per la mamma del “diversamente abile“ che pratica senza usare gli arti, ma che consumano il sonno .

La scuola dell’infanzia è solo il principio,  è il primo gradino  di un’alta torre da scalare. Per ottenere un insegnante di sostegno. Si scopre il mondo della ”legge 104/ 92”, un universo parallelo, fino ad allora sconosciuto, in cui  è obbligatorio addentrarsi . Una legge nata il 5 febbraio del 1992 per  tutelare l’assistenza e  l’integrazione sociale dei soggetti disabili ,così si legge su internet quando si cercano informazioni . Non è facile per una mamma del “ diversamente abile “ intraprendere questo percorso,  nel compilare i documenti si trova scritto fra le caselle  la parola “handicappato” e  quando si segna  quella crocetta  si percepisce già che quella parola da  molti bambini e ragazzi, durante il percorso scolastico , sarà usata  in senso negativo . Quindi la mamma del “diversamente abile“ deve lottare con questo pregiudizio e questa paura e pensare solo al bene del figlio .  Questa prima battaglia, però, non avviene solo nel territorio scolastico, che comunque cerca di indirizzare i genitori, si deve spostare per necessità burocratiche negli uffici delle ASL e dell’INPS .   Si ci prepara così ad   entrare come Teseo nel labirinto, sperando di trovare  il filo di Arianna e non perdersi.

Colomba Belforte