Psicologia politica

Nelle ultime settimane si è respirata un’energia diversa nell’aria dei comuni della Penisola Sorrentina chiamati al voto. Sarà che l’Innominabile Virus ci ha privati di momenti di convivialità sociale più ampia, che finalmente per le strade si sente parlare d’altro. Non so a voi, forse il Covid ci ha dato alla testa, ma il tramestio politico pre elettore è sembrato quasi piacevole. Mah, se le campagne elettorali al limite dello stalking cominciano ad avere un che di piacevole forse è un effetto collaterale del vaccino!

A quest’ora le urne saranno già belle che chiuse e gli spogli fatti, i corpi possono distendersi, ciò che è fatto è fatto; gli animi ci metteranno un po’, pertanto caro elettore accomodati che stiamo per svelarti se hai fatto la scelta giusta. Da una ricerca di Scott Lilienfeld, Atlanta, pubblicata sul “Journal of Personality and Social Psychology” emerge che alcuni tratti della personalità psicopatica, che generalmente sono segnali di un disadattamento sociale, sembrano essere associati ad una buona capacità di governare. La ricerca è americana e per questo forse starai storcendo il naso, aspetta un attimo. Immagina la persona a cui hai deciso di dare il tuo voto e verifica che abbia gli elementi caratteristici di una personalità psicopatica, che sono: deficit di empatia e di rimorso, egocentrismo, inganno e falsificazione delle emozioni, impulsività. Il quadro sembra disastroso, ed in effetti una persona con disturbo psicopatico di personalità avrebbe molte difficoltà ad inserirsi adeguatamente nella vita sociale e lavorativa, tuttavia vi sono strutture caratteriali “equilibrate” con presenza di questi elementi adattati all’ambiente, quindi funzionali, e che sarebbero garanzia, secondo questo studio, di grande capacità ad affrontare situazioni complesse, oltre che ad occupare posizioni di comando. Già Alexander Lowen, psicologo, in Bioenergetica del 1983, sostenne che nel tratto psicopatico (non riferito alla diagnosi psichiatrica del DSM, ma alle caratteristiche ad esso associate in persone “funzionanti”), c’è la tendenza a manipolare o a sedurre e l’illusione di avere questo potere. L’energia congelata è nella parte superiore del corpo, nella testa e nella zona cervicale e delle spalle. È ben visibile la sproporzione tra sviluppo della parte superiore (ipersviluppata), rispetto alla parte inferiore del corpo (iposviluppata). Gli arti sono di solito esili, a differenza del torace iper-espanso per gonfiare il più possibile la propria immagine. Lo sguardo è spesso molto controllato e controllante. Ha occhi vivaci che vedono tutto ma non guardano veramente perché questi sono lo specchio dell’anima e ci mettono in contatto con l’affettività che lo psicopatico tiene a distanza. Negando i sentimenti, tende ad investire le sue risorse energetiche nella sua immagine. Nella vita infatti gestisce il potere, attraverso il successo o il prestigio. Tutto chiaro? Insomma se il tuo candidato preferito è uno/a psicopatico/a funzionale, forse hai fatto la scelta migliore.

Ma sbirciamo meglio dentro la cabina elettorale, cosa accade al nostro cervello quando veniamo chiamati al voto? La preferenza di voto, oggi, ha caratteristiche ben diverse rispetto ad alcuni anni fa in cui l’influenza mediatica aveva un minore impatto. A guidare il voto prima era l’ideologia politica e di partito, oggi il voto è sempre più “personalizzato”: tendiamo a scegliere il volto e non il simbolo. Il grande numero di informazioni ed il pressing mediatico sono uno stimolo eccessivo per il nostro cervello che, riconoscendo di non avere dati certi per ponderare una scelta logica, tende sempre più a prendere scorciatoie di pensiero approssimative. Potremmo sintetizzare i fattori che influenzano il voto in tre macro aree: attese di vantaggi e svantaggi, la propensione a non rischiare, effetto recency. Nel primo caso il voto viene dato a chi è considerato colui che maggiormente può produrre cambiamenti desiderati, nel secondo caso a governare la scelta è una tendenza conservativa e una scarsa propensione al cambiamento. Ciò si aggiunge alla naturale tendenza della memoria degli elettori, a ricordare meglio eventi accaduti o narrati di recente (effetto recency, appunto), su cui viene consolidata la propria scelta di voto, malgrado la complessità di quanto accaduto durante gli anni precedenti. Sappiamo quanto il diritto al voto abbia alle spalle anni ed anni di battaglie, eppure sono ancora tanti quelli che preferiscono astenersi. Cosa si cela dietro il loro comportamento? Coloro che si astengono dal voto sembra vogliano fare dispetto, motivati dalla sensazione di sfiducia, dalla difficoltà a credere a nuove promesse e dalla tendenza a cercare di risolvere le problematiche nel proprio piccolo.

 

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