Raffaele Lauro. Alta formazione, la nuova frontiera del turismo in Penisola

Ospitiamo una lunga riflessione del Senatore Raffaele Lauro che spazia dalla politica nazionale  alla necessità di costruire  nuove prospettive per il mercato turistico in costiera sorrentina una volta superata l’emergenza sanitaria

 Da uomo delle Istituzioni, al di sopra delle parti, ma che conosce bene il “Palazzo” ed i suoi meccanismi, che prospettive intravede per la politica nazionale? Conte è alla fine del suo percorso politico? Lei, in qualità di Segretario Generale di Unimpresa, stigmatizza di continuo, e con espressioni molto critiche, l’operato del Governo Conte. Perché è così severo?

 

Una domanda complessa richiede una risposta alla pari! La disgrazia di questa tormentata e inconcludente XVIII Legislatura affonda le sue malsane radici nella vergognosa campagna elettorale del 2018, dominata da una sporca demagogia, dalla falsità dell’informazione, dal populismo antidemocratico, antiparlamentare, antisistema e antieuropeo, da promesse abnormi e irrealizzabili, nonché da una propalazione di odio e di rabbia sociale, che trovavano la loro cassa di risonanza nella putrida “fogna” del web. Un gigantesco inganno verso il corpo elettorale, mai verificatosi, in tale misura, in decenni di vita democratica. Con il risultato di una paralisi postelettorale, che, poi, per l’assurdo timore di nuove elezioni, spingeva i cosiddetti vincitori, nemici acerrimi e implacabili della  vigilia, con accuse reciproche, da querela, e con programmi alternativi, a formare una maggioranza di governo con un programma senza spina dorsale e contraddittorio: un elenco delle loro promesse elettorali da onorare, a spese del buon governo e del debito pubblico, cioè delle future generazioni.

Mi riferisco al M5S e alla Lega di Salvini. A guidare la cosiddetta coalizione veniva chiamato, imposto dai grillini, un avvocato, un docente universitario, senza nessuna esperienza politica, istituzionale e diplomatica, che si autoproclamava “Avvocato del Popolo”, Giuseppe Conte. Anche Lady Diana si sarà rivoltata nella tomba! Così nasceva e, poi, moriva, l’anno successivo, il primo governo Conte, dopo aver varato provvedimenti costosi e inconcludenti, nonché atti di giustizialismo spicciolo, mortificando la democrazia parlamentare, ormai ridotta in agonia, anche per il mito falso, diffuso dai grillini, di una democrazia digitale alle porte della Storia.

Dalle ceneri agostane del primo governo, ne è sortito un secondo, ancor più contraddittorio del primo, formato non solo da ex nemici elettorali, ma da forze politiche della cosiddetta sinistra che erano tenute a difendere i loro valori ideali, i loro impegni con gli elettori e la loro decennale presenza nella vicenda democratica del nostro paese. Se la prima alleanza costituiva un ibrido, la seconda ha consumato un tradimento. Mi riferisco al PD e all’ala governista del partito democratico che non reggeva più l’astinenza dal potere. Ed è ritornato a capo del governo lo stesso personaggio che aveva garantito la Lega e le iniziative di Matteo Salvini, l’avvocato Giuseppe Conte.

Così è venuto alla luce il secondo “mostro” governativo di questa  legislatura, il Conte II. Un trasformismo, oltre che un tradimento, che fa impallidire le peggiori pagine della peggiore storia repubblicana. Compromessi, spartizione del potere, nomine à gogo, conflitti continui, mediazioni senza costrutto, improvvisazioni, anarchia, ministri in ordine sparso, trionfalismo televisivo, pulsioni incostituzionali, presidenzialismo da operetta, dossier aperti e mai risolti. Con una sola novità: il Re Travicello si è trasformato in Re Leone, rivelando sorprendenti qualità machiavelliche nel mettere nel sacco sia alleati che ex alleati, nonché tutti gli oppositori, nell’annunciare soluzioni mai realizzare, nel rabbonire i recalcitranti e nel prendersi gioco, con l’astuzia legulea, dello stesso parlamento. Su questo sconfortante scenario, celato da una gran parte della stampa ormai servile, da una omertà diffusa anche nei corpi intermedi e da un servizio pubblico radiotelevisivo, cortigiano e gregario, il vascello governativo delle inconcludenze e del pressappochismo è stato costretto ad affrontare la tempesta epocale della pandemia.

E qui l’abilità della volpe ha trovato il suo tripudio mediatico. Sottovalutazioni da principianti, errori clamorosi e colpevoli, prima nel contenimento dell’epidemia e, poi, della conseguente crisi economica, che dovranno essere, a tempo debito, giudicati dai tribunali, sono stati spacciati, nel corso del 2020, in un’orgia di narcisismo mediatico, come risultati eccellenti, come “metodo italiano” da elogiare. In effetti, abbiamo assistito a: sottostima amministrativa, incapacità di coordinamento nazionale, anarchia istituzionale, scientifica e mediatica, provvedimenti a ripetizione, incoerenti, inapplicabili, inattuabili e giuridicamente contorti, ritardi sconfortanti, procedimenti farraginosi, mortificazione e delusione dei cosiddetti beneficiari. Mai un’autocritica, mai un ravvedimento operoso, mai un accoglimento di proposte ragionevoli, fatte anche dalle rappresentanze datoriali, mai un bilancio dei risultati veri, non quelli propagandati dai telegiornali di “regime”.

Interi comparti, come il turismo, i distretti industriali e le piccole e medie imprese, abbandonati a se stessi. Così la pseudo filosofia emergenziale dei bonus e dei ristori, delle proroghe e dei rinvii sono stati reiterati nella manovra di fine anno, nel bilancio preventivo 2021. Investimenti zero, riforme strutturali, come fisco, giustizia civile, pubblica amministrazione semplificazione, digitalizzazione, richieste anche dall’Europa, men che zero. Spese correnti, distribuzione improduttiva di risorse, tutte a debito, ormai al 160% del PIL, tutte caricate sul groppone dei giovani. Riforma elettorale gettata alle ortiche dal PD, dopo averne fatto una questione imprescindibile per sostenere lo scandaloso e demagogico taglio dei parlamentari. Una incoerenza indegna, una squallida rinuncia alle proprie posizioni di principio. Ora chi ha fatto da levatore a questo mostro, come Matteo Renzi, si ribella (o finge di ribellarsi)? Ora l’ex giovane prodigio fiorentino della politica italiana scopre la singolarità di un premier, che detiene, contro la prassi e la ragione, la delega dei servizi segreti, suscitando non pochi dubbi e sospetti su comportamenti non lineari? Ora l’ex premier si accorge che il piano nazionale della cosiddetta ripresa economica è una scatola vuota, vecchia e rivolta al passato? Ora si oppone a soluzioni illegittime e anticostituzionali di governance, fatte circolare ad arte da Conte e poi furbescamente ritirate? Ora si preoccupa che i miliardi del Recovery Fund possano finire in mani sbagliate, in investimenti improduttivi e obsoleti, rivelandosi come un flop per il nostro futuro?

 

Mi scusi, ma, secondo lei, come andrà a finire questo scontro?

 

Allo stato, non sappiamo come andrà a finire questa permanente conflittualità nell’esecutivo e nella maggioranza, lo verificheremo nei prossimi giorni, e chi ne uscirà con le ossa rotte: Renzi o Conte, o entrambi. Se Conte potrà tornare, finalmente, alle sue attività professionali o se riuscirà a “rimpastare” un governo, nato male e condotto peggio, oppure se sarà chiamato a guidare un terzo governo, il Conte ter, sostenuto da quei rimasugli parlamentari, senza arte né parte, terrorizzati di tornare alle urne e di perdere le proprie gratificazioni economiche, conquistate nel “superenalotto elettorale” del 2018 e contestate alla “casta” precedente, nonché soccorso dai “viêtcong” di stretta osservanza berlusconiana o postdemocristiana, sensibili  alla tutela di innominabili interessi aziendali. Uno scenario allucinante di impotenza, di compromessi e di ricatti, a livello governativo e parlamentare, un vivere alla giornata per la sopravvivenza di se stessi, con un disastro annunciato dei progetti europei.

Senza vantare doti profetiche, ma soltanto l’analisi rigorosa dei fatti, consiglio, a chi ne avesse l’interesse, di leggere o di rileggere i miei due book digitali, a disposizione gratuitamente, due diari politici documentati delle elezioni 2018 e della gestione della pandemia: “L’Italia sul baratro” e “Io accuso”. Il caos politico-istituzionale attuale era largamente prevedibile e scongiurabile! Il paese ora è stanco e provatissimo, la povertà cresce, le imprese falliscono, tranne quelle che stanno speculando sulla situazione sanitaria, i giovani sono disorientati e senza prospettive di uno stabile lavoro, gli anziani angosciati e in solitudine, gli imprenditori demoralizzati e pronti a gettare la spugna.

Il Palazzo, quello di pasoliniana memoria, non vede la realtà esterna, non ascolta i segni premonitori di un incandescente magma sociale che potrebbe tracimare e diventare incontrollabile. La mia domanda: può questo governo, o un altro guidato da questo premier, organizzare la ricostruzione dell’Italia, con un flagello epidemico ancora virulento? Possiede cultura di governo, capacità di gestione e valori ideali tali da mobilitare l’anima del paese e restituire al popolo italiano una prospettiva di lungo periodo, un’idea di comunità solidale, nonché uno spirito di resistenza che ancora a lungo sarà necessario, come auspicato dal presidente della Repubblica? La mia risposta è negativa, perché i limiti di questo governo e di questo premier stanno nella loro natura costitutiva, alla faccia dei sondaggi che ne fanno un soggetto ad alto gradimento popolare. Quando si spegneranno i riflettori del “grande fratello politico”, manovrato dall’esperta regia di Rocco Casalino, che manipola la pubblica opinione e le macerie saranno percepibili anche a chi gira, oggi, lo sguardo dall’altra parte, interessato solo alla propria bottega, forse sarà troppo tardi. Sarei felice, naturalmente, di sbagliarmi e di constatare un cambiamento miracoloso. Difficilmente, tuttavia, la dura realtà consente questo tipo di miracoli.

La politica ha fallito e neppure le opposizioni del cosiddetto centrodestra, divise su tutto, riescono a garantire, allo stato, una seria alternativa di governo. Certo, un governo di tecnici di altissimo profilo, sostenuto, obtorto collo, con la paura delle urne, dall’attuale parlamento, sarebbe più idoneo a guidare una ricostruzione, così delicata e complessa. In ogni caso, anche il ricorso ad elezioni anticipate, doverose in una democrazia parlamentare paralizzata, con una legge elettorale maggioritaria, sarebbe preferibile, come scossa salutare, prima del declino definitivo, che peserebbe sui prossimi vent’anni. Chi paventa le urne, come un pericolo, e le minaccia per garantirsi ancora il potere per il potere, è un falso democratico, senza alcuna credibilità!

 

Cosa pensa del Recovery Fund, il sistema di finanziamento garantito dall’UE per sostenere le economie colpite dall’emergenza sanitaria e in che modo i territori possono inserirsi in questo meccanismo che elargisce risorse?

 

Le ingenti risorse europee del Recovery Fund, destinate all’Italia, per la ripresa economica, per le riforme di sistema e per la ricostruzione postepidemica rappresentano l’unica e ultima zattera di salvataggio per evitare il declino definitivo e il naufragio politico, economico e sociale del nostro paese. Senza ripresa, rilancio e sviluppo, basato su investimenti produttivi, i debiti già contratti peseranno come un macigno sui futuri governi e sulla comunità nazionale, soffocandone ogni potenziale espansione economica. La posta in gioco è vitale e il tempo a disposizione ormai agli sgoccioli, senza poter subire ulteriori rinvii, oltre febbraio, a causa dei contrasti in seno al Governo e alla maggioranza.

Programmare e pianificare interventi su progetti vecchi, in maniera raffazzonata e senza prospettive, affidarne l’esecuzione a organismi esterni agli apparati amministrativi pubblici, con rischi di contenzioso, sprecare le risorse per accontentare il clientelismo politico-elettorale dei partiti di maggioranza, con qualche briciola per quelli dell’opposizione, ritardare nella tempistica progettuale e, in particolare, in quella realizzativa dei progetti approvati, porterebbe non solo al discredito a livello europeo, ma all’interruzione dell’erogazione dei fondi, prestiti o a fondo perduto, con il fallimento dell’intera operazione. All’interno di questa problematica, che investe direttamente la tenuta e la capacità dell’esecutivo in carica, ne esiste un’altra, taciuta e messa in sordina: la sicurezza sanitaria, presente e futura, degli italiani, sia sul piano della prevenzione che della cura tempestiva. L’Europa e il mondo occidentale si sono lasciati sorprendere da questo virus e dalle sue mutazioni.

I sistemi sanitari della società del benessere, del lusso e del welfare sono al collasso e non sappiamo ancora se le vaccinazioni di massa saranno in grado di riportare, in un biennio, questa epidemia sotto controllo, auspicando, comunque, che cessi la battaglia, geopolitica e finanziaria, tra le grandi lobby della ricerca scientifica e tra le potenti case farmaceutiche. Anche sul fronte vaccini, dopo il “valzer delle mascherine”, questo governo e i commissari straordinari al séguito hanno dimostrato, finora, incapacità e superficialità nella programmazione e nell’organizzazione, nonostante gli spot pubblicitari dei telegiornali. Domanda: la salute dei cittadini non dovrebbe essere l’obiettivo primario in un regime democratico, seguìta dalla ricerca scientifica e dalla formazione del personale medico, infermieristico e ospedaliero? Senza salute non c’è benessere economico, né sviluppo, né crescita demografica, né pace sociale.

La disfatta sanitaria del mondo occidentale, che vantava una superiorità civile, non dovrebbe spingere i governi a una rapidissima ricostruzione, rafforzamento e riorganizzazione, anche su base territoriale, dei sistemi della sanità pubblica e privata? Il governo italiano come corrisponde a questa imprescindibile ed evidente necessità? Destina, nella manovra 2021, pochi miliardi alla sanità, nonostante le (flebili e inutili!) proteste del ministro competente e rinunzia ai 37 miliardi del MES per obbedire alle paranoie ideologiche dei grillini, se si possono ancora definire così, come derivati linguistici del comico genovese, il “vaffanculista” che doveva diventare il salvatore della patria.

 

Ammesso e non concesso che questa epidemia rientri in un biennio, come tutti ci auguriamo, quali sono, per lei, le prospettive epidemiche del futuro?

 

Qualcuno dei membri del governo, del parlamento e dei partiti politici italiani ha letto e riflettuto sui saggi del divulgatore scientifico statunitense David Quammen, a partire da “Spillover” del 2013, sulla diffusione delle epidemie e sul trasferimento di agenti patogeni da specie a specie? Si è rotto l’equilibrio tra l’uomo e l’ambiente, tra l’uomo e le biodiversità, per cui l’umanità potrebbe essere preda di ben più gravi epidemie, quindi bisogna attrezzarsi subito per fronteggiarle con tempestività, organizzazione e competenza, nonché con risorse adeguate.

Quando, in Italia, avremo raggiunto il triste primato mondiale, in rapporto alla popolazione, delle 100.000 vittime, qualcuno si sveglierà dalle proprie illusioni? Sistemi sanitari e della ricerca scientifica, interagenti tra di loro, adeguati a resistere agli assalti epidemiologici futuri, in termini di prevenzione e cura, dovrebbero essere il primo obiettivo degli investimenti pubblici, nazionali e comunitari.

Inoltre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe essere riorganizzata da capo a fondo, perché il suo operato, in questa pandemia da Covid-19, è stato del tutto inadeguato, intempestivo, incoerente e reticente. I territori, cioè le regioni, i comuni e le organizzazioni, datoriali e sindacali, dovrebbero contribuire in maniera propositiva, sia sul piano sanitario che per gli altri investimenti, predisponendo progetti, su base distrettuale, che siano coerenti con l’economia del territorio, finanziabili e fattibili, rivolti al futuro e non al passato, senza aspettare che scenda la manna dal governo nazionale. Vincerà la progettualità e la proiezione nel futuro. Questo vale per tutti i comparti economici, a partire da quello turistico.

 

Senatore, il turismo è in crisi ovunque per effetto della pandemia. A Sorrento e in Penisola il comparto è gran parte dell’economia del territorio. Cosa serve al comprensorio costiero per farsi trovare pronto in occasione della ripresa? Una riflessione sul movimento turistico del futuro. Per il dopo emergenza si parla di fine del turismo di massa a Sorrento e non solo. Lei che prospettiva intravede?

 

Il turismo italiano, ancora una volta, elogiato a parole come fiore all’occhiello dell’economia italiana, per il contributo al PIL nazionale, per l’arte dell’accoglienza, per l’occupazione nel settore e per la tradizione enogastronomica di eccellenza, esportata in tutto il mondo, è stato tradito da questo governo, come anche da altri governi precedenti. Trattato come una cenerentola, con una delega ministeriale considerata non prioritaria, e con le Regioni che hanno continuato a procedere ciascuna per proprio conto.

Nessuna delle proposte fatte dalle rappresentanze di categoria, nazionali e regionali, nonché da Unimpresa, è stata accolta. Tranne iniziative spicciole, inconcludenti e inattuabili, sia nei decreti economici dell’emergenza, sia nella manovra finanziaria e sia, questo veramente grave e allarmante, nel piano sul Recovery Fund. Incomprensibile, doloso, irresponsabile. Questo governo scrive norme non solo contorte, ma che prescindono dalla realtà, perché non ascolta i protagonisti del settore, a partire dagli albergatori, dai ristoratori e da tutto l’indotto. Il turismo italiano viene sistematicamente sottaciuto, sottostimato e, di nuovo, vilmente tradito.

Per quanto riguarda il mercato turistico, internazionale e nazionale, non appena le vaccinazioni di massa creeranno condizioni di sicurezza sanitaria, anche nei trasporti, e sarà ripristinata nella classe media la fiducia nel futuro, il settore si riprenderà e, addirittura, esploderà. La vocazione a viaggiare, per godere delle bellezze naturali, artistiche e culturali e per conoscere mondi e tradizioni diverse, resterà insopprimibile nell’uomo. Il turismo di massa non scomparirà, anzi si espanderà, ma sarà un turismo di massa diverso dal precedente, con una domanda attentissima alla salvaguardia sanitaria ed esigentissima, in chiave di sostenibilità, di tutela dell’ambiente e di rispetto della natura. Un turismo di massa total green, un turismo totalmente rinnovato nell’ottica dell’economia circolare. Vincerà chi si sarà attrezzato e proporrà, con campagne mediatiche orientate al green, un’offerta in quest’ottica, non solo in chiave di marketing, ma in termini strutturali.

E questo compito riguarderà principalmente le amministrazioni locali, nell’ambito di logiche comprensoriali, l’adeguamento delle strutture ricettive, la ristorazione, la tutela rigorosa dell’ambiente, e il riciclaggio dei rifiuti. Serve una rivoluzione verde che parta dalla base dei distretti turistici, che non possono più fare affidamento sul governo nazionale e su quello regionale. Il comprensorio sorrentino-amalfitano, comprese le isole del golfo di Napoli, a prevalenza economia turistica, si presenta come il luogo ideale per anticipare questa rivoluzione.

 

I sindaci della Penisola, a partire dal primo lockdown, hanno preso l’abitudine di condividere le scelte mediante ordinanze dal contenuto identico sui temi di interesse comprensoriale. Anni addietro lei indicò, purtroppo inascoltato, la via maestra dell’Unione dei Comuni. Ci sono, a suo avviso, le condizioni per riprendere quella proposta? Un provvedimento, da adottare subito, che suggerisce all’Amministrazione guidata dal sindaco Massimo Coppola.

 

L’Unione dei Comuni della costiera sorrentina! Si tratta di un’altra battaglia, che risale alle mie due consiliature comunali di Sorrento, dal 1975, prima all’opposizione e, poi, nel governo della città, come vice sindaco, con la delega, tra le altre, alla Cultura. Lei mi riporta a decenni addietro! Quasi mezzo secolo fa! Una battaglia allora perduta per futili campanilismi, personalismi e miopia amministrativa. Il nostro comprensorio ha una vocazione e un destino comuni, problemi comuni, soluzioni necessariamente da condividere e da coordinare. Basti pensare alla mobilità, alla viabilità, all’ambiente, all’inquinamento marino e ai servizi essenziali.

L’Unione rimane una soluzione attuale, che, pur rispettando le diverse identità comunali, consentirebbe di mettere a fattor comune energie, risorse e soluzioni integrate. Anche da parlamentare ho continuato a suggerire questa soluzione. La pandemia ha dimostrato come questa sia la strada maestra anche per il rafforzamento delle strutture sanitarie e per l’elaborazione di un progetto comprensoriale di ripresa dell’economia turistica. Un progetto da elaborare quanto prima, tramite un comitato intercomunale, coordinato dalle amministrazioni locali, con le rappresentanze datoriali e sindacali, integrato da esperti economici e della comunicazione, che proceda alla radiografia e proposta: del comparto pre-epidemia, con i flussi della domanda, sia nazionale che internazionale; dei danni prodotti su quei segmenti di domanda dalla pandemia; dei flussi di domanda estera da recuperare, tenendo conto delle difficoltà indotte da nuovi eventi, come, per il mercato inglese, la Brexit; delle possibilità di orientarsi su altri mercati, più sensibili alla trasformazione dell’offerta nella direzione della sostenibilità e del green, nonché della conseguente programmazione di campagne mediatiche tempestive, non appena cessata l’emergenza. Bisogna prepararsi oggi per il domani, altrimenti si perderanno quote di domanda, non più recuperabili. Questo mi sento di proporre a tutti i sindaci della Penisola, a partire dal sindaco della “capitale”, Massimo Coppola.

Necessita, inoltre, inventarsi anche una nuova offerta che si concili con la destagionalizzazione. Mi riferisco a idee e proposte, affiorate nella recente campagna elettorale per l’elezione del nuovo sindaco di Sorrento, anch’esse risalenti a quasi mezzo secolo fa, che meritano di essere esplorate e progettate, potendo beneficiare di finanziamenti europei ad hoc. Si tratta di creare il “nuovo”, oltre a cercare di recuperare il recuperabile del “vecchio”, purché tra loro compatibili.

 

A quale “nuovo” si riferisce, senatore?

Nella storia umana, anche economica, una crisi epocale, come quella che stiamo vivendo, ha determinato la distruzione di buona parte del “vecchio”, sia materiale che concettuale, e ha provocato la creazione del “nuovo”, anche se questo processo innovativo di cambiamento ha comportato un consistente sacrificio di risorse, un radicale cambiamento di mentalità, un amaro abbandono di rendite di posizione, ritenute illusoriamente, fino al passato, come acquisite per sempre, e, da ultimo, ha richiesto un insieme di qualità, come il coraggio, la determinazione, la creatività e, perché no?, la visionarietà.

Non fa eccezione, nell’ambito del sistema economico italiano, il turismo nazionale, colpito al cuore, come anticipato in precedenza, dalla crisi economica e sociale in atto. Il turismo dovrà “reinventarsi” dalle fondamenta, potendo contare ancora su una storica cultura dell’accoglienza, su una raffinata arte dell’ospitalità, su un’offerta ricettiva e di servizi di altissima qualità, su un’eccellente tradizione culinaria e su un patrimonio di beni culturali, naturali, museali e archeologici, unici al mondo. Questo rinnovamento investe, in primis, le località a prevalente economia turistica, come Sorrento, la Penisola Sorrentina e la Costiera Amalfitana. Si tratta di definire, nell’ambito delle altre iniziative per la destagionalizzazione, un’idea-progetto, molto ambiziosa, da finanziare con i fondi europei e da realizzare nell’arco di un decennio: 2020/2030. Trasformare il comprensorio, nel semestre dall’ottobre al marzo dell’anno seguente, in una “high education area”, in collaborazione con i più prestigiosi istituti universitari europei (primo quinquennio 2020/2025) ed extra-europei (secondo quinquennio 2025/2030).

Ciascun quinquennio verrebbe realizzato secondo moduli progressivi, in relazione alle intese raggiunte e agli accordi sottoscritti con gli atenei più prestigiosi del nostro continente e del mondo. Area “non” come città universitaria, ce ne sono già troppe, ma luogo dell’alta formazione postuniversitaria, utilizzando, per gli stage, due trimestri successivi: ottobre-dicembre e gennaio-marzo. Gli stage sarebbero diretti e organizzati didatticamente dalle stesse università di provenienza, con docenti e materiale didattico di origine, in piena autonomia accademica, nelle materie e nelle discipline di competenza, che caratterizzano le rispettive specializzazioni post-universitarie.

L’area sorrentino-amalfitana offrirebbe gratuitamente una logistica di alto livello, strutture dedicate, dove tenere gli stage formativi postgraduate, attrezzate a dimensione informatica evoluta, e curerebbe, nell’ambito del progetto complessivo, sul piano organizzativo, dell’assistenza e del supporto, l’offerta alberghiera, per dirigenti, docenti e studenti, nonché le loro famiglie in visita, secondo pacchetti a costi preferenziali.

Tali pacchetti sarebbero integrati con escursioni programmate e guidate nei week-end, presso i più famosi siti della nostra regione, indicati, di seguito, a titolo di esempio: palazzi storici e musei (il Palazzo Reale a Napoli, la Reggia di Caserta, il Museo Archeologico di Napoli, Pinacoteche), teatri (Teatro di San Carlo e altri), siti archeologici (Pompei ed Ercolano), altre note località turistiche (Capri, Positano e Amalfi) e strutture produttive del “Made in Campania”. Definita l’idea-progetto, organizzativa, logistica e finanziaria, dopo aver ottenuto la prima tranche di finanziamento europeo per avviare la realizzazione delle strutture logistiche, le proposte di collaborazione e di intensa, attraverso i più raffinati strumenti di comunicazione e di marketing, verrebbero sottoposte, per il primo quinquennio, alle autorità accademiche delle più esclusive città universitarie europee, come sempre a titolo di esempio: Utrecht, Oxford, Manchester, Grenoble, Graz, Edimburgo, Dublino, Coimbra, Salamanca, Lund, Valencia e Zurigo. Sulla base dei risultati del primo quinquennio, il comprensorio sorrentino-amalfitano si preparerebbero, successivamente, ad ospitare, nel secondo, anche dirigenti, docenti e studenti, sempre postgraduate, provenienti dalle più prestigiose università americane, giapponesi, russe e cinesi.

La nostra terra confermerebbe, in tal modo, la sua fama di terra dell’accoglienza, della bellezza, della cultura e della collaborazione internazionale. L’obiettivo del primo quinquennio sarebbe quello di ospitare migliaia di laureati per ciascuno stage, mentre, per il secondo quinquennio, raddoppiare i partecipanti per ciascuno stage. Alla definizione di questa idea-progetto dovrebbero essere chiamati a collaborare, su iniziativa coordinata delle amministrazioni locali, tutti i protagonisti del turismo sorrentino-amalfitano, attraverso i loro rappresentanti di categoria e sindacali: albergatori, lavoratori alberghieri, ristoratori, guide turistiche, trasporti, commercianti, artigiani, associazioni culturali, strutture dell’intrattenimento e altri.

Si determinerebbe, in tal modo: un effetto produttivo e di reddito sull’intero indotto turistico del comprensorio, non effimero, ma destinato a consolidarsi nel tempo: il rafforzamento e l’ampliamento di un potenziale bacino di utenza di alto profilo; la promozione dell’immagine internazionale del nostro territorio, come luogo privilegiato di soggiorno, di cultura e di relazioni internazionali. Questo potrebbe essere un utile tassello, pur se non l’unico, per il rilancio della nostra economia turistica per il prossimo trentennio.

 

Grazie, senatore, per queste idee, molto innovative, che meritano un adeguato approfondimento e rinnovati auguri di buon anno, anche per la sua prolifica attività di scrittore! 

Buon anno a tutti i vostri lettori, sorrentini e non! Forza e coraggio!

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