“Randagismo. Comune latitante”

“I deboli, siano essi esseri umani o animali, vanno tutelati e protetti”. Inizia così il racconto di Angela Esposito. Il suo nome è legato, prima alla “Lega nazionale per la difesa del cane”, poi all’associazione “la Quercia”, punto di riferimento per i cittadini e per la stessa amministrazione. “Siamo volontarie che vivono il proprio amore per gli animali in modo totalizzante – dice Angela -. La nostra non è solo un’associazione, è una famiglia, dove si litiga per il bilancio, dove si ride per la gioia di salvare un cane dall’abbandono e dal randagismo, dove si vive per offrire una seconda possibilità a chi non ha potuto scegliere il proprio destino”. Clementina Ruggiero, presidente dell’associazione, Barbara Till, Luigia Gargiulo, Chiara Maresca e Elena Dubbiosi: sono questi i nomi di un gruppo che ha lavorato per comunicare la propria passione, per educare i bambini e le loro famiglie al rispetto degli amici a quattro zampe, per denunciare la piaga del randagismo e per dare una famiglia ai cagnolini abbandonati. L’associazione, che oggi conta circa trenta tesserati, è in attesa del riconoscimento da parte della regione Campania. Finora, le volontarie si sono autotassate, hanno chiesto prestiti, hanno lanciato campagne di sensibilizzazione per raccogliere fondi e, ovviamente, si sono rivolti all’amministrazione. “Purtroppo né dalle amministrazioni precedenti, né da quella attuale abbiamo avuto né risposte, né finanziamenti – spiega Angela Esposito -. Eppure, il sindaco è il proprietario dei randagi che vivono sul territorio comunale. Noi, dando i cani in adozione, facciamo risparmiare alle casse comunali circa 3 euro al giorno. È il costo medio per il mantenimento dei randagi nei canili convenzionati.  Se si pensa che nel 2015/2016 abbiamo fatto adottare circa 150 cuccioli tramite la procedura di “adozione da sindaco”, il conto è presto fatto. Per il bilancio cittadino, 164.250 euro in meno”. Sulle volontarie non grava solo l’impegno economico, ma tutta una serie di prassi faticosi, sia sotto il profilo fisico, che emotivo. “Il centro cittadino e le zone limitrofe sono quasi del tutto esenti da questa problematica che diventa, però, drammatica a Faito e a Santa Maria del Castello, dove i randagi si muovono in branco e sono difficilmente avvicinabili dai volontari – spiega la vicepresidente della Quercia -. Si potrebbe attuare la pratica di accalappiamento, passaggio per il canile sanitario, sterilizzazione, degenza post operatoria e successiva re-immissione sul territorio comunale. Un progetto c’è e, dopo una prima sperimentazione, è in procinto di ripartire”. Per eliminare il randagismo, però, bisognerebbe intervenire sotto due profili: la sterilizzazione e l’obbligatorietà del microchip. “Inoltre dovrebbero essere controllati i cani posseduti dai cacciatori – continua la volontaria -.  Il 90% dei cani abbandonati sono Setter e Breton, e non sono microchippati”. Oltre i dati forniti, nelle parole di Angela Esposito c’è la passione della guerriera, che ha adeguato gli spazi e i ritmi della famiglia alla sua missione di animalista. “La mia casa è l’ostello dei disperati – dice con gli occhi velati -. Ma io sono felice di poter accogliere i cani per salvare loro la vita. Da sola, non ci riuscirei: l’associazione e le meravigliose persone con cui condivido questa vocazione rappresentano la mia forza. Ho avuto la fortuna di conoscere, da adolescente, figure femminili che mi hanno insegnato tutto: Titina Volpe, Teresa De Simone, Giovanna Costabile e l’amatissima Patrizia Veniero. Così è nato un amore che ho trasmesso ai miei figli e che ho scoperto essere “contagioso”. Quando sono stanca e demotivata, penso alla “squadra”, ricordo i cuccioli salvati e riparto. Perché io non mollo, mordo!”

 

Nancy De Maio

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