Nell’articolo precedente abbiamo preso in considerazione lo sviluppo della comunicazione verbale e le tappe di sviluppo del linguaggio, ma che succede se il bambino presenta un ritardo nell’acquisizione di queste tappe?
Se l’evoluzione delle fasi descritte ha un rallentamento parliamo di ritardo evolutivo semplice del linguaggio altro non è che l’assenza o il ritardo di acquisizione della verbalità espressiva in termini globali o in uno degli aspetti parziali fonematici, lessicali e/o morfosintattici, mentre tutte le altre abilità comunicative e non comunicative non sono compromesse.
Il bambino che presenta questo ritardo semplice si comporta normalmente in tutte le sue attività, è un soggetto intelligente con una buona comprensione del linguaggio, ma che ha iniziato a parlare tardi; ad esempio la lallazione può essere comparsa dopo i 6-8 mesi di vita e le prime parole dopo i 18 mesi. Questo bambino a due–tre anni sa pronunciare un certo numero di parole ma non struttura la frase, viene compreso solamente dalla madre e si aiuta con il gesto per comunicare. Spesso il bambino codifica un suo linguaggio, non facendo alcuno sforzo per adeguarsi ai coetanei, soddisfatto di essere compreso in famiglia.
Le cause che possono provocare un ritardo semplice del linguaggio sono:
Stimolazione carente o alterazione del rapporto madre-figlio ;
Nascita di un fratello (la nuova situazione richiede cura e attenzione, in quanto il bambino può mostrare ritardo nel caso in cui ingelosendosi, desidererà diventare più piccolo e attirare l’attenzione su di sé e la prima funzione a regredirsi è quella linguistica)
Gemellaggio (a causa del rapporto “simbiontico” e facendosi compagnia l’un l’altro spesso sono scarsi i modelli linguistici indispensabili per un buon sviluppo del linguaggio)
Immaturità
Malattie (intese come malattie a lungo decorso o ricoveri ospedalieri prolungati che impediscono che il bambino svolga una vita normale ossia il bambino è costretto a rinunciare all’attività motoria esplorativa indispensabile alla buona strutturazione del linguaggio. Inoltre se la madre diviene iperprotettiva ed ansiosa frena ulteriormente il bambino)
Il ritardo evolutivo semplice del linguaggio, come già detto, prevede una buona comprensione ma la denominazione risulta dislalica, la frase è ipostrutturata; il livello del linguaggio in questi soggetti può presentare un ritardo da uno a due anni.
A volte è sufficiente modificare l’ambiente, dando educazione alla famiglia ed all’insegnante. Infatti un altro elemento determinante sarà l’inserimento alla scuola materna :imparare a giocare in gruppo, ascoltare i compagni, rispondere loro, essere stimolato a chiedere sono tutti fattori che aiutano il bambino a parlare e a farsi comprendere dai coetanei .
Qualora dopo 4-5 mesi dall’inserimento alla scuola materna non si notasse un sensibile miglioramento è necessario effettuare un controllo del bambino per iniziare eventualmente il trattamento rieducativo, che sarà incentrato sulla stimolazione globale del bambino (con esercizi di stereognosia degli oggetti, associazioni, classificazioni, conversazione su favole e argomenti con album e foto) e sulla correzione del versante espressivo (con esercizi bucco-linguali, esercizi di soffio, esercizi di impostazione dei fonemi e giochi articolatori)
Quando non si parla più di ritardo semplice del linguaggio? E se il bambino non ha una buona comprensione linguistica?
Per convenzione a 36 mesi è definito il limite per i ritardi transitori.
Oltre ai 36 mesi si parla di Disturbo Specifico di Linguaggio (DSL);
Che cosa sono?
“Mio figlio non parla bene. Che cosa può avere?”. La risposta a questa domanda non è sempre semplice. Un problema di linguaggio può avere diverse cause più o meno gravi: una sindrome, un ritardo mentale, un problema anatomico alla lingua o alla bocca, una sordità non diagnosticata, un disturbo dello spettro autistico, e molto altro.
Tuttavia, sono molto frequenti le situazioni in cui il bambino non ha nulla se non questa difficoltà nel parlare (parla poco o nulla, usa poche parole, “confonde” le lettere). In questo caso parliamo di disturbo specifico del linguaggio. Si tratta, cioè, di bambini che pur non avendo problemi neurologici, sensoriali o relazionali hanno difficoltà a comprendere e/o produrre parole o frasi rispetto ai loro coetanei.
Perché è importante conoscerli?
La maggior parte dei disturbi specifici di linguaggio si risolve col tempo, anche se le difficoltà nell’organizzazione del discorso possono persistere anche in età adulta. Tuttavia, è importante intervenire su questo tipo di problema perché i disturbi del linguaggio tendono ad “evolvere” in disturbi dell’apprendimento (lettura e scrittura). In particolare, le difficoltà di tipo fonologico possono avere come seguito una dislessia o una disortografia, mentre le difficoltà di comprensione verbale e di strutturazione delle frasi possono manifestarsi come disturbo della comprensione del testo.
Un alto motivo per cui è importante ricorrere alla valutazione neuropsicologica e logopedica è che raramente un disturbo di linguaggio appare isolato, ma è spesso accompagnato da una fragilità in qualche altra componente cognitiva.
Mio figlio è intelligente ma non parla bene: ha un disturbo di linguaggio?
Non per forza. L’acquisizione del linguaggio è probabilmente la cosa più difficile che un essere umano fa nel corso della sua vita. C’è chi parte un po’ più lentamente e recupera col tempo e chi parte bene ma subisce un periodo di “assestamento” (non è raro osservare una fase di balbuzie fisiologica nei bambini che stanno imparando a strutturare frasi complesse).
Uno degli scopi della valutazione logopedica è proprio quello di distinguere uno sviluppo tipico da uno atipico. Esistono errori tipici della normale acquisizione del linguaggio, come ad esempio alcune semplificazioni (“cala” per “scala”), ma fino a una certa età; esistono poi errori “atipici” che non si incontrano nel classico processo di acquisizione del linguaggio.
Un altro scopo della valutazione è quello di distunguere tra quello che gli inglesi chiamano un problema di “speech” dal problema di “language“. Un problema di “speech” può essere, ad esempio, la famosa “zeppola” (s interdentale) o la “erre moscia” (rotacismo). Anche se questi problemi si manifestano in un linguaggio meno comprensibile, sono del tutto diversi da problemi di tipo fonologico (es: semplificazioni o sostituzioni di lettere, mancata consapevolezza della lunghezza delle parole) o morfosintattico (strutturazione della frase) e hanno un tipo diverso di trattamento.
Secondo l’ICD-10 il disturbo di linguaggio è una condizione in cui l’acquisizione delle normali abilità linguistiche è disturbata sin dai primi stadi dello sviluppo. Il disturbo linguistico non è direttamente attribuibile ad alterazioni neurologiche o ad anomalie di meccanismi fisiologici dell’eloquio, a compromissioni del sensorio, a ritardo mentale o a fattori ambientali. È spesso seguito da problemi associati quali le difficoltà nella lettura e nella scrittura, anomalie nelle relazioni interpersonali e disturbi emotivi e comportamentali
Quando iniziare a “preoccuparsi”
Nonostante l’origine dei disturbi specifici di linguaggio (DSL) non sia chiara, nel corso degli anni sono stati messi in evidenza alcuni indici che correlano con un successivo disturbo di linguaggio. In particolare:
5-10 mesi: assenza della lallazione (prima vocalica, poi consonantica)
12-14 mesi: assenza di utilizzazione di gesti (deittici e referenziali)
12 mesi: mancata acquisizione di schemi d’azione con oggetti
18 mesi: vocabolario inferiore a 20 parole
24 mesi: vocabolario inferiore a 50 parole
24-30 mesi: assenza o ridotta presenza di gioco simbolico
24-30 mesi: ritardo nella comprensione di ordini non contestuali
30-40 mesi: ridotta presenza di gioco simbolico
dopo i 30 mesi: persistenza di idiosincrasie
Come si classificano?
Esistono diverse classificazioni del disturbo di linguaggio. I due classificatori più importanti le inquadrano così:
ICD-10
Disturbo specifico dell’articolazione
Disturbo del linguaggio espressivo
Disturbo del linguaggio recettivo
Afasia acquisita con epilessia (sindrome di Landau Kleffner)
DSM-V
La nuova edizione del DSM ha apportato numerose modifiche alla classificazione dello sviluppo del linguaggio rispetto alla precedente:
Distubo del linguaggio (unisce il disturbo dell’espressione del linguaggio e il disturbo misto dell’espressione e della ricezione del linguaggio)
Disturbo fonetico-fonologico (in precedenza disturbo della fonazione)
Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia (in precedenza balbuzie)
Disturbo della comunicazione sociale (pragmatica)
Come si manifestano?
I disturbi specifici di linguaggio possono presentarsi con un ritardo nella comparsa delle singole parole, alterazione nella produzione dei suoni linguistici o anche difficoltà a livello lessicale, sintattico-grammaticale (la struttura della frase) o pragmatico. Alcuni campanelli d’allarme nella fascia d’età 18-30 mesi sono rappresentati da difficoltà di comprensione del linguaggio parlato, scarso uso di gesti o lentezza nello sviluppo del linguaggio (frasi complesse che tardano a strutturarsi). In sintesi si tratta di bambini che faticano a farsi capire o a comprendere e quindi a sostenere una conversazione.
Come si diagnosticano ?
La diagnosi non può prescindere da un’accurata valutazione neuropsicologica e logopedica, precedute da un’accurata anamnesi e molto spesso si rivelano fondamentali anche approfondimenti medici, soprattutto per quanto riguarda l’apparato uditivo. Tutto ciò perché, nella strutturazione di un intervento abilitativo/riabilitativo, non si può prescindere da una conoscenza del profilo del bambino su più aspetti, sia per quanto riguarda le difficoltà che gli specifici punti di forza.
Come evolvono?
Innanzitutto è necessario specificare che non tutti i bambini con una difficoltà di linguaggio nei primi anni di vita sviluppano un disturbo specifico di linguaggio. Esistono, infatti, i cosiddetti late bloomers che riescono a recuperare in un anno il ritardo rispetto alla norma (ritardo che, a volte, può essere anche considerevole) e i late talkers. Alcuni late talkers evolvono in bambini con DSL. Per alcuni (1-2%) persisterà il disturbo anche in età scolare.
Fabrizi e collaboratori individuano 4 fasi:
A 24 mesi i bambini con un disturbo di linguaggio sono circa il 15%, a 5 anni il 3%, in età scolare solo 1-2%.
Circa la metà dei DSL presenterà difficoltà di apprendimento nella lettura, nella scrittura e/0 nel calcolo.
Come si trattano?
L’intervento d’elezione per un disturbo specifico di linguaggio è senza dubbio quello logopedico. Va precisato che disturbi “puri” insieme ai quali non siano presenti altri tipi di difficoltà sono piuttosto rari. Bisogna quindi tener conto di altri possibili disturbi che si presentano in concomitanza, da valutare caso per caso, e trattare anche quelli secondo le modalità più opportune.
Cosa possono fare i genitori in caso di ritardo semplice o disturbo specifico del linguaggio?
Alcuni consigli per promuovere e facilitare la comunicazione del bambino in età pre-linguistica
E’determinante far venire al bambino la voglia di imparare a parlare: la motivazione a comunicare è fondamentale e facilita le acquisizioni linguistiche.
Fate scoprire al bambino che il linguaggio è qualcosa di piacevole e divertente.
Dimostrategli con il tono di voce e con il sorriso che anche per voi parlare con lui è un piacere.
Abituatevi a fornire continuamente al bambino un linguaggio significativo, che accompagni le azioni più usuali e gli oggetti comuni di tutti i giorni. Usate un linguaggio completo mentre il piccolo agisce e si impegna. Il linguaggio lo si impara solo se lo si associa a una realtà sicuramente conosciuta.
Favorite soprattutto la comprensione, non pretendete subito una produzione. Questa sarà successivamente e progressivamente più appropriata.
Fategli scoprire che tutto ha un nome: persone, oggetti e loro parti, azioni, qualità etc., non usate parole isolate, ma sempre frasi complete, anche se non troppo lunghe. Sottolineate le parole con gesti naturali e con l’intonazione. Dimostrate direttamente le vostre richieste verbali. Non stancatevi mai di ripetere. È solo attraverso la ripetizione continua che si costituisce una solida comprensione.
Usate la correzione indiretta: se il bambino viene corretto troppo frequentemente si sentirà frustrato e incapace e potrebbe ridurre il suo impegno nell’apprendimento. Quando il bambino tenta di pronunciare le prime parole , non stancatevi di apprezzarle anche se non saranno (e non potranno essere) perfette. Accettatele sempre e ripetetele in forma corretta, come per sottolineare la comprensione da parte vostra.
Quando il bambino usa parole isolate per comunicare le sue intenzioni, idee, richieste, accogliete il suo messaggio sintetico e rimandateglielo con un’approvazione iniziale seguita dall’intera frase che avrebbe voluto dire. Quando il bambino comincia ad usare frasi contratte o con qualche errore grammaticale o sintattico riproponetegli il messaggio in forma corretta.
Sappiate espandere il linguaggio in modo da favorire l’organizzazione del pensiero. Ampliate il vocabolario del bambino usando parole nuove, che siano più appropriate. Partite sempre dalle idee che il bambino esprime col suo linguaggio per aggiungere qualche dettaglio; aiutatelo a classificare e scoprire relazioni fra le cose e a verbalizzarle; insegnategli a dire tutto quello che sa fare e osservare, e a organizzare ogni nuova informazione.
Durante le attività di gioco con oggetti e durante la lettura di un libro condividete lo stesso centro di attenzione e di interesse del bambino denominando gli oggetti ed indicando le figure. Evitate di fare domande chiedendo il nome della figura o dell’oggetto. Non richiedete necessariamente la ripetizione della parola appena detta.
Durante attività e situazioni familiari e ricorrenti nella giornata che coinvolgono il bambino commentate ed esprimete sempre con il linguaggio tutto ciò che il bambino intende comunicare con i gesti. Fategli capire che il suo messaggio è stato compreso ripetendolo con frasi semplici in modo da dargli fiducia nelle sue capacità di comunicazione.
Durante l’uso di giochi di costruzioni (puzzle, lego, etc.) spiegate con frasi ciò che il bambino sta facendo, date suggerimenti verbali e dimostrazioni su come si costruisce il gioco. Correggete gli errori di costruzione facendogli osservare le caratteristiche dei pezzi.
Spesso si sente dire che i bambini”non sono pronti per la logopedia “.I pediatri in molti casi non inviano i bambini da un logopedista perché “troppo presto”. Spesso non c’è una buona informazione e gli stessi pediatri tendono a sottovalutare la questione rimandando quanto più possibile un intervento logopedico.Rivolgersi ad uno specialistaquando il bambino è molto piccolo è importante per monitorare lo sviluppo linguistico del bambino e per intervenire precocemente in caso di bisogno .
NON METTERE A RISCHIO LO SVILUPPO LINGUISTICO DI TUO FIGLIO
Un intervento precoce evita l’insorgenza di problematiche più gravi.
A cura della :
Dott.ssa Genoveffa Pelo
Sede: “Cresco, imparo gioco” via Roma 7, Vico Equense
Cell:3331176745
Cell:3382971211
E-mail: jennypelo@libero.it
Appuntamento al 10 Luglio con la Dott.ssa Anna Pollio, con l’intervista al Foniatra e otorinolaringoiatra il Dottore Arcadio Vacalebre .
Età
Fase
Cosa accade
18-36 mesi
Fase di emergenza
Il linguaggio non si sviluppa in modo tipico
36 mesi – 5 anni
Fase di strutturazione
il DSL si stabilizza
4-5 anni
Fase di trasformazione
il DSL evolve verso disturbi neuropsicologici e psicopatologici secondari
6 anni – adolescenza
Fase di strutturazione del disturbo secondario
si struttura un eventuale disturbo di apprendimento e/o un disturbo psicopatologico sul disturbo secondario