Scuola e apprendimento: quante emozioni in gioco!

«Lo sviluppo cognitivo non può essere interpretato al di fuori di una cultura, al di fuori cioè delle mediazioni emotive, educative e sociali che lo rendono possibile». Lo scriveva lo psicologo Jerome Bruner nel lontano 1966, eppure questa questione resta tuttora spinosa quanto rilevante in un momento storico in cui “piovono” diagnosi, in particolare quelle sempre più diffuse di Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Con questo articolo entriamo in un mondo la cui complessità non può certamente essere esaurita in poche righe ma rispetto al quale vogliamo portare l’attenzione, partendo da questa premessa: non tutte le difficoltà dell’apprendimento possono essere attribuite a problematiche organiche e/o a deficit sul piano intellettivo, costringendoci al confronto con la variabilità intersoggettiva e ad interrogarci su cosa non ha funzionato nella specifica, unica e irripetibile storia di quel bambino che non riesce a stare al passo con quanto gli viene richiesto nel percorso scolastico. Talvolta tali “incidenti di percorso” possono essere messi in relazione con quanto è accaduto o sta accadendo al di fuori della scuola. Pensiamo ad esempio ad un bambino che si trova a fare i conti con la perdita di un caro o con una situazione familiare conflittuale. Può questo bambino avere quella serenità necessaria per mantenere la concentrazione nella prestazione che gli viene richiesta? Non sempre e non per forza, perché emozioni e pensieri negativi possono interferire con la capacità di restringere il raggio della nostra attenzione ad una cosa sola, e questo vale per il bambino alle prese con i compiti come per noi adulti nello svolgimento del lavoro. Buone prestazioni si fondano, oltre che sulle capacità e sulla concentrazione, anche sulla motivazione: è quest’ultima che mette in moto le nostre azioni ed il desiderio di portarle a termine. E la motivazione va coltivata, facendo sentire al bambino, prima a casa e poi a scuola, che crediamo in lui: se egli non si sente capace di affrontare qualcosa è più difficile che si conceda la possibilità di provarci, a protezione di un fragile senso di autostima. In questo senso, critiche e giudizi reiterati possono essere controproducenti poiché, anziché stimolare rischiano di demotivare ulteriormente. Stesso discorso per le aspettative troppo elevate che possono far vivere al bambino un costante senso di inadeguatezza poiché, ricordiamolo prima di tutto a noi stessi, la perfezione non esiste! E’ evidente che le emozioni giocano un ruolo importante nei processi di apprendimento. Occorre fornirgli spazio e la giusta considerazione, poiché ogni bambino apprende attraverso il filtro della propria storia e del proprio vissuto emotivo. L’apprendimento passa attraverso la relazione, caricando il docente di una responsabilità che va ben oltre il mantenersi al passo con il programma scolastico, in particolare quando ci si deve occupare di bambini che hanno maggiormente bisogno di aiuto e per i quali diviene essenziale dare grande attenzione alle emozioni e all’affettività che entrano in gioco nel percorso formativo scolastico.

Dott.ssa Margherita Di Maio, psicologa ad approccio umanistico e bioenergetico. Per info 331 7669068
Dott.ssa Anna Romano, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva. Per info 349 6538043