E se si fosse verificato uno tzunami?

Principi base per la gestione del rischio sismico
Chiunque abbia solo una benchè minima conoscenza di rischio sismico sa benissimo che allo stato attuale non si possono prevedere i terremoti.
E chi è esperto di gestione del rischio sismico sa che per mitigare gli effetti di un evento sismico le principali misure di mitigazione che si possono adottare sono il consolidamento dei fabbricati, la predisposizione e gestione dei piani di fuga e la realizzazione delle vie di fuga.
Perciò dopo che si è verificato un evento sismico la prima cosa da fare è verificare insieme se queste azioni di mitigazione sono state attuate .
La prima mesta constatazione da fare è che con le normative attuali é praticamente impossibile consolidare i fabbricati. Stando così le cose i fabbricati più deboli sono condannati a cadere.
E per quanto riguarda i piani di fuga, se poi si analizza quello che è successo dopo l’evento di Ischia bisogna tristemente constatare che, o non esistono o non sono conosciuti e che certamente non hanno funzionano :la gente è in parte rimasta abbandonata all’esterno delle strutture e in parte si é recata allo sbaraglio e senza assistenza agli imbarchi,dove dopo il danno, sembra che abbia subito anche la beffa di dover pagare il biglietto per scappare .
E per scappare dove ? Quali vie di fuga sono state rese disponibili ?
Sembra che nessuno sia preoccupato di regolamentare quello che stava succedendo o di fornire una benchè minima indicazione sul dove recarsi. Le vie di fuga che dovrebbero essere sempre pronte e disponibili, a cominciare dalla viabilitá dei Campi flegrei ,fino alla famigerata strada della morte del Vesuvio,sono perennemente intasate, se non addirittura interrotte.
In aggiunta a tutto questo non siamo nemmeno ceri di dove esattamente si è verificato il terremoto .
E difronte a questo disastro gli organi d’informazione invece di concentrare l’attenzione sull’esito di quella che possiamo immaginare come una involontaria esercitazione e cercare di capire cosa non ha funzionato, non trovano di meglio che dare spazio nei talk show a presunti esperti, che accentuano le ipotesi di disastro sapendo di non rischiare niente se si rivelano sbagliate, ma che così facendo mettono in difficoltà chi prudentemente non anticipa fatti su cui non vi è certezza , o si aggrappano a coloro i che danno la colpa di tutto all’abusivismo edilizio.
Tutto questo non ha niente a che vedere con la gestione del rischio sismico, e serve solo a nascondere le vere responsabilitá e a consolidare l’immagine di un Sud straccione : in taluni casi si è arrivato in modo evidente alla manipolazione dell’informazione e sciacallaggio .C’è sempre chi guadagna coltivando il proprio orticello, non importa se usa concimi avvelenati.
E invece ci sono ben altri argomenti che rendono necessario un approfondimento ed in particolare occorre verificare se i comportamenti tenuti sono stati adeguati al manifestarsi di un terremoto.

E’ stato emesso un allert?
Quando si è manifestato l’evento l’epicentro del terremoto è stato localizzato in mezzo al mare. E perciò è lecito chiedersi : e se ci fosse stato uno Tzunami ? Le onde di uno tzunami possono generare effetti molti più disastrosi del terremoto.
Se si fosse prodotta un onda anomale alle 20,30, quando si è verificato l’evento o in una fase parossistica immediatamente successiva, avrebbe potuto spazzare non solo Ischia , ma l’intero litorale del Golfo di Napoli, fino a Sorrento e provocare migliaia di morti.
Noi ci siamo dimostrati preparati a gestire un evento del genere?
Per rispondere a questo bisogna porsi altre domande.
C’è stato un collegamento fra le gli osservatori vulcanologici e la Guardia Costiera e i Sindaci ? Dopo quanto tempo è scattato l’ allert? E dopo l’ allert chi si è interessato ad avvertire le migliaia di residenti e turisti , che nel frattempo frequentavano le marine ?
La gestione del rischio si basa su di un principio ‘ ridurre i danni al minimo possibile’ , perciò in conclusione, la gente dovrebbe essere stata quantomeno avvertita di dove scappare . Le uniche notizie che abbiamo è che a Ischia sono scappati tutti verso il Porto cercando di raggiungere la terraferma : ci vuole poco a capire che sarebbe stata una scelta sbagliata se la scossa avesse provocato uno tzunami. Questa scelta istintiva non avrebbe fatto altro che aggravare il bilancio delle vittime.
Sono state garantite le vie di fuga ?
E cosa sarebbe successo a tutte queste persone che scappavano, se il panico avesse coinvolto anche gli abitanti della zona fleglea? Sarebbero probabilmente rimaste intrappolate nel traffico ed esposte ad altri rischi. E qui inizia il discorso su cosa occorre fare per garantire le vie di fuga . Quando Sorrento fu colpita dal terremoto del 1980 tutte le strade si bloccarono : oggi accadrebbe probabilmente lo stesso . E mille vie di fuga non risolverebbero il problema se tutte le auto scendessero contemporaneamente in strada, tagliandosi la strada l’una con l’altra , o se al termine della strada s’incontrasse un casello con l’asta della barriera abbassata . come accade a Castellamare.
Si intuisce che una strada , da sola , basta e avanza a condizione che ci sia una corretta gestione dell’evento, lasciandola sgombra, percorribile a senso unico e accessibili solo da direttrici principali.E rendendo disponibili dei mezzi di soccorso per far fronte ad eventuali incidenti. Gestire correttamente questo tipo di esodo può fare la differenza , e bisogna verificare se questo piano di evacuazione esiste e se le Polizie Municipali dei diversi Comuni sono state addestrate ad operare insieme per metterlo in pratica . Quello che possiamo dire e che certamente non c’è stato alcun allert
L’eterno conflitto fra i sostenitori la deep ecology e della cornucopia estrema

La gestione dei rischi si fa seguendo regole precise e a questo si oppongono sia i sostenitori della deep ecology , che cercano di far risalire la soluzione di tutti i problemi alla affermazione di un mondo ideale, sia i sostenitori della cornucopia estrema , quelli cioè che cercano di far apparire che nulla sia veramente accaduto e che è interesse generale che la giostra vada avanti a tutti i costi. Sembra due schieramenti all’opposto su tutto e invece hanno in comune una cosa, che ne determina i comportamenti : la paura . Hanno paura di gestire i cambiamenti.
Come rimediare agli errori
Non ci vuole molto a capire che l’abusivismo edilizio e la mancata gestione dei rischi sono due facce della stessa medaglia e che derivano da una sola causa : la nostra incapacità di gestire i cambiamenti .
C’è una sola strada per quanto impervia che si può percorrere per rimediare : ammettere questo errore e correggerlo, imparando a gestire i cambiamenti.
E questo si può fare solo se avremo la capacità di incontrandoci aldifuori della linea lungo la quale si scontrano gli interessi contrapposti di chi non vuole cambiare mai e chi vuole agire senza regole.
Non si può risolvere il problema del rischio sismico solo demolendo gli immobili abusivi,ben sapendo tra l’altro che sono spesso l’unica abitazione o l’unica fonte di reddito produttivo per migliaia di famiglie, né si può rendere sicuro il territorio lasciando costruire immobili insicuri.

I soggetti che devono intervenire per gestire i cambiamenti ed il rischio : il ruolo della Regione e dei Sindaci.
L’evento sismico non deve essere utilizzato come occasione per regolare antiche questioni, ma deve invece essere l’occasione per rendere consapevole la Regione Campania, intesa come l’insieme di tutte le sue componenti , del fatto che deve completare il lavoro lasciato incompiuto con la emissione del Piano Territoriale di Coordinamento.
Ed è in questo contesto occorre definire le regole per stabilire quali costruzioni abusive vanno regolarizzate , quali devono essere acquisite al patrimonio pubblico e rese disponibili per soddisfare esigenze abitative ( il lato oscuro del problema che esiste e che invece di essere risolto , viene utilizzato per continue strumentalizzazioni ) e quali invece devono essere abbattute , perché insicure, realizzate in ambienti di particolare pregio o antieconomico recuperare.
Continuare a non affrontare questo problema è affidarsi a soluzioni parziali come la modifica al PUT attualmente votata dalla Commissione Ambiente, o la proposta di pseudo condono in corso di approvazione, finiranno aldilà delle intenzioni , con il rivelarsi l’ennesimo tentativo di allargare alcune maglie per risolvere i problemi di qualcuno, lasciando il problema nella sua interezza risolto.
La seconda cosa da fare è impegnarsi tutti insieme per combattere l’abusivismo, ma per questo non servono solo i droni e individuare e demolire le costruzioni : occorre anche combattere la filiera di complicità e ammiccamenti di tutti quelli che vivono intorno a questo fenomeno. E questo si può fare, stabilendo strumenti nuovi per individuare la rete d’interessi e gli illeciti arricchimenti che ci sono dietro le costruzioni abusive e stabilendo pene più severe per chi trae frutto da queste attività.
Ma insistere sulla necessità di regolamentare le costruzioni e favorirne gli adeguamenti strutturali, non deve portare a trascurare l’altra faccia del problema , e cioè la gestione del rischio
E sono i Sindaci in questo caso che devono analizzare quello che è successo e stabilire cosa occorre fare per garantire la sicurezza e la qualitá della vita dei Cittadini,perché sono loro i responsabili della protezione civile.
Sono loro che devono, pianificare quello che veramente serve per mettere in sicurezza questo martoriato territorio, analizzare dopo ogni evento , le carenze che si manifestano e studiare le azioni per porvi rimedio. E per questo non ci vogliono Sindaci superman , ci vogliono risorse adeguate . Occorre una profonda modifica delle strutture tecniche e di controllo di cui sono dotati i Comuni , fatte prevalentemente di uffici urbanistici, squadre antiabusivismo e polizia urbana addetta al traffico : al loro posto devono sorgere strutture di tecniche di supporto con gente capace di sorvegliare il territorio con occhi nuovi e capace di attuare interventi capaci di mitigare il rischio, non importa se si tratta di quello sismico , di quello idrogeologico, di quello ambientale o degli incendi boschivi .
8) Bisogna far crescere il senso di appartenenza ad una Comunità
E noi Cittadini siamo parte interessata , dobbiamo chiedere che si facciano queste cose .
Dobbiamo capire che la nostra Comunità non inizia e finisce nei confini di un Comune. Quello che è successo ad Ischia ci deve coinvolgere e far riflettere sulla necessità che molte cose devono essere gestite in ambiti più ampi .
Non dobbiamo far finta di niente per paura che prendere coscienza della vastità dei problemi ci esponga ad un ritorno d’immagine negativo .
Adesso sappiamo che se si verifica uno tzunami nel Golfo c’è una elevata probabilità che non scatti nessun allarme ,che non venga attuata nessuna procedura di evacuazione del litorale e che non c’è nessun coordinamento fra i Comuni capace di garantire per un esodo organizzato.
Migliaia di persone sono per questo esposte a rischio grave: dobbiamo chiedere a gran voce che si ponga rimedio a questa inaccettabile situazione .
Garantire una corretta gestione del territorio è un problema enorme , è occorre un impegno paragonabile allo sforzo fatto dai nostri padri fondatori quando si incontrarono , partendo da posizione diverse, per dare vita alla Costituzione. E’un impegno che va affrontato fiducia, ma anche con la consapevolezza che se fallisce questo tentativo , siamo tutti in parte responsabili delle vittime e dei danni conseguenti ad ogni evento sismico o disastro ambientale . e se lasceremo questo problema irrisolto vuol dire che lasceremo alle generazioni una pesante eredità , fatta di un sistema non regolamentato in cui non solo è sempre più alto il rischio di danni alle persone e il determinarsi di disastri ambientali , ma anche il rischio di profonde lacerazioni sociali.
Ci sarebbero tante altre cose da approfondire e si tante idee diverse su cui confrontarci , ma se vogliamo uscire da questa crisi c’è requisito che tutti dobbiamo impegnarci a rispettare : bisogna far crescere il senso di appartenenza ad una Comunità .

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