“Speciale” io? No, solo un’equilibrista… come tante

Quante volte mi sono sentita chiamare “mamma speciale”, all’inizio era un aggettivo che mi metteva a disagio, ora l’ho accetto con un sorriso perché ho capito che serve agli altri per darsi una spiegazione, per esprimere semplice e sincera ammirazione oppure per coprire quel filo di pietà. Confrontandomi con altre mamme ho scoperto che questo disagio è comune a molte.

Dov’è la specialità di essere mamma di un figlio con autismo? Io non lo so.

Non ti senti speciale all’inizio perché non ti accorgi subito che tuo figlio ha bisogno di aiuto, fino a due anni, apparentemente, è tutto nella norma, impara a camminare, sorride dice anche qualche parolina. Tu sei una mamma come tante. Poi lo chiami non si gira, non ti cerca, non ti abbraccia diventa quasi come una piccola bambola di cera che vaga per casa, anche il corpo appare abbandonato, quelle poche paroline spariscono e tu mamma cerchi di non tormentarti, ma cominci a porti delle domande.

Non ci sentiamo speciali noi mamme di figli con autismo. Io non mi sono sentita speciale quando ho portato mio figlio alle prime visite, quando tutto mi sembrava più grande di me, quando non capivo i medici. Non mi sono sentita speciale quando l’ho svegliato alle 4 del mattino per portarlo alle visite per l’udito, quando l’ho stretto fra le braccia mentre tremava per un’anestesia totale dopo la risonanza magnetica. Non mi sono sentita speciale quando dopo il primo ricovero, non sono riuscita a restare in quella stanza di ospedale e siamo scappati. Ho odiato tutti i medici che ci ponevano sempre le stesse domande, ho odiato le sala gioco dell’ospedale. No! Non mi sono sentita speciale quando ho provato una rabbia immensa per non aver compreso tutto prim , per essermi accontentata di ciò che  ci ha offerto  questo territorio , senza compiere nessun viaggio della speranza, pregando che tutto andasse per il meglio. E non mi sono sentita speciale quando ho visto quei miglioramenti arrivare perché ho incrociato gli sguardi di altre mamme, che invece non avevano quegli stessi risultati. Ho avuto l’impressione di essere anche giudicata quando ho cercato di spiegare l’autismo di mio figlio sentendomi dire:  “Ma tuo figlio rispetto ad altri non ha nulla, parla, cammina, legge, scrive…” Come spiegare l’autismo ad alto funzionamento a chi non lo vive? Come raccontare le ansie e le frustrazioni di un figlio che non gestisce le emozioni? E anche una pioggia estiva lo destabilizza perché estate significa sole, nella sua logica.

Non mi sono sentita speciale quando l’ho sgridato più volte perché non riusciva a calmarsi. Quando dopo una crisi si è dato i pugni sulla fronte, talmente forte da dovergli asciugare il sangue dal naso o quando ha dato i pugni al muro fino a farsi le mani livide.

Non mi sento speciale, sono una mamma che deve restare in equilibrio e come me tante altre. E questo scrivere su carta non mi rende affatto speciale serve più  a me che a voi che leggete.

Colomba Belforte