Trattenere il respiro per essere “mamme diversamente abili”

Tra le mamme “diversamente abili” mi classifico anche io, che ho cercato di raccontare il tracciato e il tragitto di chi come me vive “la disabilità” tutti i giorni, nel suo evolversi e nel suo scontrarsi con paure, situazioni, solitudini e esistenze altrui. Perché etichettare l’essere mamma con le parole “diversamente abile”? forse qualcuno, leggendo, si sarà posta questa domanda, lo spero! E’ ovvio che la mia è stata una provocazione ma, allo stesso tempo, è stata riaffermazione di identità. Gli occhi di una mamma e i gesti che compie non vogliono sottolineare le difficoltà del figlio, non vogliono dire al mondo “mio figlio è disabile”, perché quel figlio è “carne che respira” come il respiro della vita di chiunque altro. La scelta di definire me e tante altre mamme “diversamente abili” deriva dal fatto che la “disabilità”, a un certo punto non può più restare un fatto privato e familiare, non può più essere vissuto come “un fastidio” che la famiglia gestisce per non creare disagio alla collettività, ma deve essere visto da tutti per quello che è: la vita  di una persona che merita il suo posto nella società!!! Per cui definirsi una “mamma diversamente abile” significa questo reclamare il diritto alla vita del proprio figlio. E diventa ancora più doveroso affermarlo se pensiamo al contesto sociale in cui ci troviamo, nel quale ogni minima differenza…fa la differenza, nel quale conformarsi (inconsapevolmente) vale più dell’essere o dell’esistere.

In questo senso tutti siamo “disabili” perché incapaci di usare le abilità del cuore e concepire che al di là del competere e affermate la propria identità su tutti, abbiamo anche la capacità di collaborare e di far spazio a chi questo posto nel mondo non può conquistarlo da solo.

Non posso parlare di tutte le disabilità, ognuna di esse è unica, ogni famiglia è unica, ogni lacrima ed ogni gesto di ogni singola mamma è una gemma unica che  non può confondersi con le altre, ma tutto questo può essere condiviso e forse donare sollievo a chi trattiene  ancora il respiro.

Colomba Belforte

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