Tutte le sfumature dell’essere una “mamma speciale”

La mamma del “diversamente abile” non sempre sa chiedere aiuto. Vive nella convinzione, quasi martire, che solamente lei riuscirà a sostenere quel figlio. In parte questo è vero ma di fatto è un peso enorme di cui si carica. Esistono numerose mamme che si celano dietro la loro missione. Mamme che piangono, si asciugano le lacrime e sorridendo, per mano, portano i propri figli alle visite mediche, in seguito nei reparti per i ricoveri e poi nei centri terapeutici, in cui quasi per miracolo trovano posto. Quante sale d’attesa visitano queste mamme e lì i loro occhi incrociano quelli delle altre, le osservano, hanno più vissuto , le ascoltano in un silenzio   rispettoso . All’inizio pensano: “Per me non sarà cosi“, ma all’ennesima sala d’attesa quel pensiero assume il sussurro di una nuova consapevolezza  e, maieuticamente, si trasforma in: ”E’ quello che sto passando anche io“.

Non hanno sempre voglia di parlare queste mamme, tanto nessuno le capirebbe a pieno, tanto a nessuno interessa veramente capire ciò che stanno passando e raccontarsi non migliorerebbe la vita del proprio figlio, della propria famiglia.  Forse qualcuna prova anche vergogna, una vergogna accompagnata da sensi di colpa.

Ci sono anche  le mamme superattive, frenetiche, che fanno di tutto e si informano su tutto quello che potrà aiutare il figlio, sono mamme che leggono e fanno ricerche, studiano e diventano terapeute per avere da sole quell’aiuto che non trovano nelle  istituzioni o forse inconsapevolmente,  per colmare quei silenzi della mente in cui il pensiero di ciò che stanno vivendo sarebbe troppo reale.

E ancora ci sono le mamme angosciate che ci metteranno molto più tempo ad accettare quello che stanno vivendo, andranno avanti con distacco onirico, come in una visione di una vita capitata.

Si! Esistono numerose mamme di altrettanti figli “diversamente abili”, quelle che lasciano tutto per supportarli, abbandonano  i propri interessi, le proprie priorità alcune lasciano anche il marito  e sono disposte a pagare ragazzi per farli partecipare  ad una festa e fingere la normalità. Esistono le mamme che hanno paura e vorrebbero vivere 200 anni perché non sanno chi  avrà  cura della loro creatura e queste mamme non vorrebbero dare “il peso”  ai fratelli (se  ve ne sono) ma  sanno che solo da questi possono pretendere uno strascico d’amore, che assomigli a quello materno.

Tutte queste sfumature di mamme non appartengono ad una piuttosto che ad un’altra. Sono quelle sfumature, quei chiaro scuri i quali possono colorare l’animo di ogni mamma singolarmente o mescolandosi e possono creare quel dipinto che non deve restare immobile sulla parete del cuore ma deve, necessariamente, mutare la sua energia in base alla luce che riceve. Deve colmare le paure con il dinamismo che solo la tinta dell’amore può donare, perché queste mamme non sono diverse dalle altre mamme, amano i figli, che non sono diversi dagli altri figli; e desiderano il loro bene. L’unica differenza sta nel fatto che per sentirsi chiamare “mamma” dovranno attendere un tempo più lungo, un tempo che sembrerà infinito e per alcune quel tempo non giungerà mai. E questo resterà nel loro cuore un dolore costante, anche nel ricordo.

Colomba Belforte

 

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