Il valore delle lacrime, dal dolore alla forza

Le lacrime vanno custodite. Le lacrime vanno raccolte nel palmo di una mano per sentirne la consistenza. Le lacrime vanno assaporate in tutta la loro sapidità, per divenire linfa rinnovata che circola verso una nuova direzione.
E’ questo che la mamma di “un diversamente abile” deve imparare a capire dopo la tappa iniziale del dolore. Quella deve essere solo un primo passaggio , necessario verso un’inedita consapevolezza . Questa nuova “ direzione-dimensione” non è la fine ma un diverso cammino da intraprendere a piccoli passi lasciandosi condurre dal proprio figlio . Lo sguardo del rifiuto non serve ,fa restare immobili e non può perdurare perché si mette a rischio lo sviluppo di quella creatura . Sì perchè uno sviluppo ci sarà ,forse invisibile e lento all’inizio ma ci sarà. Quello che una mamma di “un diversamente abile “ deve sempre ricordare è che l’ evoluzione del suo bambino ad un certo punto si ferma . Compito del genitore è riacquisire il suo ruolo naturale , così da incamminarsi insieme ,ovviamente avvalendosi sempre di supporti specialistici necessari.
Non si percorre più la strada principale ma i vicoli stretti del ritardo del linguaggio ,del lento sviluppo motorio , dei riflessi non sviluppati , dei silenzi e degli isolamenti , ma comunque vicoli non ciechi .
La mamma di “un diversamente abile “ deve provare ad allargare questi vicoli con la pazienza e la determinazione che solo l’amore genitoriale può dare .
Non sparisce il dolore. Viene convogliato a nuova energia .Piange ancora la mamma di “ un diversamente abile” ,piange sempre ma anche di gioia . Serve il pianto libera il ventre da quel peso costante . Serve anche il sorriso da donare al figlio e agli altri che osservano “ ignoranti” di quel mondo , di quel modo di vivere e per questo “ insensibili” ; di quella insensibilità che deriva dal non vivere sulla propria pelle quella situazione.
Serve anche la paura della mamma di “ un diversamente abile” ma per essere superata e divenire forza ; e allo stesso modo serve la rabbia- indignazione che si trasforma e trascina , che si consuma prima di nutrirsi dell’anima ma che rinfaccia agli altri ( istituzioni e società) l’isolamento del proprio figlio , spezzando il silenzio . Solo tutte queste emozioni elaborate e interiorizzate possono urlare al mondo: “ ESISTE ANCHE MIO FIGLIO “.

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